Sorpresa! Le categorie demografiche e sociali, anziani, poco scolarizzati, bassi redditi e periferici, che hanno determinato la Brexit sono le stesse che in ogni Paese occidentale sono escluse dai processi di innovazione e dai suoi benefici. Nel conflitto tra Strapaese e Stracittà stavolta ha vinto il primo. Coloro che hanno determinato la Brexit sono gli stessi gruppi che in Italia sono esclusi da Internet e dall’economia digitale per la principale ragione che, secondo l’Istat, «non ne riconoscono l’utilità».
Si può certamente pensare che il risultato di questo referendum sia paradigmatico dei limiti della democrazia e del suffragio universale: gli anziani e gli ignoranti non capiscono problemi complessi e dunque non se ne devono occupare; votano di pancia e dunque sarebbe più opportuno che votassero il meno possibile. Si può altrettanto legittimamente pensare che questo avvenimento sia la prova provata del tradimento dei vecchi ai danni della generazione Erasmus, dei giovani colti, positivi, nativi digitali e perciò cosmopoliti, e al contempo precari e non garantiti, che tentano di costruirsi un futuro ma inciampano nell’egoismo dei pensionati e dei garantiti e nell’ignoranza degli esclusi. Tutto legittimo, ma resta un piccolo problema che riguarda oggi la Gran Bretagna, ma a ben vedere riguarda molto anche noi: l’esistenza di una maggioranza silenziosa (ma non sempre), che è esclusa dal positivismo delle élite sulle magnifiche sorti dell’economia digitale e globalizzata e appena può vi si ribella.
. Vecchi, poveri, ignoranti e periferici votano e spostano consenso e interessi, determinano le agende politiche e dunque l’allocazione delle risorse e delle priorità. Con il peso del loro voto fanno uscire un paese dall’Europa e tengono altri Paesi come l’Italia al palo dell’economia digitale. Le statistiche immobili sul fondo della classifica del grado di digitalizzazione del nostro Paese sono la nostra Brexit
Possiamo tranquillamente dimenticarci, e lo facciamo con gusto, di queste categorie sociali, ma il fatto che non li abbiamo sui nostri social network non significa che non esistano. Vecchi, poveri, ignoranti e periferici votano e spostano consenso e interessi, determinano le agende politiche e dunque l’allocazione delle risorse e delle priorità. Con il peso del loro voto fanno uscire un paese dall’Europa e tengono altri Paesi come l’Italia al palo dell’economia digitale. Le statistiche immobili sul fondo della classifica del grado di digitalizzazione del nostro Paese sono la nostra Brexit. Poiché non vi è nulla di più penoso delle élite che si mettono a piagnucolare perché il Paese non le ha capite, vorrei provare a suggerire un approccio diverso. Imparando una lezione dalla Brexit, dobbiamo porci come innovatori e classe dirigente l’obiettivo prioritario di includere nella partita dell’innovazione e della digitalizzazione proprio quella stessa demografia che ha appena detto no all’Europa e che in Italia pesa percentualmente di più di tutti gli altri Paesi europei.
Questo significa progettare servizi digitali che puntino all’inclusione degli anziani e a migliorarne il welfare, ma anche politiche attive del lavoro che puntino all’innovazione per includere chi a causa della crisi e dell’innovazione è rimasto escluso. Significa ancora che i giovani ed entusiasti campioni digitali dovrebbero staccarsi un attimo dalle loro tastiere e andare a spiegare le meraviglie del digitale nei centri anziani e nelle periferie, prendendosi magari i fischi di chi non li capisce. Significa occuparsi dei piccoli imprenditori e spiegare loro perché il digitale è un’opportunità e predisporre strumenti per la loro partecipazione attiva che guardino non solo al maker ma anche al barbiere. Significa poi avere il coraggio di cestinare vent’anni di politiche pubbliche sull’innovazione e il digitale a base di driver pubblici e startup inesistenti e ricominciare da capo per alfabetizzare e includere il Paese davvero. Solo così possiamo evitare la nostra Brexit digitale.
Certo è un’attività poco glamour, ma non ci sono alternative e dobbiamo anche sbrigarci. Un appuntamento è già in agenda. Il Governo e il Parlamento stanno discutendo in questi mesi il pacchetto dei provvedimenti sull’Industria 4.0, ossia gli incentivi alla digitalizzazione dell’industria manifatturiera. Al riparo dal dibattito pubblico, si stanno confrontando due opzioni su quello che sarà il futuro delle politiche industriali nel nostro Paese: l’opzione oggi maggioritaria guarda al modello tedesco in cui l’automazione della produzione sostituisce forza lavoro e, per dirla con una società di consulenza, «i colletti bianchi sostituiranno i colletti blu». È lo scenario cinese, dove la Foxconn ha appena licenziato 60.000 operai per sostituirli con i robot. É anche l’opzione di una tecnocrazia irresponsabile, che oggi ha contribuito alla Brexit e domani potrebbe portare a una macelleria sociale con pochi precedenti e pochissime vie d’uscita.
Un appuntamento è già in agenda. Il Governo e il Parlamento stanno discutendo in questi mesi il pacchetto dei provvedimenti sull’Industria 4.0, ossia gli incentivi alla digitalizzazione dell’industria manifatturiera. Al riparo dal dibattito pubblico, si stanno confrontando due opzioni su quello che sarà il futuro delle politiche industriali nel nostro Paese: l’opzione oggi maggioritaria guarda al modello tedesco in cui l’automazione della produzione sostituisce forza lavoro
C’è però un’altra opzione, che senza rifiutare (anzi) l’innovazione, la vuole utilizzare anche per includere e preservare il tessuto sociale, accrescendone la competitività e il dinamismo. Questa opzione prevede di investire nell’innovazione del sistema manifatturiero italiano facendo del digitale non il sostituto, ma l’estensione della nostra creatività e delle nostra capacità di produrre bellezza, elementi fondamentali del nostro unico valore artigiano. Senza arretrare di un passo sull’importanza delle tecnologie, questa opzione vuole però dare nuovi strumenti al nostro capitale umano e non sostituirlo con i robot. Personalmente credo fortemente in questa opzione che sarà certamente più difficile ma produrrà frutti più abbondanti e migliori e soprattutto contribuirà a evitare un rischio per il futuro al cui cospetto la Brexit impallidirebbe: la secessione e la rivolta dei gruppi sociali esclusi e marginalizzati dall’effetto della digitalizzazione del mondo del lavoro. Chiedete ai bancari per referenze. Per una volta il risultato di queste scelte epocali potrebbe non essere già scontato, ma c’è molto lavoro da fare.