Un polmone verde grande 22 chilometri quadrati e un via vai di persone che ci passano attraverso. Ma anche giadini storici (10 in città), spazi condivisi, autogestiti e riservati agli animali. Questo il panorama dei parchi milanesi che ricoprono circa il 10% della città. «Dal 2011 a oggi inoltre la superficie a verde è aumentata di tre milioni di metri quadrati, mentre gli alberi censiti sono oltre 258 mila», precisa l’assessore al Verde Chiara Bisconti che arrivata a fine mandato presenta il bilancio di cinque anni di giunta Pisapia. «Nonostante alcuni dicano il contrario – continua Bisconti – in questo periodo di elezioni, il piano per il verde pubblico continua attraverso dibattiti e nuovi incontri su quali piantumazioni realizzare con un occhio ai costi e quindi una preferenza per le specie autoctone e quelle maggiormente adeguate al clima. Senza dimenticare il rispetto della biodiversità». E della partecipazione.
La vera novità in questi anni di giunta arancione è stata rappresentata dai giardini condivisi. Spazi abbandonati o decadenti, spesso di proprietà comunale, affidati a un’associazione di quartiere che se ne prende cura, realizzando delle vere e proprie oasi cittadine. Ce ne sono 15, fra cui l’Isola Pepe Verde. Ex magazino edile, nel 2013 è passato in carico ad un’associazione di abitanti del quartiere che grazie a 1500 firme avevano chiesto la rinconversione dell’area al fine di rimediare alla chiusura del giardino di Via Confalonieri (nel 2007). «L’obiettivo – spiega la presidente Adriana Africa Sunico – è arrivare al cambio di destinazione d’uso dell’area. Al momento nel Pgt comunale il giardino è ancora area edificabile. Con l’attuale giunta abbiamo intrapreso un percorso di modifica che speriamo vada in porto al più presto».
La vera novità in questi anni di giunta arancione è stata rappresentata dai giardini condivisi. Spazi abbandonati o decadenti, spesso di proprietà comunale, affidati a un’associazione di quartiere che se ne prende cura, realizzando delle vere e proprie oasi cittadine. Ce ne sono 15, fra cui l’Isola Pepe Verde. Ex magazino edile, nel 2013 è passato in carico ad un’associazione di abitanti del quartiere che grazie a 1500 firme avevano chiesto la rinconversione dell’area al fine di rimediare alla chiusura del giardino di Via Confalonieri (nel 2007)
Nel frattempo, ossia da tre anni, Isola Pepe Verde rappresenta un esempio di riqualificazione urbana: «Le piante presenti sono tutte spontanee, mentre noi volontari abbiamo realizzato le ecobox utilizzando il legno dei pallet dismessi. Poi ci sono gli edifici in muratura ereditati dalla precedente gestione. Ora sono diventati il nostro ufficio e la cucina». Tutto quello che serve per rendere quest’area un centro polifunzionale. Non mancano infatti le aree gioco per bambini e le collaborazioni con le associazioni che utilizzano lo spazio per le proprie manifestazioni. Come fanno le famiglie che qui «quasi quotidianamente fanno richiesta per le feste dei bambini a fronte di una piccola offerta in materiali». Ma la conquista più grande è l’attivismo dei cittadini: «Quando ai cittadini viene data l’autogestione di uno spazio che appartiene al quartiere faranno di tutto per difenderlo e migliorarlo. Non solo, ma in questo modo si riconosce la spinta dal basso di chi vive in zona. Volontà diverse che si aggregano e mettono in moto una consapevolezza nuova, in questo caso per quanto riguarda il rapporto uomo-natura», conclude Sunico.
Una mobilitazione, quella dei cittadini, che l’amministrazione ha cercato di supportare con due strumenti. Il primo è il giardiniere condotto, un esperto che ha sede nella Cascina Nascosta di parco Sempione (in un’area di 3.500 metri quadri) e aiuta i cittadini che vogliono prendersi cura di un pezzo di verde pubblico. Sono 400 le aree verdi adottate dai cittadini, tra cui circa 300 ex-parcheggi che alcuni condominii hanno deciso di rinconvertire: da marciapiedi pieni di macchine ad aiuole edibili, piene di piante perenni e ricoperte di prato. Là dove prima c’era l’asfalto. Il secondo strumento è l’app “Ghe pensi mi”: 5.000 dowload e 1.700 segnalazioni di intervento inviate direttamente al Comune attraverso il proprio smartphone.
Ma per descrivere l’immagine che i milanesi hanno dei propri parchi bisogna inserire un elemento sudamericano. Il peruviano. Una categoria che tiene dentro persone e luoghi diversi per una pratica comune: la grigliata del weekend in mezzo al verde. Le zone attrezzate per cucinare si trovano quasi tutte nel Boscoincittà, vicino al parco di Trenno. Peccato che di fuochi e bivacchi se ne vedano un po’ ovunque nonostante il divieto sancito dal Regolamento comunale d’uso del verde. «Il cambiamento demografico della città ha implicato anche un cambiamento della popolazione che usufruisce del parco e del come lo fanno – afferma Christian Giana, responsabile del servizio Gev – Da parte nostra abbiamo messo maggiore attenzione su alcuni problemi, come la raccolta dei rifiuti. Con Amsa, per esempio, abbiamo distribuito dei volantini scritti in lingue diverse per sensibilizzare i cittadini sul tema». Le Guardie ecologiche volontarie, istituite con legge regionale nel 1980, col tempo hanno messo in atto una politica di informazione molto diffusa a cui hanno fatto seguito degli incontri diretti con le varie comunità di stranieri presenti sul territorio: «La collaborazione con il consolato dell’Ecuador, per esempio, è stata molto positiva – commenta Giana – Insieme siamo arrivati all’individuazione di alcuni referenti che si sono presi il compito di sensibilizzare i propri compatrioti sul comportamento da tenere nelle aree pubbliche. Un modo per responsabilizzare e integrare una fetta della popolazione».
Le abitudini di chi frequenta i parchi, d’altronde, hanno una diretta influenza sul loro ecosistema. «Animali come la gazza o la cornacchia appartengono a specie opportuniste e quindi molto ghiotte. Mangiano tutto quel che rimane a terra dai resti di cibo, alla cenere, passando per i pezzi di nylon dei sacchetti di plastica. Tutte cose che questi e altri animali non dovrebbero ingerire», afferma Elia di Legambiente Milano. Perché se è vero che al parco si va per rilassarsi, è altrettanto vero che «la presenza umana non consapevole non ha un ritorno positivo». Mentre là dove si riesce a costruire la giusta mentalità, come accaduto al parco delle Cave, allora si ha una risposta naturale e un arricchimento della biodiversità fatta di 70-90 specie diverse presenti in un unico luogo. «In generale, comunque, ai parchi di Milano dare un bel 6+», conclude Elia.
«La collaborazione con il consolato dell’Ecuador, per esempio, è stata molto positiva. Insieme siamo arrivati all’individuazione di alcuni referenti che si sono presi il compito di sensibilizzare i propri compatrioti sul comportamento da tenere nelle aree pubbliche. Un modo per responsabilizzare e integrare una fetta della popolazione»
Rimane da risolvere il problema vandalismo. «Quando c’è stato da recintare non ci siamo tirati indietro», ricorda l’assessore Bisconti. Eppure gli ultimi episodi dicono che non basta. A fine maggio, ai giardini Carmelo Bene, un gruppo di ragazzi sono entrati lasciando a terra numerose bottiglie di vetro e deturpando l’area giochi. A nulla è valsa la chiamata di un residente che, svegliato dai rumori, aveva avvertito le forze dell’ordine. Lo stesso era successo qualche mese prima: cancello divelto, sporcizia a terra e panchine imbrattate. Una piaga, quella del vandalismo, che in questo caso pesa sulle famiglie che abitano i palazzi intorno. A causa di un vecchia convenzione col Comune, sono i residenti a pagare la manutenzione come avviene in altri 107 aree a carico di privati (e aumentate del 70% in tre anni). Ad aprile, invece, 50 panchine installate al parco di via Chiesa Rossa (zona Gratosoglio) sono state divelte a meno di 24 ore dalla posa. Un danno di 12,5 mila euro per una zona che da vent’anni attende una riqualificazione.
«Alla fine – commenta Giana delle Gev milanesi – la questione è sempre la solita: il rapporto con i cittadini rimane difficile e, spesso, c’è la gara a chi l’ha fatta più grossa». La soluzione? «Innanzitutto capire che nella stragrande maggioraza dei casi la voglia di polemizzare dei cittadini è dovuta più a uno stress personale che altro. E poi portare avanti una campagna di sensibilizzazione quotidiana fatta anche di giusti divieti. Per esempio – conclude Giana – il “no” al fumo nelle aree giochi per bambini all’inizio ha sollevato qualche perplessità ma poi ha creato una nuova sensibilità».