Le cose belle nascono per caso. Dalle vacanze estive ad esempio, croce e delizia per i genitori, soprattutto se lavorano entrambi. Delizia, perché sono, per l’appunto, vacanze. Croce, perché quelle dei loro figli durano circa tre mesi, mentre le loro si fermano, in media, alle due, tre settimane. Rimangono due mesi abbondanti scoperti, insomma, e sono terra ignota. C’è chi affida i figli alle cure dei nonni, vicini e lontani. E chi, in assenza di essi, deve ripiegare su un mix fatto di baby sitter, centri estivi, vacanze studio, campi scout. E poi c’è chi, soprattutto nelle periferie, non ha i soldi per nulla di tutto questo, né strutture e associazioni che creino l’offerta. Per i loro figli non rimane che la televisione sempre accesa, o la strada.
Per rispondere a questo disagio nessuno aveva mai pensato alla scuola. Come se d’estate non esistesse e il suo essere chiusa a doppia mandata fosse un dato di fatto, immodificabile. Eppure, in fondo, quando ci sono le elezioni si vota nelle scuole, perché sono dappertutto, più degli uffici postali. Perché non approfittarne, allora? Perché non farne il centro delle attività di bambini e ragazzi anche d’estate? Perché, soprattutto, non fare della scuola d’estate un arma contro l’abbandono e la dispersione scolastica?
Tutto parte dalle associazioni del terzo settore che operano nelle periferie più disagiate, che hanno bisogno di spazi per le loro attività. Al Ministero dell’Istruzione, università e ricerca colgono la palla al balzo e scoprono di avere ancora 10 milioni di euro da spendere per attività legate all’autonomia e alla progettazione scolastica. È così che nasce il bando “Scuole al centro” destinato, per ora, a settecento scuole di periferia, soprattutto in realtà come Milano, Roma, Napoli, Palermo. Soprattutto, è così che si sta aprendo un mondo: «Saremo costretti a prorogare i tempi perché molte scuole ci hanno pregato di aspettare la loro proposta – spiegano dal ministero -. Una reazione pazzesca, che non ci aspettavamo».
«Sono già pronti 150 milioni in autunno per tenere aperte oltre settemila scuole di pomeriggio e nei weekend – spiegano ancora dal Ministero – Vogliamo fare delle scuole il centro civico delle comunità»
A essere entusiasti sono soprattutto i genitori, com’era logico aspettarsi. Non tanto quelli dei quartieri in cui si svolgerà questa sperimentazione. Quanto, piuttosto, quelli che sperano che da essa nasca un progetto più importante. O che magari, addirittura, la scuola aperta d’estate diventi la regola: «Sono già pronti 150 milioni in autunno per tenere aperte oltre cinquemila scuole di pomeriggio e nei weekend, su tutto il territorio nazionale – spiegano ancora dal Ministero – Vogliamo fare delle scuole il centro civico delle comunità. La scuola può essere un punto di riferimento, perché alternativa è la strada, il muretto sotto casa».
Qualcuno storce il naso, ovviamente: «Alcuni insegnanti si sono lamentati, hanno detto che devono riposare, ma non è a chi è stato tutto l’anno in classe che chiediamo di lavorare a luglio e agosto. Al contrario, può essere un occasione per quegli insegnanti che hanno solo fatto supplenze e hanno l’occasione di guadagnare qualcosa in più». Le attività e i progetti delle scuole? Tantissimo sport e un po’ di musica: «Lo sport è un linguaggio fantastico per i ragazzi, soprattutto nelle periferie. Noi facciamo un sacco di iniziative contro la dispersione scolastica insieme al Coni. Gli allenatori, ormai, sono tra le figure più rispettate dai ragazzi, a volte più degli insegnanti». Chiaro, nessuno diventerà calciatore e musicista, grazie alle scuole aperte d’estate: «Ma lo scopo è culturale, il messaggio che deve passare è che la scuola aperta deve diventare una cosa naturale e necessaria».