«Stamo ar Medioevo» inveiva un Corrado Guzzanti alias padre Pizarro, di qualche anno più giovane rispetto al ritorno sugli schermi di Sky. E al solito aveva ragione. Perché si sta per aprire una nuova “età dei Comuni” con tanto di guerra “medievale” al seguito. Città metropolitane contro Regioni e Regioni contro Stato.
È nato tutto da un think tank milanese, “Associazione Milano” e la sua rivista-blog di riferimento dal nome sintomatico, “Milano Città Stato”. Non ospita fra le proprie fila candidati alla tornata di amministrative, ma ha invitato i candidati a Palazzo Marino meno di una settimana fa, in Triennale, incassando 6 sì su 9 sulle sue proposte. Chiedono una cosa semplice e complessa allo stesso tempo: che le Città metropolitane istituite dalla riforma Delrio si evolvano e diventino Regioni.
Un think tank milanese di neo-federalisti. Vogliono per Milano i poteri e l’autonomia di una Regione: «In pochi anni si può diventare come il Trentino-Alto-Adige. Accade già in mezza Europa»
Cosa significa? Funzioni, competenze e potere legislativo da un lato, autonomia fiscale, soldi e bilancio, dall’altro. La partita principale? Quella sulla sanità ma del “bottino” fanno parte anche le politiche attive per il lavoro o un fondo patrimoniale per gestire le opere d’arte della città. «Passo dopo passo, ma nel tempo si può arrivare ad avere aree metropolitane con gli stessi poteri delle regioni a statuto speciale, come il Trentino-Alto-Adige» dicono i ben informati. Del resto capita già nelle principali città europee, capitali e non, come Berlino, Londra, Parigi, Madrid o Amburgo – sostengono. E anche in Italia c’è il precedente: la legge “Roma Capitale”, che peraltro si sovrappone alla “Delrio” creando un accròcco burocratico di quelli che tanto piacciono alla burocrazia capitolina.
Ed è curioso che la proposta arrivi proprio nei giorni in cui il governatore lombardo, Roberto Maroni, torna a parlare di federalismo e autonomia lombarda. Lo fa a Trento – non a caso – al Festival dell’Economia, davanti alla Presidente di Regione Friuli, Debora Serracchiani e a Ugo Rossi – il Presidente della Provincia Autonoma – riprendendo un antico pallino leghista e imbeccandoli proprio sul loro terreno: «Gli statuti speciali di questo Paese hanno un disavanzo di 19 miliardi. Noi lombardi zero». Da tradurre con un “smettetela con questa storia che gestite i soldi meglio di noi”.
Milano contro Regione Lombardia. E Maroni contro Stato e Regioni a statuto autonomo. Il governatore lombardo al Festival dell’Economia di Trento: «Voi perdete 19 miliardi. Noi zero. Basta con questa storia che gestite meglio i soldi»
Ma ha veramente poco da stare allegro l’ex Ministro degli Interni, perché ad ottobre si vota per la riforma costituzionale del governo Renzi e, se vince il sì, le regioni si vedranno martoriate. Si scrive riforma del Titolo V ma si legge che trasporti, energia, porti, aeroporti e una manciata di altre funzioni tornano competenza esclusiva di Roma. Ed è proprio sul Tevere che i milanesi vogliosi di autonomia cercano sponde politiche perché è lì che bisogna discutere come gestire le funzioni sottratte alla regioni e nelle mani di chi consegnarle.
I risultati delle amministrative ci diranno se i nuovi sindaci saranno in sintonia con lo spirito di Palazzo Chigi e con la maggioranza a Montecitorio e Palazzo Madama. Per non saper né leggere né scrivere si cercano alleanze lungo tutto lo spettro politico, da destra a sinistra: l’onorevole pd Emanuele Fiano da una parte. Corrado Passera dall’altra. Entrambi ex candidati sindaco – Fiano solo alle primarie del centrosinistra. Ed entrambi poi ritiratisi dalla corsa per salire sul carro degli “ufficiali” indicati dalla maggioranza degli elettori alle primarie o da accordi di coalizione.
Un referendum a Milano per chiedere autonomia? Tecnicamente si può fare e 6 candidati sindaco su 9 si sono detti disponibili. Ma tra il dire e il fare c’è in mezzo la politica
La Costituzione, anche riformata, non modifica però l’articolo 132 che prevede la possibilità di creare nuove regioni con almeno un milione di abitanti. Proprio a questo articolo della Carta si appellano i neo-federalisti. E dopo giugno Sala, Parisi, Corrado o Cappato potrebbero indire un referendum fra i loro cittadini – si sono detti disponibili a farlo – semplicemente muovendo la maggioranza del consiglio comunale di Milano.
Il referendum si vince con il 50+1 dei voti ed è difficile che i cittadini non subiscano il fascino di proposte sul genere “l’Irap dei milanesi ai milanesi”. E il Parlamento non può fare altro che discutere la creazione di una nuova Regione. È avvenuto nel 1982 con il Molise – dicono – può capitare nel 2017 a Milano. Perché sono questi i tempi che si sono dati. Primavera-estate 2017, con la possibilità concreta che sotto la Madonnina i cittadini milanesi siano chiamati alle urne per la quarta volta in meno di un anno: trivelle, comunali, Costituzione e adesso “Regione Milano” o, come chiamano loro, “Milano Città Stato”. Quattro volte in un anno – se non è “eta dei Comuni” almeno Prima Repubblica.
Tecnicamente è possibile. Ma fra il dire e il fare c’è in mezzo la politica.