Il 26 giugno in Spagna si andrà nuovamente a votare dopo appena sei mesi dalle elezioni precedenti, dalle quali non era emersa nessuna maggioranza parlamentare. Dopo soli tre giorni dal voto britannico sull’uscita dall’Unione Europea, l’ipotesi che anche queste votazioni non riescano a garantire la governabilità del paese iberico contribuisce ad accrescere il clima d’incertezza diffuso in tutta Europa.
Le politiche del 2015 hanno sancito l’inizio della fine per il bipolarismo spagnolo: i principali partiti che si sono alternati al governo dopo il ripristino della democrazia parlamentare – il Partido Popular (PP) e il Partido Socialista Obrero Espanol (PSOE) – hanno infatti registrato una vera e propria disfatta, raccogliendo complessivamente appena il 50% dei voti (28,7% il PP e 22% il PSOE),quando solo nel 2008 raccolsero una percentuale dell’80%. Le consultazioni sono state caratterizzate dalla crescita prorompente di Podemos (20,7%) e da quella più contenuta di Ciudadanos (13,9%), due fenomeni politici nuovi che sembrano riconfigurare il sistema politico spagnolo verso un assetto quadripolare.
Le ragioni alla base di questa trasformazione sono legate alla crisi. Se da un lato il tasso di crescita economica registrata nel 2015 (+3,2% del Pil secondo Eurostat) rappresenta un segnale di speranza, dall’altro la situazione sociale nel paese rimane drammatica. Secondo gli ultimi dati, la disoccupazione si attesta ancora sopra il 20% (più di 4 milioni e mezzo di disoccupati), la proliferazione di contratti atipici e part-time ha contribuito ad aumentare la precarietà soprattutto tra i più giovani ed i tagli alla sanità e all’istruzione hanno messo a repentaglio l’accesso ai servizi essenziali. I buoni risultati in termini di crescita sembrano inoltre dovuti al persistente deficit pubblico concesso a Madrid dalle istituzioni europee (-5,1% nel 2015), piuttosto che alle politiche di consolidamento raccomandate da Bruxelles (per un approfondimento economico).
I partiti tradizionali appaiono ormai del tutto screditati. I socialisti sono ritenuti responsabili della bolla immobiliare e della crisi bancaria durante il governo Zapatero, mentre i popolari pagano lo scontento generato dalla liberalizzazione del mercato del lavoro e dalle politiche di austerità implementate dal governo Rajoy. Entrambi i partiti sono inoltre stati colpiti da numerosi scandali di corruzione.
Non c’è dunque da stupirsi se il vuoto di consenso creato dal crollo dei partiti radizionali è stato riempito dall’avanzata di Podemos e Ciudadanos. Questi partiti rifiutano l’etichetta di sinistra e destra, tuttavia sembra evidente l’appartenenza del primo al socialismo democratico e alla destra moderata del secondo. Non a caso Podemos deve gran parte del suo successo all’erosione dei consensi del PSOE, così come Ciudadanos ha sottratto voti dal bacino elettorale del PP.
Podemos rappresenta senza dubbio il fenomeno politico di maggior rilievo. Dalla sua origine – legata al movimento degli indignados – il partito guidato da Pablo Iglesias si è affermato a livello nazionale con una rapidità sorprendente, riuscendo a ottenere risultati notevoli nelle ultime consultazioni e prendendo la guida di grandi città come Barcellona e Madrid, dove le neoelette sindache, Ada Colau e Manuela Carmena, hanno lanciato la rete delle “ciudades rebeldes”.
L’opposizione ai tagli e alle “riforme strutturali” hanno conferito una dimensione europea ai successi di Podemos, alimentando una forte preoccupazione a Bruxelles e nei mercati finanziari. Tra i principali punti del programma politico di Podemos si trova infatti la ristrutturazione del debito pubblico spagnolo, condizione necessaria a sviluppare in maniera concreta gli altri punti del programma, legati alla difesa del sistema di welfare pubblico e all’introduzione del salario minimo. Tra gli altri punti si trovano poi un ambizioso piano di transizione energetica e la proposta di un referendum per l’indipendenza della Catalogna. Rispetto alle elezioni di Dicembre, la novità più significativa è l’accordo con Izquierda Unida (IU), di Alberto Garzon, per la formazione di una coalizione elettorale – Unidos Podemos.
Ciudadanos (C’s) è spesso considerato l’alter ego di centro-destra di Podemos. Il partito guidato da Albert Rivera deve gran parte del suo successo alla denuncia della corruzione dilagante all’interno del Partito Popolare. In ogni caso, pur presentandosi come più critico rispetto all’Unione Europea il programma elettorale di C’s risulta molto vicino alle politiche economiche implementate dal governo Rajoy e al mondo imprenditoriale spagnolo. Un elemento di originalità si ritrova nelle sue proposte spregiudicate e talvolta contraddittorie sui diritti civili, come quella sulla “morte degna”, sulla maternità surrogata, sull’aborto e sui matrimoni gay.
I due partiti tradizionali hanno cercato di reggere l’urto della crisi avviando un processo di rinnovamento interno e presentandosi come garanti della “stabilità” all’interno dell’Unione Europea e dell’integrità territoriale spagnola. La solida struttura organizzativa ha consentito a entrambi di limitare i danni per quanto possibile. Non stupisce in queste condizioni che tali partiti riescano a difendersi al meglio nelle aree rurali e povere della Spagna meridionale – Andalusia, Extremadura, Murcia – e tra gli elettori più anziani, mentre incontrano maggiori difficoltà nei grandi centri urbani, nelle aree sviluppate del Nord e tra i più giovani.
La grande incognita della nuova tornata elettorale è costituita dal possibile sorpasso di Unidos Podemos ai danni del PSOE come seconda forza politica del paese. Questa ipotesi è confermata dai principali sondaggi (Unidos Podemos 24,9%; PSOE 21,1%), secondo cui il PP riuscirà quasi certamente a rimanere il primo partito con percentuali lievemente più elevate (29,4%), ma ottenendo un minor numero di seggi parlamentari alla Camera rispetto alle scorse consultazioni (fonte: ElPeriodico).
Quali scenari si aprono dunque per la futura coalizione di governo? Se questi numeri fossero confermati nelle urne, per il partito popolare sarebbe impossibile formare un governo senza l’appoggio socialista. Il PSOE potrebbe dunque diventare l’ago della bilancia rispetto alla formazione del nuovo governo. Considerando che gli spagnoli non perdonerebbero il ripetersi di una situazione di stallo, i socialisti dovranno decidere se sostenere un governo di grande coalizione sul modello tedesco con i popolari di Rajoy oppure se dare vita a un governo progressista insieme a Unidos Podemos (per divertirsi sulle diverse possibili alleanze si veda questa simulazione di ElMundo).
Il colore del nuovo governo spagnolo potrebbe spostare gli equilibri politici all’interno dell’Eurozona. Un esecutivo guidato da Podemos potrebbe infatti costituire un alleato formidabile per il governo Renzi, nel confronto con Bruxelles rispetto alla flessibilità sui conti pubblici. Tale svolta potrebbe inoltre dare slancio a tutti i movimenti euroscettici del continente.