The final countdown. Il referendum inglese ormai alle porte è al centro del dibattito europeo. Yiannis Baboulias su Politico.eu riflette sull’assassinio di Jo Cox: un simile evento non sorprende, visto che le narrative xenofobe e nazionaliste – come quelle al cuore della campagna Leave – culminano spesso nella violenza. La cinica retorica sull’immigrazione del fronte dell’uscita – scrive Peter Marshall su Conservativeshome – nasconde il fatto che i problemi legati ai flussi migratori sono più complicati da affrontare fuori dall’Unione che dal suo interno. Lo stesso sviluppo delle democrazie sul continente è legato all’esistenza dell’Unione, scrive il Guardian: chi ha a cuore la democrazia deve cambiare dall’interno le istituzioni europee. Secondo Henning Meyer la prospettiva contenuta nello slogan “taking back control” porterebbe il Regno Unito verso una prospettiva di isolamento più che di indipendenza. Andrew Graham sul Guardian aggiunge che è improbabile uno scenario post-Brexit in cui la Gran Bretagna riesca a negoziare alle proprie condizioni accordi politici e commerciali con gli altri paesi. Il desiderio di una politica più “insulare” e indipendente è comunque radicato nella storia del Regno Unito: Peter Pomerantsev su Politico.eu sollecita il fronte Remain a rimarcare che l’UE può essere un mezzo tramite cui rafforzare la sovranità nazionale. Ma molti degli argomenti pro-exit restano allettanti: se Haras Rafiq sostiene che la Gran Bretagna deve allontanarsi dall’Ue e dalle sue inefficienti pratiche negoziali, Michael Theodosiadis e Sofia Zisi su OpenDemocracy e Patrick Collinson sul Guardian sostengono l’uscita in una prospettiva di sinistra radicale; le istituzioni politiche ed economiche dell’UE non avrebbero portato benefici significativi per le classi lavoratrici. Infine, occorre ricordare che il referendum su Brexit non è solo una questione europea, ma ha una forte valenza nazionale: Henry Hill su Conservativehome sottolinea che i risultati della Scozia, del Galles e dell’Irlanda del Nord avranno un impatto non solo sull’esito del referendum, ma sul futuro del Regno Unito in quanto tale. Sul New York Times Stephen Castle spiega che gli scozzesi e gli irlandesi –al contrario degli inglesi– sembrano più favorevoli all’opzione Remain. La Brexit potrebbe rinfocolare le spinte per l’indipendenza scozzese, e rallentare il processo di integrazione tra Irlanda del Nord e del Sud. Ian Jack sul Guardian ricorda che la Scozia è sempre stata più “Europea” dell’Inghilterra, mentre Polly Lavin su OpenDemocracy ricorda il ruolo importante dell’UE nelle questioni irlandesi.
Crisi dei rifugiati. Glenda Garelli e Martina Tazzioli, su OpenDemocracy si chiedono se interventi militari volti a ostacolare il traffico di migranti – come l’europea “Operazione Sophia” o l’intervento targato Nato nell’Egeo – in realtà mettano in pericolo gli stessi rifugiati che si intende proteggere. Secondo Javier Lopez, il fatto che in riferimento alla crisi dei rifugiati nascano molte delle richieste per “meno Europa” è un paradosso: fenomeni come i flussi migratori di massa possono essere affrontati solo scommettendo su una maggiore integrazione.
Preoccupazioni per l’economia europea. Enrico Tortolano su OpenDemocracy ritiene sia arrivato il momento per un’integrazione diversa, il cui cardine – oltre alle libertà di scambio e di movimento – sia il carattere “sociale”. Questo è tanto più urgente quanto più l’economia europea mostra delle crepe: secondo Bruegel, le regole di bilancio dell’Unione non aiutano la sostenibilità fiscale. La leadership di Juncker, rispetto ai suoi predecessori, è più politica che tecnica, nota Der Spiegel: resta da capire se questo approccio sarà d’aiuto per l’economia europea.
Leggi anche:
Why Leaving the EU would be complicated for the UK – Euractiv
Leave is gaining ground. But do not rule out Remain just yet – The Economist
The elephant in the room: Brexit and the EU’s Global Strategy – EUROPP
The rise of euroscepticism in the United Kingdom or the failure of Europeanism – OpenDemorcracy
Don’t blame Corbyn if Brexit Wins – Social Europe