ArchitetturaQuando gli architetti sfidano la fantascienza, e il loro progetti non vengono realizzati

La “Freedom Ship”, edifici sospesi in cielo e l'arcipelago artificiale a largo di Dubai a forma dei cinque continenti: architetti visionari hanno sfidato le leggi della natura. E hanno perso

Una volta, qualcuno di molto fantasioso immaginò il cosiddetto “Museo del fallimento”. In aperta polemica contro il museo come luogo che celebra i successi e le grandi conquiste umane, questo museo – per il momento ancora virtuale – si propone di ricordare che l’ispirazione può raggiungerci anche contemplando i sogni infranti, le disavventure e gli incidenti di percorso.

Tra geni dimenticati – sic transit gloria mundi –; teorie scientifiche errate – d’altra parte la linearità del metodo scientifico è a sua volta un’utopia –; sfide perdute – “salto dello squalo” docet –, il “Museo del fallimento” si propone di dare un messaggio tanto semplice quanto di buon senso: riappropriarsi del fallimento significa sabotare il suo potere paralizzante. E un omaggio alle sfide perse può essere un buon antidoto contro l’esasperato culto contemporaneo della prestazione. Per i più sognatori, anche un inno all’immaginazione.

Cerchiamo di figurarci per esempio la città del futuro. Cosa ci troveremmo? Macchine volanti, edifici sospesi? Anche architetti professionisti, in barba al proprio tempo e ai propri mezzi, si sono lanciati in queste fantasticherie. E i risultati sono stati stupefacenti, fantasiosi, folli.

Edifici motorizzati, città fluttuanti, grattacieli migranti: queste le opere di progettisti bislacchi che hanno voluto sfidare le regole umane e naturali. Il loro posto è nel “Museo del fallimento” o, al massimo, in un girone dantesco per architetti fraudolenti

Qui ci limitiamo a dare spazio ad alcune delle più grandiose e assurde pensate architettoniche che si sono infrante alla prova della realizzazione pratica. Una piccola, ipotetica sezione del “Museo del fallimento” che assomiglia a un girone dantesco di architetti fraudolenti che hanno voluto sfidare le regole umane, naturali e divine per portare avanti i propri progetti megalomani. Un omaggio a chi ha osato pensare in grande. A prescindere dai risultati.

Grattacieli mobili

Una variante del palazzo pirata dei Monty Phyton o del castello errante del mago Howl. La vista monotona dalla propria finestra probabilmente andava un po’ stretta agli architetti polacchi Damian e Rafal Przybyla, che hanno deciso di inventarsi degli strabilianti edifici motorizzati.

Presentato nel 2012 per la prestigiosa eVolo Skyscraper Competition, il “grattacielo migrante” è un vero e proprio grattacielo collocato all’interno di un gigantesco pneumatico e circondato da una striscia di verde che nasconde un motore di biocarburante. I grattacieli sono completamente autosufficienti, con pascoli e coltivazioni, perché pensati per viaggi lunghi, in particolare per persone che abitano in zone soggette a conflitti armati. In caso di guerra civile (o di vicini fastidiosi), basta attivare il motore della mega ruota e in un attimo è possibile cambiare aria.

La città fluttuante

Si parte dal cult della fantascienza per antonomasia: in Star Wars – l’impero colpisce ancora c’è una città sospesa, “Cloud City”, la città-nuvola. Molti la ricordano ma pochi sanno che l’idea è basata su un progetto reale dell’architetto Richard Buckminster Fuller, brillante inventore della cupola geodetica e grande collezionista di fallimenti, dall’espulsione da Harvard alla bancarotta negli anni ’20.

Una città sospesa, una città-nuvola come la “Cloud City” di Star Wars. Tutti pensano a fantascienza ma Richard Buckminster Fuller l’aveva progettata realmente

Secondo Buckminster Fuller, se si poteva costruire una struttura sferica abbastanza grande, questa avrebbe potuto galleggiare nel cielo con alcune semplici regolazioni di temperatura. Non solo in grado di sostenere il proprio peso, avrebbe potuto ospitare persone, i loro beni e un’intera struttura di edifici al suo interno. La “Cloud 9” si poteva legare a una montagna tramite cavi o semplicemente lasciare andare alla deriva, dove il vento l’avrebbe portata. Anche se non è mai stata costruita, il progetto della città fluttuante ha ispirato generazione di scrittori di sci-fi.

Manhattan under the dome

Questa volta è la fiction a ispirare la realtà. Il re delle cupole Buckminster Fuller, suggestionato dalla fantascienza anni ’60, ha pensato anche di progettare una cupola in grado di coprire un’intera città – nel caso specifico la zona di Manhattan – tenendo fuori l’inquinamento e garantendo sempre una temperatura costante, con grande risparmio energetico. Peccato che i costi di partenza fossero così astronomici che nessuno si sentì di coprirli. E la città nella cupola tornò a essere appannaggio del regno della fiction, come l’Under The Dome di Stephen King e il film dei Simpson ben dimostrano.

La città galleggiante

L’ambizione di colonizzare il cielo va di pari passo con quella di colonizzare il mare. Insofferenti alla stanzialità quanto i promotori dei grattacieli migranti, gli inventori di Freedom Ship tentarono di lanciare il proprio progetto alla fine del 1990.

Si trattava di una gigantesca e autosufficiente città galleggiante a forma di nave che avrebbe dovuto circumnavigare il globo facendo tappa in tutti i porti principali. Lunga più di un chilometro, avrebbe compreso condomini in grado di ospitare 50mila persone, una pista d’atterraggio, scuole, negozi, casinò. Si sarebbe chiamata “nave della libertà” perché avrebbe reso lo stile di vita dei suoi abitanti più libero, appunto, perché il loro habitat sarebbe stato il simbolo stesso della libertà: il mare.

La Freedom Ship doveva diventare una città galleggiante a forma di nave: lunga un chilometro, con pista d’atterraggio, scuole, negozi, casinò. Avrebbe ospitato fino a 50mila persone

Un’idea tanto romantica tuttavia non convinse i possibili investitori, né tantomeno riuscì ad attrarre i 50mila pionieri che avrebbero dovuto mollare tutto e trasferirsi su un colosso marittimo che – per quanto ne sapevano – avrebbe potuto essere il nuovo Titanic. Il mondo, semplicemente, non era pronto.

Il Mondo

Il progetto più ambizioso e pacchiano di tutti è stato naturalmente concepito a Dubai. Ed è fallito miseramente.

L’idea era di creare, al largo della costa di Dubai, un arcipelago di isole con la forma dei cinque continenti. Ma con la crisi economica la realizzazione – ancora agli albori – è stata sospesa e da anni è in fase di stallo, mentre il mare ha già iniziato a erodere laboriosamente le isolette già realizzate. Solo una delle isole è in parte abitata: la Groenlandia, di proprietà del governatore di Dubai.

In pratica, attualmente, Il Mondo si sta sgretolando, con buona pace di David Beckham e di tutte le altre celebrità che hanno già acquistato un buon 70 per cento delle isole-continenti.

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