I 15 nuovi cantautori italiani che dovete assolutamente conoscere

Da Andrea Nardinocchi a The Leading Guy, passando per Ermal Meta e Artù: sono nomi nuovi o che girano da un po'. E che ora sono pronti per farsi conoscere dal grande pubblico

Giorni fa mi sono trovato a passeggiare per le strade della mia città natale, Ancona, in cui non vivo da circa venti anni. Ci torno quando posso, ma avendo avuto un po’ di tempo libero mi sono concesso una passeggiata senza meta, alla deriva, in centro. Camminando ho incontrato un tipo, Marco di Pietralacroce, suppergiù mio coetaneo, che conosco da sempre. Un uomo, ormai, con seri problemi mentali. Da ragazzino era solito piazzarsi sotto il portone di casa mia, suonando in continuazione al citofono chiedendo di aprire che voleva salire, e nel mentre girava una audiocassetta con una matita. Questa cosa di girare l’audiocassetta con la matita era la sua cifra, gesto che compiva sempre, metodicamente. L’ho rivisto, conservato non proprio perfettamente, anzi, piuttosto malandato. Non che io sia passato indenne all’incedere del tempo, eh. Lui, però, era messo peggio. Quello che però più mi ha colpito è che in mano aveva una audiocassetta, tirata fuori da non so dove, che girava metodicamente con una matita.

Fine del prologo.

Inizio secondo prologo.

Sono buttato sul divano di casa. Dentro la televisione stanno scorrendo le immagini piuttosto imbarazzanti del Coca Cola Summer Festival. Imbarazzanti come lo erano anche quelle degli Wind Awards, che in effetti proponevano praticamente gli stessi interpreti, nome più nome meno. Sono stanco. Fa caldo. Non ho neanche la forza fisica di cambiare canale. In fondo, mi dico, qualcosa sarà pur da salvare.

Sono buttato sul divano di casa. Dentro la televisione stanno scorrendo le immagini piuttosto imbarazzanti del Coca Cola Summer Festival. Imbarazzanti come lo erano anche quelle degli Wind Awards, che in effetti proponevano praticamente gli stessi interpreti, nome più nome meno. Sono stanco. Fa caldo. Non ho neanche la forza fisica di cambiare canale. In fondo, mi dico, qualcosa sarà pur da salvare.

Non è vero. È una di quelle cose che il subconoscio ci fa pensare per salvaguardare la nostra salute mentale. Continuiamo a credere che ci salveremo anche quando ormai è ineluttabile che non ce la faremo.

Ripenso a Marco di Pietralacroce, lì che gira una audiocassetta con la matita, senza emettere nessun suono. Forse ha ragione lui, mi dico. Anzi, sicuramente ha ragione lui.

Fine secondo prologo.

Inizio pezzo vero e proprio.

Tempo fa mi sono occupato di segnalarvi quindici cantautrici che valesse la pena seguire, nomi su cui scommettere e che, in qualche modo, avrebbero potutto salvarci dal nulla che ci circonda, musicalmente parlando e non.

Oggi vorrei fare lo stesso coi cantautori. Tenendo conto di due fattori. Primo, di cantautori ce ne sono a miliardi, e se si parla di musica d’autore, mainstream e indie, è ai cantautori che si pensa. Quindi selezionarne una quindicina, quel che è, diventa da una parte impresa più semplice, sono ovunque, dall’altra più complicata, perché si corre costantemente il rischio di dire cose scontate.

Quindi non troverete nessun nome dei cantautori che generalmente si trovano negli articoli sulla musica indie, salvo probabilmente una eccezione. Niente Calcutta, che in effetti è da seguire, e ovviamente niente I Cani, Thegiornalisti, Iosonouncane e compagnia cantante, che invece non salverei. Non ci sono neanche tutti i nomi più noti dell’indie, da Brunori SaS a Dente, passando per Le luci della centrale elettrica e affini, perché sono emersi da tempo. Qui ci sono artisti che in qualche modo meritano attenzione per talento e perché ancora non sono emersi. Quindi, per dire, manca anche uno come Michele Mezzala Bitossi, che col suo Irrequieto ha sfornato un piccolo gioiello, ma che tutto è fuorché un emergente, sorta di Steve Wynn nostrano da tenere sempre in playlist.

Bene, iniziamo davvero.

Andrea Nardinocchi

Piccolo genio nerd delle macchine, Nardinocchi ha una grande sfiga, il cognome. Anzi, due, pure la nazionalità. Perché si chiamasse Drake sarebbe in vetta alle classifiche di mezzo mondo. Le sue canzoni , contenute in Il momento perfetto e Supereroe, canzoni funky, r’n’b, newsoul, o come diavolo le volete chiamare spaccano davvero, e lui, sembra strano a dirlo, tiene viva la fiammella dell’eredità di Michael Jackson in Italia (e su questo scherza pure). Geniale.

 https://www.youtube.com/embed/CS9SQZnQB3Q/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Filippo Andreani

Cambiamo completamente registro. Andreani è un punk. E un cantautore. E un combattente. Le sue canzoni, specie quelle contenute nell’ultimo album La prima volta, sono storie di resistenza, spesso rock, sempre cantautorali. Storie per tenere una linea morale e politica, storie di sport, di resistenze varie e di musica. Se la Gang non fosse viva e vegeta si potrebbe parlare di un loro erede. Riottoso.

Fabio Santini

Quando in una delle ultime edizioni passate in tv lo si è visto a X Factor, sornione e rockabilly nell’aspetto e nell’incedere, subito si è capito che era un pesce fuor d’acqua. E in effetti Santini è un cantautore puro, in perfetta scuola bolognese, decisamente fuori posto in un talent che ha fatto della cover la propria cifra. Le canzoni de Il primo giorno d’autunno, suo album d’esordio, si fanno sentire che è un piacere, dalliane per attitudine e ispirazione, sofistica e semplici al tempo stesso. Un modo di fare pop d’autore che, oggi, sarebbe da santificare. Adulto.

Artù

Romano di nascita e romano di scuola cantautorale, Artù, nome d’arte di uno che non vuole far sapere come si chiama se no non si sarebbe scelto il nome d’arte propone un genere tutto suo, cantautorato di strada, con evidenti influenze mannariniane, ma forse più che di influenze si può parlare di vicinanze poetiche, e con una penna di quelle che andrebbero conservate al museo per quanto è limpida nel suo tratteggiare storie sporche, sghembe e sanguinanti. Tutto passa è un gioiello. Chi cita Rino Gaetano parlando di lui lo fa a sproposito, non fosse per una statura che magari ancora è presto per definire simile a quella del cantautore crotonese, ma che c’è, fidatevi. Romano.

The Leading Guy

Quando tempo fa, per fare un test da social, ho chiesto su Facebook di farmi un nome di un cantautore da tenere d’occhio, in molti hanno fatto quello di The Leading Guy, che a ben vedere è un nome in inglese, ispirato al titolo di una canzone del cantautore americano Micah P. Hinson. Anche i testi delle sue canzoni sono in inglese, come ben si potrà intuire ascoltando Memorandum. E americano è anche il suo stile, tra il folk e l’alt-country. Dovessimo tirare in ballo un nome, e in genere si tira sempre in ballo un nome, sarebbe quello degli Wilco, ma The Leading Guy ha una sua cifra personale, molto personale, unica. Saremmo curiosi di sentirlo cantare in italiano. Americano.

Irama

Irama fa un genere strano. Scrive e canta canzoni pop. Però in realtà non canta e le sue canzoni non sono esattamente pop. Parla, ma non alla Massimo Volume o alla Giovanni Lindo Ferretti, perché c’è sempre una leggerezza di fondo, anche quando affronta esperienze serie. Lui rappa, forse, ma non lo fa da rapper, lo fa da cantautore. E le sue canzoni sono questa cosa qui, un mix tra pop, rap, canzoni d’autore, il tutto con uno stile facilmente riconoscibile, e con una bella voce e una bella faccia che sicuramente non guastano. Potrebbe venirne fuori un nuovo Max Pezzali, se sarà in grado di non perdersi e di crescere costantemente. Anomalo.

Ermal Meta

Come Irama anche Ermal Meta, albanese d’Italia, è passato dall’ultimo Sanremo Giovani. Lui, in realtà è uno che gira da tempo, prima con i La fame di Camilla e poi come rodatissimo autore di hit per un po’ tutti, da Renga a Emma agli ultimi vincitori di The Voice, Alice Paba, e di Amici, Sergione. Il suo progetto solista è la summa di tutto questo. Ermal sa scrivere belle canzoni pop, ma lo fa con uno stile riconoscibile, il suo, quello che spesso arriva alle vette della classifica. Ascoltando il suo Umano, uscito per Mescal, si ha la sensazione che le canzoni più belle se le sia tenute per sé, e ha fatto bene, perché merita assolutamente di staccarsi dall’etichetta di autore e basta. Poliedrico.

 https://www.youtube.com/embed/UKbzSCskhTQ/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Iacampo

Anche il nome di Iacampo gira da tempo, tra addetti ai lavori. Lui, e so che nel dirlo mi vado a inerpicare per un terreno scosceso, è il nostro Marisa Monte. Sì, avete presente la cantautrice brasiliana, quella che è diventata una star planetaria con i Tribalistas? Iacampo suona un genere che, magari non ci ha neanche mai fatto caso, si trova da quelle parti. Musica d’autore, melodica, con influenze latinoamericane, e anche rock. Uno potrebbe citare De Andrè nella fase Crueza de ma, ma è la Monte che invece balza all’orecchio ascoltando Flores, suo ultimo, per ora, lavoro di studio. Un lavoro molto bello, davvero. Marisamontiano.

Celona

Arriva da Torino il nome di questa cricca destinato a portare avanti la scrittura e l’interpretazioni di canzoni classicamente rock. Perché è vero che la nostra tradizione cantautorale arriva dal folk americano e prima ancora dalla canzone d’autore francese, ma il rock, da tempo, ha lasciato belle tracce di sé anche in questo ambito. Celona è un rocker, e un cantautore. Il suo ultimo Amantide Atlantide non lascia dubbi in proposito, a partire dalla scrittura. Ma anche dall’attitudine di fondo. Rockandrolloso.

Luigi Friotto

Se capitate d’estate in Abruzzo non perdetevi uno degli spettacoli evento di Luigi Friotto un cantautore che, fossimo in un mondo non dico giusto ma anche solo normale sarebbe portato a esempio di cantautorato italiano come un tempo si faceva con nomi come quello di un Paolo Conte o di un Gianmaria Testa. Friotto, infatti, oltre che aver sfornato un Ep dal titolo Lucernario che raccoglie le sue composite composizioni, canzoni da ascoltare e riascoltare con attenzione, che trasudano talento, cultura e musica, è protagonista di spettacoli, sull’acqua e in altre situazioni molto suggestive, in cui, accompagnato da piccole orchestre da lui dirette, ci regala antologie di canzoni della nostra tradizione riarrangiate alla sua maniera. Un vero maestro. Paolocontiano.

Motta

Ecco, il nome di Francesco Motta è quello che, probabilmente, trovereste anche negli articoli che vi raccontano l’indie di oggi. Il suo La fine dei vent’anni, infatti, è uno degli album del momento, e non lo è per caso, né perché spinto da una qualche potenza grigia. Se in genere chi scrive guarda all’attitudine indie con la stessa simpatia con cui guarda ai talent, diciamo che con Motta si sente di fare un’eccezione. Perché il suo modo di raccontare storie dentro le canzoni è davvero efficace, le sue canzoni sono belle e dirompenti. Urgenti, verrebbe da dire. E di fronte a una urgenza comunicativa portata a casa con talento non si può che applaudire. Urgente, appunto.

Daniele Ronda

Daniele Ronda non è affatto un emergente. Nel senso che è uno di quei nomi che, se segui la musica, specie la musica mainstream, conosci da tempo. Sue sono infatti alcune canzoni che, volontariamente o meno, conosciamo, come Lascia che io sia di Nek o Baciami adesso di Mietta. Il che, diciamolo, potrebbe non deporre a suo favore. Ma il suo ultimo singolo, Apri le gambe amore mio, dal titolo piuttosto fuorviante, è davvero una bella hit pop-rock. Ecco, Ronda, sarà una questione geografica, nato in quella parte d’Emilia che ha sfornato un sacco di rocker che hanno a loro volta sfornato belle canzoni pop-rock, è una penna che sa ben maneggiare musica e parole. Emiliano.

 https://www.youtube.com/embed/TA92RUhSYUc/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Matteo Castellano

Questo nome, ci scommetto, non vi dirà nulla. Perché il suo album d’esordio Ezio, uscito cinque anni fa, non se l’è calcolato davvero nessuno, o quasi. Niente di strano, essendo quell’album, Ezio, un concentrato di stili musicali vari, senza apparentemente un filo logico. E di storie a loro volta strane, a partire dal singolo Per morire con più stile, storia di uno che si vuole suicidare ma vuole farlo nel momento giusto, quindi finendo per rimandare sempre l’evento. Matteo Castellano è in realtà il leit-motiv dei tanti stili finiti dentro Ezio. Un vero vaso di Pandora di musiche e parole. Uno che ha fatto dell’originalità e della stravaganza il proprio stile, a rischio di rimanerci sotto. Assolutamente da recuperare. Sottovalutato.

Von Datty

E visto che si parla di originalità, ecco che quasi in conclusione di questa lunga cavalcata arriva il nome di uno che, dell’originalità, ha fatto il proprio abito. Cantautore nato in principio degli anni Novanta, ma che a vederlo sembra uscito dall’Ottocento, baffi a manubrio ante-hipster in testa, Von Datty con il suo Madrigali non si può definire in altra maniera che surreale. Se esiste una via più breve che da A conduce a B, state pur certi che Von Datty sceglierà di metterci in mezzo la Z la Y e anche la J, o comunque qualcosa che sposti l’attenzione, che distragga mettendo altra carne al fuoco, qualcosa che distorca il comune sentire. Surrealtà, appunto, ma con grande stile. Surreale.

Simone Cicconi

All’ultima edizione di Musicultura c’era un tizio con il cilindro in testa. Uno che cantava una canzone che si intitolava Simone s’è incazzato. Si chiama Simone Cicconi ed è un nome che vi dovete appuntare sul frigo, così, quando finalmente verrà riconosciuto da tutti come uno dei nomi più interessanti in circolazione potrete dire, sì, lo so, è da tempo che ho il suo nome appuntato sul frigo. Sarà che vive a Londra, ma Cicconi ci propone una musica che, viva Dio, suona internazionale. Qualcosa di cui non vergognarsi se, per caso, la ascolta il nostro vicino di ombrellone tedesco o svedese. Electro, nelle strofe, quasi rappate, e rock nel ritornello, massiccio, ma anche bluevertighiano, volendo, o più semplicemente cicconiano. Cosmopolita.

La lista finisce qui, quindici nomi, esattamente come quindici erano quelli delle cantautrici. Tanti ne restano fuori, ma pazienza. Due, però, mi sento di segnalarveli, senza aggiungere altro che i nomi. Due artisti giovanissimi, minorenni, ma già interessanti. Sono Samuele Sam Puppo e Itto. Poi, come si dice in questi casi, non venite a dirmi che non vi avevo avvisato.

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