Perché sempre la Francia? 35 anni di bombe e sangue

La Francia è da più di mezzo secolo oggetto di attentati del terrorismo internazionale. I primi attacchi durante la guerra d’Algeria. Poi fu il turno di Carlos, Fatah, Gia algerino. Fino alla jihad del nuovo millennio

PARIGI – La Francia ancora nel mirino degli attentati. È il dramamtico leitmotiv di questi ultimi anni. Dalla bomba artigianale ai colpi di mitra tra i baretti, dal lupo solitario autoradicalizzatosi all’operazione jihadista transnazionale, su suolo francese si sono susseguite tecniche di guerra ed assalto a civili inermi sempre più imprevedibili, sempre più spinte, senza limiti di tempo. Una guerra trasversale in cui qualunque lupo solitario può indossare la casacca dell’odio globale prima di uccidere innocenti, in cui chiunque può virtualmente svegliarsi assassino e fare una strage per poi rivendicarsi appartenente al marchio della morte globalizzata. Questa volta a essere colpita è la solitamente tranquilla città costiera di Nizza con un camion che investe la folla schiacciando tutto sul suo cammino. Donne, bambini, turisti. Bilancio provvisorio: ottantaquattro morti e diciotto feriti gravi. Ma perché sempre la Francia? Più di ogni altro paese europeo, “l’Esagono” (come i francesi definiscono il proprio paese) è nel mirino del terrorismo globale, al centro di odi politici e sociali che potremmo definire transnazionali. Le ragioni sono molteplici e dipendono non solo dalla storia (coloniale) di questo paese ma anche dalla politica estera e dalle strategie che la Francia ha adottato nel corso degli ultimi decenni. Da paese culla dei diritti dell’uomo, che ha dato asilo a esuli, attivisti, ricercati e teroristi del mondo intero, si è trasformata nel simbolo dell’odio anti-occidentale con sacche di violenza nascosta, pregressa. Anche la sua politica di accoglienza di terroristi negli anni ’70 e l’aver appoggiato in Europa e Medio Oriente fazioni, partiti rivoluzionari, guerriglie locali, dissidenze in cambio della deposizione delle armi, dottrina mitterandiana, si trasforma nel tempo in un’arma a doppio taglio. Seguendo la scia dei più gravi attentati su suolo francese negli ultimi trenta anni cerchiamo di ripercorrerne le spaventose tappe.

Attentati degli anni ’50 e ’60: la violenza post-coloniale dell’Oas

La scia di sangue su suolo francese inizia nell’immediato secondo Dopoguerra. Il contesto storico è quello della guerra d’Algeria. De Gaulle è deciso a lasciare la colonia al proprio destino ma i più oltranzisti non ci stanno, vogliono l’Algeria ancora francese e non lesinano ad organizzare attentati in Algeria e Francia. Diversi attentati vengono compiuti dall’Oas (Organisation de l’armée secrète) in questi anni , tra cui la bomba che sul treno Strasburgo-Parigi fa 28 morti. Attraverso il terrorismo su larga scala l’Oas vuole forzare il governo francese a mantenere la presenza della Francia in Algeria. Si sussueguono anche atti e rappresaglie anti-immigrati.

Dagli anni ‘70 alla bomba del Parigi-Tolosa del 1982. Il terrorismo del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp)

Dottrine marxiste e nazionalismo arabo sono all’origine dei primi sanguinosi attentati su suolo francese dove pertanto la guerriglia marxista-leninista e il terrorismo pro-palestinese trova rifugio e protezione. Il treno Capitole unisce Parigi a Tolosa. Una bomba piazzata in una valigia esplode e uccide cinque persone e ne ferisce ventisette. L’attentato viene rivendicato da un gruppo che fa capo al terrorista e ricercato internazionale Illich Ramírez Sánchez detto Carlos che rivendica una serie di attentati a Parigi in nome del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (Fplp). Esplosioni di macchine cariche di tritolo davanti ai giornali di estrema destra L’Aurore, Minute e del giornale riferimento del mondo ebraico francese L’Arche. Carlos rivendica l’attentato dinamitardo al Drugstore Saint-Germain (di cui il proprietario è l’ebreo Marcel Bleustein-Blanchet) che fa due morti e 34 feriti. Il 13 Gennaio 1975 Carlos tenta un attacco con un lancia-razzi all’aeroporto di Orly. Spara sul Boeing 707 de la compagnia israeliana El Al, l’arero schiaccia un auto ma non esplode. Sei giorni dopo Carlos ritorna di nuovo ad Orly con un bazooka e tenta di sparare su un altro aereo della compagnia El Al. C’è una presa di ostaggi nella hall dell’aeroporto. L’attacco fa ventuno feriti. Di seguito arrivano gli altri attacchi degli anni ’80: l’attentato della rue Marbeuf nell’Aprile del 1982 che fa un morto, gli attacchi alla stazione Saint-Charles di Marsiglia e nel Tgv Marsiglia-Parigi nel Dicembre del 1983 che fa 5 morti e 45 feriti. Più che il paese in sé, che offre rifugio ad esuli di tutto il mondo, si vuole colpire l’appoggio della Francia ad Israele ma anche il sionismo, il capitalismo e le lobby ebraiche.

Anche la politica francese di accoglienza di terroristi negli anni ’70 e l’aver appoggiato in Europa e Medio Oriente fazioni, partiti rivoluzionari, guerriglie locali, dissidenze in cambio della deposizione delle armi, dottrina mitterandiana, si trasforma nel tempo in un’arma a doppio taglio

L’attentato della rue des Rosiers : 6 morti e 22 feriti. Dal Fatah alla Siria di Assad

Il 9 Agosto del 1982 un gruppo armato fa irruzione nel ristorante Goldenberg, in pieno quartiere ebraico, spara sulla folla che mangia e tira granate provocando sei morti e 22 feriti. Un attentato di matrice antisemita mai rivendicato. Ma presto i mandanti si avverano essere membri del Fatah, gruppo palestinese dissidente dell’Olp. Anche qui il comportamento della Francia è ambiguo. L’inchiesta sulla strage arriva addirittura ad additare come mandante Hafez el-Assad, presidente siriano (padre di Bashar el-Assad) in lotta contro la Francia che protegge Yasser Arafat, leader dell’Olp, accerchiato in quei giorni a Beirut dalle forze israeliane ed evacuato tre settimane dopo l’attentato grazie alla protezione militare della Francia. Il colonello che aveva portato avanti l’operazione, Abu Nidal, circolava liberamente su suolo francese grazie ad un accordo segreto col generale Philippe Rondot, agente dei servizi segreti francesi, che in cambio della pace su suolo francese aveva lasciato i suoi uomini liberi di circolare.

L’attentato dell’aeroporto di Orly : 8 morti e 56 feriti. La minaccia del terrorismo armeno

È il 15 Luglio del 1983. Una valigia esplode sul tapis roulant del recupero bagagli dell’aeroporto di Orly. L’esplosione provoca 8 morti e 56 feriti. L’attentato viene rivendicato dall’Asala (l’Armée secrète arménienne de libération) in risposta al non-riconoscimento del genocidio armeno. In Francia la comunità armena è molto numerosa così come quella turca. Molti anni dopo l’Assemblea nazionale francese farà riconoscere il genocidio armeno provocando questa volta le rappresaglie della Turchia ma anche degli estremisti turchi legati ad i Lupi Grigi nascosti in Francia. Per tenerseli buoni alcuni anni dopo i servizi segreti francesi chiuderanno un occhio sull’attentato in pieno giorno presso l’Istituto curdo di Parigi dove verrà ucciso il braccio destro di Ocalan, fondatore del Pkk (Il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, in piena guerra contro lo stato turco nelle regioni del sud-Est della Turchia).

Negli anni ’70 e ’80 più che il Paese in sé, che offre rifugio ad esuli di tutto il mondo, si vuole colpire l’appoggio della Francia ad Israele ma anche il sionismo, il capitalismo e le lobby ebraiche

1985-1986: un’ondata di attentati commissionati dall’Hezbollah

Tra il Febbraio 1985 ed il settembre del 1986, tredici attacchi scuotono la Francia. Il culmine arriva con l’attentato della rue de Rennes a Parigi. In totale negli attacchi muoiono 13 persone e vengono ferite oltre 300 persone. Gli attentati vengono attribuiti al Comitato di solidarietà con i prigionieri politici arabi e del Vicino Oriente (Csppa), un’organizzazione vicina all’Hezbollah libanese. Anche qui il terrorismo su suolo francese deriva dalla scelta della Francia di appoggiare l’Iraq durante la sua guerra decennale contro l’Iran. Lo scopo dell’attacco è anche quello di ottenere la liberazione dei prigionieri politici arrestati in Francia.

Gli attentati degli anni ’90 : il terrorismo del Gia algerino

Otto attentati dinamitardi in tre mesi scuotono la Francia con il culmine dell’attentato del 25 Luglio del 1995. Una bomba artigianale esplode nella stazione della RER di Saint-Michel. Il bilancio è di otto morti e di 117 feriti. Gli attentati vengono attibuiti al Gia (Gruppo Islamico Armato) algerino che vuole far pagare alla Francia il suo sostegno al regime algerino che nel tentativo di reprimere la guerra civile che sconvolge la Francia, ammazza, tortura, stupra la popolazione algerina soprattutto nelle campagne isolate. L’autore dell’attentato del metrò parigino, Khaled Kelkal, sarà abbattutto nella regione lionese dopo aver tentato altri attentati. Un anno dopo, il 3 Dicembre del 1996, un altro attentato nella metro Port-Royal di Parigi fa altri 8 morti e 151 feriti. Non rivendicato ma si parla di recrudescenza del Gia algerino per l’uccisione di Khaled Kelkal.

L’attentato alla scuola ebraica è l’inizio di un nuovo tipo di guerra, la «jihad partout», cellule che si attivano da sole, l’inizio della strada della jihad solitaria, in cui chiunque può trasformarsi in arma contro l’Occidente per punirlo della sua empietà e della sua politica in Medio Oriente ed in cui chiunque può uccidere in nome dell’Islam in qualsiasi luogo ed in qualsiasi momento

L’insorgenza del terrorismo jihadista. Il lupo solitario Merah e la scuola ebraica (7 morti)

Siamo nel 2012. Mohammed Merah è un lupo solitario auto-radicalizzatosi (le parole sono del procuratore della Repubblica di Parigi François Molins). Tra il 9 ed il 13 marzo, dopo aver abbattuto tre militari tra Tolosa e Montauban , Mohammed Merah uccide tre bambini ed un maestro della scuola ebraica Ozar Hatorah. Agisce da solo, si radicalizza non più in moschea ma attraverso i social. Vuole far pagare alla Francia la sua partecipazione alle diverse guerre contro i musulmani in Medio Oriente ed il suo appoggio ad Israele che tiene in scacco la popolazione palestinese in Cisgiordania e a Gaza. È l’inizio di un nuovo tipo di guerra, la «jihad partout», cellule che si attivano da sole, l’inizio della strada della jihad solitaria, in cui chiunque può trasformarsi in arma contro l’Occidente per punirlo della sua empietà e della sua politica in Medio Oriente ed in cui chiunque può uccidere in nome dell’Islam in qualsiasi luogo ed in qualsiasi momento. La politica estera francese, più aggressiva con Sarkozy e poi Hollande, scaturisce reazioni violente all’interno delle comunità arabo-musulmane di Francia. Da qui si crea l’humus per l’esplosione del terrorismo jihadista in Francia mentre in Medio Oriente le diverse sigle della jihad globale, Isis ed Al-Qaeda in testa, diventano il label per qualunque tipo di rappresaglia su suolo francese ed europeo.

Gli attentati a Charlie Hebdo» e all’Hyper Cacher

La mattina del 7 gennaio 2015 il commando armato dei fratelli Kouachi vestiti di nero e con passamontagna fa irruzione al grido di Allahu Akbar nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, giustiziando otto giornalisti, tra cui i fumettisti Wolinski, Cabu, Charb e Tignous, un economista ed i poliziotti che erano accorsi. Volevano vendicare l’affronto fatto al Profeta per la pubblicazione delle vignette satiriche su Maometto che il giornale aveva pubblicato e lo avevano anche ribadito con grida paurose per strada, mentre riguadagnavano l’auto poi abbandonata più lontano, alla rue de Meaux, nel XIX arrondissement. Bilancio 12 morti. Il giorno dopo Amédy Coulibaly, armato di kalashnikov uccide una poliziotta e ferisce un agente mucipale a Montrouge poi il giorno dopo prende in ostaggio delle persone in un supermercato kosher alla porte di Parigi : ne uccide quattro prima di essere abbattuto. In un video diffuso dopo la morte si parla di legame con Al-Qaeda nello Yemen e dell’Isis. Ma qualunque rivendicazione posticcia può andare bene fin tanto che il gesto omicida viene inquadrato in un atto di guerra contro la Francia, rea di aver partecipato ai bombardamenti di Siria, Libia o Iraq, rea di permettere a Charlie Hebdo di offendere il profeta e via dicendo.

Attentati del 13 novembre 2015: 130 morti

Sette attentati in contemporanea trascinano nel sangue e nella paura la città di Parigi provocando centinaia di feriti ed orrore proprio nei luoghi che furono teatro del massacro di Charlie Hebdo. Un attacco pianificato, effettuato con gruppi armati in diversi punti della città molto frequentati, di venerdì sera, in modo da seminare più panico e provocare il maggior numero di morti. Un commando spara all’impazzata tra la folla in bar e ristoranti del X ed XI arrondissement di Parigi, presso il Boulevard Beaumarchais, alla Rue de Charonne, alla Rue Bichat e nel Boulevard Voltaire. Poco dopo viene assaltata con raffiche di mitra la sala del Bataclan, dove va scena il concerto degli Eagles of Death Metal. Dall’altro lato della città, dove si gioca l’amichevole Francia-Germania, dei kamikaze si fanno esplodere all’esterno dello Stade De France indossando cinture esplosive imbottite di chiodi e bulloni. Insomma una serata di cieca follia omicida, iniziata verso le nove di sera e conclusasi a notte inoltrata con l’assalto delle teste di cuoio francesi che hanno eliminato gli ultimi jihadisti ancora asserragliati nel Bataclan: bilancio finale, 130 morti e 200 feriti di cui 80 gravi secondo la Prefettura di polizia francese. Una carneficina. Succede dunque che le sigle del jihadismo globale attingono a piene mani nella riserva di giovani francesi radicalizzati che sono già entrati in dissidenza con la propria società di riferimento e cercano una qualunque causa, un’etichetta, un label pur di firmare col sangue la propria rivolta personale. Ne è un esempio il fatto che molti degli attentatori non frequentavano moschee, conoscevano poco o nulla del Corano o della religiosità islamica. Insomma i giovani perduti della mondializzazione, che vivono in sacche di resistenza non integrate della seconda e terza generazione, cominciano fanno riferimento ai label del jihadismo globale per dare un senso dramamtico, nichilista alla propria esistenza.

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