«Lo stato della democrazia non ha mai fatto grandi passi avanti in Turchia». A constatarlo è Nedim Gürsel, scrittore e docente di letteratura turca alla Sorbona di Parigi. Fuggito in Francia nel 1980 a seguito del golpe di allora, Gürsel spiega a Linkiesta: «La storia contemporanea del mio Paese può essere riassunta in un susseguirsi di colpi di Stato». Fervente sostenitore dell’adesione turca all’Unione europea e autore del libro Turchia, una nuova idea in Europa, Gürsel guarda ormai con poche speranze al futuro: «Erdogan ha già chiuso i negoziati con Bruxelles da un pezzo, il resto è solo demagogia e retorica».
Nelle sue opere molto ha descritto spesso la storia politica turca e lo stato della democrazia nel Paese. Come valuta gli eventi degli ultimi giorni in Turchia?
La democrazia in Turchia non ha mai raggiunto un vero livello di maturità. Dal 1960 a oggi i colpi di Stato si sono succeduti quasi a cadenza regolare e l’esercito ha sempre avuto un ruolo forte, d’intromissione nella vita pubblica. Un ruolo e un’interferenza che non dovrebbero esserci in Paesi democratici. È anche per questo che ho giudicato positivamente la discesa nelle strade dei cittadini a difesa della democrazia venerdì scorso. Una cosa è chiara, però, la democrazia non può essere difesa con la pena di morte.
Parlando di questo, quali effetti avranno sulle relazioni tra Ankara e Bruxelles le “purghe” avviate da Erdogan in questi giorni e gli annunci sulla reintroduzione della pena di morte?
Gli annunci di Erdogan sulla futura reintroduzione della pena di morte sono pura demagogia. Per prima cosa anche volendo approvare una legge oggi non avrebbe comunque effetto retroattivo. Erdogan ne è consapevole, è un demagogo con gli occhi puntati sull’elettorato. È chiaro che gli annunci di questi giorni allontanano sempre di più Ankara da Bruxelles. Le relazioni tra le due, del resto, non erano in buona salute nemmeno prima del tentato golpe del 15 luglio. Erdogan, in realtà, ha chiuso la questione dei negoziati di adesione anni fa. È un dossier archiviato per il Presidente turco. Io, fervente partigiano dell’adesione, me ne sono reso conto da tempo.
Nessuna speranza di vedere la Turchia in Europa in futuro?
Come ho scritto qualche anno fa nel mio libro “Turchia, un’idea nuova in Europa”, la Turchia avrebbe avuto e avrebbe molto da guadagnare con l’integrazione dei valori europei. Al momento, però, non vedo possibilità. È un Paese sempre più conservatore, nazionalista e islamico. I liberali e i laici sono sempre di meno. Consiglierei al ministro per gli Affari europei turco di andare in vacanza invece di perdere il suo tempo andando agli incontri a Bruxelles.
«La Turchia avrebbe avuto e avrebbe molto da guadagnare con l’integrazione dei valori europei. Al momento, però, non vedo possibilità. È un Paese sempre più conservatore, nazionalista e islamico. I liberali e i laici sono sempre di meno»
Europa e Turchia, però, restano profondamente legate. Ci sono interessi in comune. Bruxelles non ha davvero nessun potere per fermare l’ascesa dell’autoritarismo di Erdogan?
La sola cosa che l’Unione europea può fare ora è monitorare attentamente lo svilupparsi degli eventi. Quello che sta accadendo è preoccupante. Il 20% dei magistrati è stato o incarcerato o destituito dalle sue funzioni. Lo stato di diritto è completamente saltato in Turchia. È importante che l’Europa faccia sentire la sua voce, ma non può fare molto di più. La Turchia non è la Siria, non è l’Iraq. Il Governo e il Parlamento sono stati democraticamente eletti. Il progetto di Erdogan di trasformare il Paese in un presidenzialismo autoritario sarà possibile soltanto riformando la costituzione. E prevedo che questo accadrà molto presto, a seguito di nuove elezioni o magari di un referendum. Entrambi gli scenari dopo venerdì (15 luglio, ndr) sono molto probabili.
Eppure Bruxelles e Ankara, almeno al momento devono continuare a parlarsi per l’accordo sui migranti, o vede in pericolo anche questo?
Molto credo dipenderà dalla situazione sul campo e dalla politica turca in Siria. Le autorità turche stanno procedendo, almeno al momento, a integrare il più possibile i siriani nel Paese. Questo deve essere letto anche come tentativo di Erdogan di “assicurarsi” i voti dei siriani. Bisognerà capire quanto questo meccanismo tenga. Al momento l’accordo conviene a entrambe le parti.
La liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi, però, ora sarà sempre più difficile.
Per ottenerla Ankara deve rispettare una serie di criteri. Tra questi c’è la richiesta formale di riformare la legge anti-terrorismo. Erdogan l’ha usata per liberarsi di giornalisti, professori universitari, intellettuali, chiunque non fosse d’accordo con lui. È evidente che dopo gli eventi di venerdì scorso anche solo parlare di riforma di legge anti-terrorismo è impossibile.
«A metà anni Duemila la Francia di Sarkozy si è scagliata contro l’allargamento alla Turchia. Le ragioni dell’ex Presidente francese sono state viste dalla popolazione turca come profondamente offensive e hanno alimentato la retorica nazionalista. Forse se l’Europa avesse mostrato più empatia con la Turchia in quei mesi oggi il sentimento europeo sarebbe più forte tra la popolazione»
Chi ha ucciso il sogno europeo della Turchia?
Credo che le responsabilità siano condivise tra Erdogan e il resto dei Paesi europei. Quando nel 2005 sono stati avviati i negoziati con Bruxelles Erdogan ha effettivamente approvato riforme- come appunto l’abolizione della pena di morte- che andavano nella direzione delle richieste europee. A mio avviso la sua è stata più una scena per conquistarsi la fiducia dell’esercito. Dall’altro lato, però, in quegli anni soprattutto la Francia di Sarkozy si è scagliata contro l’allargamento alla Turchia. Le ragioni dell’ex Presidente francese sono state viste dalla popolazione turca come profondamente offensive e hanno alimentato la retorica nazionalista. Forse se l’Europa avesse mostrato più empatia con la Turchia in quei mesi oggi il sentimento europeo sarebbe più forte tra la popolazione.
Non crede che alcuni dirigenti europei abbiano sperato in cuor loro di vedere rovesciato una volta per tutte Erdogan il 15 luglio?
La democrazia non può essere tutelata attraverso i colpi di Stato e l’esercito. Di questo sono convinto. Così come credo che Erdogan sapesse in un certo senso del rischio di un golpe e abbia provveduto alla compilazione delle liste da mesi e una volta davanti agli eventi li ha lasciati andare per quel poco che è servito a giustificare quanto sta accadendo in questi giorni.