Non è una questione di palato, né di appetito, né tantomeno di quanto un cibo sia ben cucinato. Non solo, perlomeno. Perché tante altre cose, sovente inconsapevoli, concorrono a migliorare il nostro rapporto con quel che mangiamo. La morbidezza del cibo, ad esempio. O anche il luogo in cui viene cucinato. O addirittura il fatto che siamo noi a cucinarlo. Tutte evidenze che emergono dagli studi del Nestlé Research Center (Ncr) – seicento dipendenti, tra i quali trecento ricercatori di cinquanta nazionalità – pubblicati da riviste mediche specializzate. Che per quanto possano sembrare curiosità del tutto marginali, hanno un impatto non irrilevante nel determinare come un prodotto alimentare viene pensato, prodotto e comunicato.
La prossima rivoluzione alimentare parte dalla sigla AMKP
Tenera bene a mente, questa sigla: AMPK è infatti la proteina chiave in ogni singola cellula nel tuo corpo ed è attivata naturalmente dall’esercizio. Controlla lo stato di energia, come l’indicatore del carburante della macchina, e segnala quando il livello è basso.Di fatto, è il vigile del nostro metabolismo. A scoprire l’esistenza di AMPK, il NestléInstitute of Health Sciences. Una scoperta importante, questa, che potrebbe portare a una vera e propria rivoluzione alimentare. Di fatto, se si scoprisse quali alimenti sono in grado di influenzare questo meccanismo molecolare, si potrebbero sviluppare «nuove diete con effetti mirati sul corpo che, come l’esercizio, potrebbero aiutare ad affrontare problemi metabolici e a mantenere un bilancio energetico sano», come racconta Ed Baetge, capo dell’istituto. Aspettate ad esultare, pigri di tutto il mondo, perché questo non vuol dire che saranno prodotti in grado di sostituire l’esercizio fisico. Tuttavia, potrebbe alleviare le difficoltà di chi fatica a rimanere attivo a causa del modo di vivere, dell’età avanzata, di malattia o disabilità. Potrebbe inoltre condurre allo sviluppo di prodotti mirati ad aiutare coloro che soffrono di problemi metabolici come l’obesità e malattie metaboliche croniche come il diabete di Tipo2. Non male, per un molecola.
La forma conta: l’insaziabilità di fronte ai cibi morbidi
Quello sulla forma del cibo è uno studio che Ncr ha condotto nel 2013 insieme all’università di Wagenigen, in Olanda. È uno studio, per farla breve, che dimostra come più un cibo è morbido, più se ne mangia. Esempio: una porzione di purè viene masticata solo 27 volte contro la stessa quantità di patate che necessita di 488 atti masticatori. Risultato? Il purè sazia meno, e se ne mangia di più. Così come si mangiano molte più verdure, se passate. Per la precisione, circa 10 grammi al minuto. Se siete a dieta, insomma, vi conviene mettere sotto chiave il frullatore.
Volete che i bambini mangino le verdure? Fategliele cucinare
«Abbiamo scoperto che i bambini che erano in cucina, a cucinare con i propri genitori, hanno mangiato molto di più, e soprattutto molte più verdure». Così il nutrizionista dott. Klazine Van Der Horst, che col suo team ha condotto nel 2014 uno studio pubblicato sulla Journal Appetite che conferma che coinvolgere i bambini è il miglior metodo per fargli mangiare cibi che altrimenti rifiuterebbero. Le odiate verdure, soprattutto: a farla da padrona, l’odiosissima insalata. Se sono i bambini a lavarla e condirla, ne mangiano il 76% in più. Prendete nota, mamme.
Cucina ad alta quota: più si sale, meno serve il sale
Può essere che il sapore di una ricetta coi medesimi ingredienti, cucinata allo stesso identico modo, dalla stessa persona possa cambiare radicalmente tra una preparazione e l’altra? Sì, se si cambia l’altitudine a cui viene cucinata. Spoiler: è molto più buona la ricetta cucinata ad alta quota. L’esperimento è stato portato avanti dai ricercatori di Nrc, che hanno cucinato il medesimo brodo vegetale al ThreeSixty Restaurant di Saas-Fee (Svizzera), coi suoi 3600 metri il più alto ristorante girevole del mondo, e nel loro laboratorio, quasi tremila metri più in basso. Il risultato? La ricetta preparata ad alta quota aveva un sapore decisamente migliore. Il trucco? L’ebollizione a bassa pressione, un processo che permette di mantenere intatti gli aminoacidi naturali del cibo, i carboidrati e gli acidi organici del prodotto. Preservate questi elementi e oplà, il sale non serve più.
La cannella fa dimagrire (e pure il peperoncino!)
Prendete quindici persone tra i 20 e i 50 anni, obbligateli a ridurre al minimo l’attività fisica e obbligateli al riposo assoluto. Com’è possibile far sì che dimagriscano, in queste condizioni? Semplice: fategli mangiare cannella o peperoncino. Questo hanno fatto i ricercatori dell’Nrc, che ha dimostrato che la cannella permette infatti di stimolare la termogenesi, un particolare processo metabolico che consiste nella produzione di calore da parte dell’organismo, soprattutto nel tessuto adiposo e muscolare favorendo così l’ossidazione del grasso e la conseguente diminuzione del peso. Merito dell’Aldeide Cinnamica, nel caso della cannella, che fa aumentare i livelli di dispendio energetico e di ossidazione del grasso, e della capsaicina nel peperoncino, che fa aumentare il calore del corpo e il consumo di ossigeno fino a 20 minuti dopo il pasto, esercitando un’azione antifone.