Una multa da 10mila euro per chi consuma, o contratta, prestazioni sessuali pagamento. Alla Camera arriva una nuova proposta di legge sulla prostituzione. Un provvedimento di cui è prima firmataria la deputata del Pd Caterina Bini, che propone di importare anche in Italia il “modello nordico”. Un impianto legislativo già adottato in Svezia, Norvegia, Islanda e Irlanda del Nord, per introdurre il reato di acquisto dei servizi sessuali. Unico antidoto, a detta della proponente, in grado di eliminare il fenomeno della prostituzione e la tratta di esseri umani.
Il tema è ampiamente discusso. Diverse sono le proposte di legge depositate in Parlamento, molte anche di segno opposto. A differenza di chi chiede di liberalizzare il fenomeno, adesso arriva un altro approccio. Contro le ipotesi di riaprire le case chiuse, il provvedimento della deputata Bini – sottoscritto da diversi colleghi in rappresentanza di numerosi gruppi parlamentari – cambia radicalmente prospettiva. Per combattere efficacemente la prostituzione, è necessario punire i clienti. Sullo sfondo resta un mercato ampiamente diffuso. «In Italia – si legge nel testo presentato a Montecitorio – le stime indicano una presenza di circa 100mila persone che si prostituiscono, sia sulle strade che al chiuso. Di queste circa il 25 per cento sono minorenni». Un giro d’affari stimato in 90 milioni di euro al mese, per oltre 9 milioni di clienti. Stando ai dati della comunità Papa Giovanni XXIII, da sempre attiva in prima linea contro il fenomeno, il 65 per cento di chi si prostituisce nel nostro Paese esercita in strada. «Le vittime di tratta provengono da Nigeria (36 per cento), Romania (22 per cento), Albania (10,5 per cento), Bulgaria (9 per cento), Moldavia (7 per cento)». Il testo di legge insiste sul tema delle violenze e dello sfruttamento sessuale. Citando i risultato di una ricerca finanziata dalla Commissione europea per la prevenzione e la lotta contro la criminalità, si spiega che «quasi un terzo dei clienti ha riportato di aver assistito a situazioni di evidente sfruttamento o di aver incontrato minori, ma pochissimi hanno considerato l’ipotesi di fare una denuncia alle Forze dell’ordine».
La proposta si compone di un solo articolo, un’aggiunta alla legge Merlin del 1958. Confermando la non punibilità per chi esercita la prostituzione, si interviene sui clienti. Introducendo il reato di acquisto di servizi sessuali
La proposta si compone di un solo articolo, un’aggiunta alla legge Merlin del 1958. Confermando la non punibilità per chi esercita la prostituzione – e lasciando inalterati i reati di sfruttamento, favoreggiamento e induzione alla prostituzione – si interviene sui clienti. Di fatto si introduce il reato di acquisto di servizi sessuali. «Si va a colpire la domanda – spiega la deputata Bini presentando il progetto – perché anche l’offerta diminuisca. Pensiamo che anche il nostro Paese sia maturo per questa soluzione». L’impianto legislativo è preso in prestito da alcuni paesi del Nord Europa. «Tale modello – si legge nel documento – è stato recentemente adottato anche in Francia e sia l’Inghilterra che l’Irlanda stanno valutando la sua introduzione».
Racconta la deputata Bini: «Ho ricevuto da poco una mail di minacce che dice: “State attenti, sono 9 milioni i clienti di prostitute in Italia, i voti non arriveranno se portate avanti queste proposte”. A me non interessa, non saranno certo questi episodi a fermarmi»
E il sistema funziona, a detta dei proponenti. «Le rilevazioni empiriche hanno mostrato che siffatti modelli hanno portato a un drastico calo delle persone che si prostituiscono. Inoltre tali legislazioni hanno mostrato un forte effetto deterrente, per cui il fenomeno della prostituzione e la tratta di persone ad esso correlata sono diminuiti, a fronte di un esiguo numero di denunce dei clienti». È d’accordo anche la comunità Papa Giovanni XXIII: «I numeri attestano che questo è un sistema efficace: in Svezia il numero di persone che si prostituiscono è diminuito del 65 per cento in seguito all’applicazione della legge, in Norvegia del 60 per cento». Diversamente, spiega la deputata Bini, i progetti di liberalizzazione e legalizzazione del fenomeno non hanno raggiunto i risultati sperati. E nelle realtà in cui la prostituzione è regolamentata, oggi si registra un numero pro capite di persone dedite a questa attività maggiore rispetto agli altri Paesi. Non solo. Come dice la deputata, la legalizzazione non porterebbe neanche un vantaggio fiscale per lo Stato. «Da un lato perché le persone non vogliono essere associate alla prostituzione, per cui non pagano le tasse, dall’altro perché, anche laddove è regolamentato, il fenomeno della prostituzione rimane in gran parte gestito dalla criminalità organizzata».
Il dibattito resta aperto. Intanto la proposta di legge introduce una serie di novità. Chiunque si avvalga delle prestazioni sessuali offerte da soggetti che esercitano la prostituzione, o le contratti, viene punito con una multa da 2.500 a 10mila euro. In caso di reiterazione del reato, oltre alla multa, il fatto viene punito anche con un anno di reclusione. «La pena detentiva e pecuniaria – si legge – può essere sostituita su richiesta del condannato con quella del lavoro di pubblica utilità». Le prime reazioni sembrano essere già arrivate. Parlando a Radio Cusano Campus, la deputata Bini ha raccontato di aver subito pressioni. «Ho ricevuto da poco una mail di minacce da un anonimo che dice: “State attenti, sono 9 milioni i clienti di prostitute in Italia e sono elettori, i voti non arriveranno se portate avanti queste proposte”. A me non interessa, non saranno certo questi episodi a fermarmi».