Le Olimpiadi non vogliono i russi? E allora i russi se le fanno a casa loro. Tutto sommato, per loro è anche meglio: evitano il rischio zika, i villaggi olimpici incompleti, e tutte le difficoltà di un Paese come il Brasile che, dopo aver ospitato i Mondiali (senza nemmeno vincerli), non è più riuscito a riprendersi. Dell’atletica, per ora, ne è stata ammessa solo una: Darya Klishina, saltatrice in lungo. Gli altri 67? A casa. Insieme ad altri 20 di altre discipline.
La soluzione sarebbe di creare delle Olimpiadi alternative, allo stadio Znamensky, a Mosca. Verranno invitati altri atleti del Paese, per un totale di 135, in modo che la competizione possa avere qualche credibilità. Poi, ci saranno anche medaglie e record. Ma gli occhi di tutti sono puntati a Rio, alle Olimpiadi che, secondo Putin, nascono già zoppe. “È una campagna ben pianificata per colpire i nostri atleti. Un doppio standard di punizione che non ha fondamento legale”, dice il presidente russo, senza avere tutti i torti. E poi gli atleti che gareggiano non potranno misurarsi con i concorrenti russi, “e questo condiziona le Olimpiadi”, e rende meno vittoriosa la vittoria.
Le contro-Olimpiadi russe possono ricordare a qualcuno la manifestazione alternativa che si tenne nel 1984, quando per protesta le nazioni del blocco sovietico decisero di boicottare l’edizione di Los Angeles, organizzando una gara tutta loro. Le analogie, però, si fermano qui: quella del 1984 era stata una scelta, questa del 2016 una necessità. La Russia è stata respinta dalle Olimpiadi, non il contrario.
Resta, in ogni caso, l’amaro in bocca. Per gli atleti russi che non partecipano, per un Paese che già paranoico per cultura si sentirà ancora più colpito dalle manovre politiche internazionali, per una manifestazione che, in effetti, non sarà del tutto completa. Gli atleti puliti restano a Mosca, come quelli colpevoli di doping. A mordere le medaglie (anche lì sapore amaro, ma ben più sopportabile), ci penseranno altri.