Il primo grappolo è stato reciso poche ore fa. Con la raccolta delle uve chardonnay tra i filari dell’azienda agricola Faccoli, in Franciacorta, è ufficialmente iniziata la vendemmia in Italia. Questi acini serviranno per la produzione di spumanti. Ma a seconda delle diverse varietà, la raccolta del frutto di Bacco proseguirà anche nei prossimi mesi. A settembre e ottobre toccherà alle grandi uve rosse autoctone. Il Sangiovese, soprattutto. Coltivato dalla Romagna alla Campania, uno dei vitigni più diffusi. Ma anche il Montepulciano e il Nebbiolo. Per altre uve si dovrà attendere addirittura il mese di novembre, come nel caso di Aglianico – tipico della Basilicata, Puglia e Campania – e Nerello. Se è ancora presto per analizzare i dati della stagione, la Coldiretti avanza alcune stime. Rispetto ai 47,5 milioni di ettolitri dello scorso anno, nel 2016 si attende un aumento della produzione di circa il 5 per cento.
Un grappolo dopo l’altro, si avvia il nuovo ciclo di un prodotto fondamentale per la cultura e l’economia del Paese. Stando ai dati Coldiretti, nella vendemmia saranno impegnate oltre 200mila aziende vitivinicole, per un totale di 650mila ettari di vigne. Il vino è una realtà economica importante, che solo dalla vendita delle bottiglie genera circa 10 miliardi di fatturato. A beneficiarne non sono solo coltivatori e acquirenti. In Italia il vino offre un’opportunità di lavoro a quasi un milione e mezzo di persone. Secondo uno studio dell’organizzazione degli imprenditori agricoli, sono quasi una ventina i settori di lavoro connessi alla raccolta dell’uva: dalla lavorazione del sughero per i tappi all’ecoturismo, senza dimenticare trasporti e cosmetica.
Con la raccolta delle uve chardonnay in Franciacorta è ufficialmente iniziata la vendemmia in Italia. A settembre e ottobre toccherà alle grandi uve rosse autoctone. Il Sangiovese, soprattutto. Per altre uve si dovrà attendere addirittura il mese di novembre, come nel caso di Aglianico e Nerello
«Il futuro del Made in Italy – spiega il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo – dipende dalla capacità di promuovere e tutelare le distintività che è stata la chiave del successo nel settore del vino, dove ha trovato la massima esaltazione la valorizzazione delle specificità territoriali che rappresentano la vera ricchezza del Paese». Non a caso, spiega Moncalvo, tra le bottiglie esportate nel mondo, una su cinque è Made in Italy. Un trend in crescita. Negli ultimi sei mesi le esportazioni all’estero del nostro vino sono cresciute del 2 per cento (nel primo quadrimestre del 2015 erano già aumentate del 6 per cento). Tanto che quest’anno, secondo gli esperti, più della metà del fatturato sarà ottenuto dalla vendita oltreconfine.
Quasi la metà della produzione è dedicata alle eccellenze italiane. Destinata ai 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc) e ai 73 a denominazione di origine controllata e garantita (Docg). Una quota del 30 per cento a testa, invece, servirà per gli oltre 100 vini a indicazione geografica tipica (Igp) e i vini da tavola
Ma dove finiscono le uve raccolte durante la vendemmia? Quasi la metà della produzione sarà dedicata alle eccellenze italiane. Il 40 per cento è destinato ai 332 vini a denominazione di origine controllata e ai 73 a denominazione di origine controllata e garantita. Doc e Docg. Una quota del 30 per cento a testa, invece, finirà per gli oltre 100 vini a indicazione geografica tipica e i vini da tavola. Nel 2015 il caldo e la siccità avevano costretto ad anticipare di una settimana la raccolta dell’uva (non accadeva da almeno un decennio). Il clima di quest’anno, intanto, fa ben sperare gli esperti per la produzione 2016. I segnali indicano un’annata di buona qualità. Ma in realtà ogni territorio ha le sue specificità. In Puglia, ad esempio, la Coldiretti prevede una crescita della produzione del 15 per cento. Tutt’altra storia in Lombardia, dove si teme un calo di dieci punti percentuali. La responsabilità è delle grandinate degli ultimi mesi che, a partire dalla bergamasca, hanno messo a dura prova le coltivazioni.
E quando si parla di vino, torna il vecchio spirito nazionalistico. Meglio i prodotti francesi o quelli italiani? Qualitativamente parlando, la sfida sembra destinata a proseguire. Almeno dal punto di vista della quantità, invece, l’Italia può festeggiare la vittoria. Ecco un’altra stima della Coldiretti, che considera probabile il primato produttivo del Belpaese, ottenuto anche grazie alle gelate tardive che Oltralpe fanno temere una produzione in leggero calo rispetto al 2015. Per l’Italia è una conferma, dopo il sorpasso dello scorso anno.