Le emozioni non si sentono: si imparano. Questa almeno è la convinzione dei danesi, che hanno deciso, dopo qualche anno di discussione, di insegnare a scuola l’empatia. In realtà non è una novità, anche se la cosa può suonare strana. Per legge lo fanno dal 1993, ma è solo negli ultimi anni che si è implementato nelle scuole.
La materia occupa un’ora a settimana (tempo che in Italia si dedica alla religione), non prevede compiti e, a quanto pare, non ci sono nemmeno manuali e/o sussidiari da adottare. C’è e basta: come viene insegnata, poi, dipende dagli insegnanti.
In generale, spiegano, l’ora di empatia viene impiegata per tenere lunghe discussioni, mettere in campo i problemi di ciascuno (sia a livello individuale che di gruppo) e focalizzarsi sui casi di bullismo, soprattutto se qualcuno nella classe ne è vittima o, peggio ancora, artefice. Serve per appianare le discussioni e affrontare i litigi più gravi, quando meritano una riflessione più ampia. È un’occasione di riflessione, infine, che può aiutare anche per gli insegnanti.
Sì, ma viene da chiedersi: dov’è l’empatia? A quanto pare, nell’ascolto. I bambini imparano a sentirsi parte di una comunità che li considera come membri a tutti gli effetti non solo parlando, ma soprattutto ascoltando. Calandosi nelle sensazioni e nelle situazioni altrui, scoprono la complessità della realtà e come spesso le situazioni, a prima vista, siano del tutto ingannevoli. Tutto sommato, è educativa.
E poi è caratterizzata da un dolce apposito, la “torta dell’empatia”, che i bambini danesi imparano a cucinarsi e preparare da soli. È un momento particolare (con un’atmosfera rilassati che i danesi chiamano hygge), e va celebrato con un cibo particolare. Bravi cuochi, anche se non si sa se poi diventeranno davvero più empatici.