Bahamas Papers: c’è del marcio alla Commissione Europea

Doppi incarichi, abusi, conflitti di interesse, procedure di selezione arbitrarie. Il caso di Neelie Kroes proietta altre ombre sulla governance europea. Proprio nel momento in cui l’Europa ha bisogno di credibilità

C’è del marcio nella Commissione europea. O almeno nel decennio Barroso. Dopo la notizia dell’arrivo dell’ex Presidente dell’esecutivo comunitario nella grande e controversa famiglia di Goldman Sachs, i riflettori sono ora tutti puntati su Neelie Kroes. Politica olandese e donna d’affari apprezzata a livello internazionale. Tanto che una volta nominata a far parte del collegio Ue ha dichiarato ben 60 titoli di vario tipo in altrettante società e organizzazioni internazionali.
Il nome della Kroes, responsabile prima dell’Antitrust Ue e poi del portafoglio strategico legato all’agenda digitale, è ora finito nel nuovo dossier pubblicato dal Consorzio Internazionale per il Giornalismo d’Inchiesta (ICIJ) dal nome Bahamas Leaks. In totale si tratta di circa 175 mila società offshore registrate alle Bahamas e di proprietà di uomini politici. Secondo quanto raccolto dall’ICIJ l’ex Commissaria comparirebbe come Direttrice dal 2000 al 2009 della Mint Holding, di proprietà del saudita Amin Badr-El-Din. Dettaglio che l’ex Ministro ai trasporti olandese ha dimenticato di menzionare quando è stata nominata a capo dell’Antitrust Ue.

Stando alle regole della Commissione Ue, infatti, nessun Commissario può comparire negli organici di altre società e organizzazioni esterne, né tantomeno presiederle. Il problema, però, è che molto spesso violazioni, abusi e casi di conflitto d’interesse vengono alla luce soltanto dopo anni. La trasparenza su cui lo stesso Jean Claude Juncker ha puntato molto dall’inizio del suo mandato è legata interamente alla buona fede della singola persona. Ai candidati a futuri commissari basta presentare una dichiarazione. L’integrità è completamente affidata all’autocertificazione. Nessun meccanismo, insomma, controlla lo status, i conti e le proprietà dei politici che arrivano a Bruxelles per decidere buona parte delle politiche riguardanti 500 milioni di cittadini. I comitati etici e le inchieste arrivano soltanto dopo le fughe di notizie. Una pratica che è stata confermata anche da uno dei portavoce dell’esecutivo Juncker. “Alcuni tipi di eventi non possono essere previsti” ha ammesso Margaritis Schinas. Previsti forse no, ma evitati sì.

La trasparenza su cui lo stesso Jean Claude Juncker ha puntato molto dall’inizio del suo mandato è legata interamente alla buona fede della singola persona. Ai candidati a futuri commissari basta presentare una dichiarazione. L’integrità è completamente affidata all’autocertificazione.

Il caso della Kroes attira su di sé, se possibile, altre e più pesanti ombre. Risulta, infatti, che la Mint Holdings fosse pronta ad acquistare 7 miliardi di dollari di asset di proprietà di Enron. Un affare non concluso soltanto a causa del fallimento della società statunitense. Iegali della Kroes fanno sapere che la loro assistita “Deve aver avuto una svista al momento della presentazione dell’autocertificazione escludendo ogni menzione a Mint Holdings, che peraltro si credeva fosse stata liquidata già nel 2002”. Una svista, che però ora conta di avere pesanti conseguenze sull’immagine di un’istituzione già nel bel mezzo di una forte crisi di popolarità.

«Casi come questo agiscono pesantemente sull’opinione che i cittadini hanno delle istituzioni europee» dichiara a Linkiesta Aurore Chardonnet di Oxfam International «Soprattutto in un momento in cui euroscetticismo e disaffezione verso Bruxelles sono in aumento un po’ ovunque». Ma cosa fare per evitare altri casi in futuro? Per la Chardonnet: «Gli strumenti ci sono già, ma vanno adottati e poi rispettati in pieno. Ogni Stato membro deve approvare un registro nazionale in cui siano censite tutte le organizzazioni e le società che in esso risiedono. E si deve poter risalire chiaramente ai loro fondatori e Presidenti. Oggi, purtroppo, non è così». Aggiunge Chardonnet: «C’è anche bisogno che la Commissione Ue assuma un ruolo più deciso nella lotte ai paradisi fiscali e contro l’evasione. Vanno adottate regole dure che devono essere applicate in modo deciso»

Neelie Kroes, passati i 18 mesi previsti dal regolamento per ex Commissari-si era unita a Uber scatenando critiche e proteste

Un ruolo, che però, al momento l’esecutivo Ue fatica ad assumere. Come hanno dimostrato le reazioni al caso Barroso e ora a quello Kroes. L’avvio di un comitato etico sull’incarico a Goldman Sachs dell’ex Presidente della Commissione è arrivato a due mesi dalla notizia e soltanto dopo le proteste di alcuni governi europei e la richiesta di un’indagine approfondita avviata dal Mediatore Ue. Tanto su Barroso che sulla Kroes la Commissione ha tentennato, mostrando i limiti della propria azione contro suoi ex membri.

Il nome di Neelie Kroes, la donna d’acciaio -come era stata definita negli anni in cui ha lavorato a Bruxelles attaccando giganti come Microsoft, E.On -Gdf e Google- era del resto già circolato sui giornali europei nelle ultime settimane. L’ex Commissaria responsabile all’agenda digitale dal 2009 al 2014, passati i 18 mesi previsti dal regolamento per ex Commissari-si era unita a Uber scatenando critiche e proteste. È proprio Uber, infatti, a figurare tra i giganti della share economy, settore che Bruxelles non ha mai nascosto di voler tutelare nel tentativo di attirare in Europa investimenti, crescita e un ambiente adatto allo sviluppo delle start-up. Il passaggio da un lato all’altra della barricata è stato però considerato da molti come l’ennesimo esempio di “politica delle porte girevoli” ovvero il passaggio di politici al settore privato.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter