Preparate i bagagli, si va su Marte. Stavolta non è solo la sparata di qualche magnate ubriaco o la trama di un film di fantascienza: ieri, 28 settembre 2016, durante l‘International Astronautical Congress, Elon Musk, fondatore di SpaceX, ha spiegato il suo progetto di colonizzare Marte nell’arco di una quindicina d’anni.
Avete letto bene: colonizzare Marte. Life on Mars, proprio nell’anno della scomparsa di David Bowie. Il progetto non è per niente campato in aria, almeno a giudicare da quanti soldi sono stati investiti e dalla credibilità internazionale di SpaceX, l’agenzia aerospaziale privata americana nata nel 2002 proprio con l’obiettivo di portarci su Marte e già passata alla storia per diverse imprese spaziali.
Qualche esempio? Falcon 1 (chiamato così in onore del Millennium Falcon di Star Wars) è stato il primo razzo a propellente liquido di un’azienda privata ad andare in orbita, nel 2008, così come SES-8 è stato il primo satellite privato ad andare in orbita geosincrona. Tecnicismi che ci suonano strani, ma il senso è che da quelle parti le ambizioni vengono prese molto sul serio.
Partirebbero per Marte circa 80.000 pionieri, raggiunti da una quota fissa ogni anno fino a occupare tutto il pianeta
Adesso però il sogno più grande: Marte. Il progetto è stato illustrato con entusiasmo da Musk e prevede un vero e proprio esodo da iniziare a breve e completare, nella migliore delle ipotesi, tra dieci anni. Partirebbero inizialmente circa 80.000 pionieri, poi ne seguirebbero altrettanti ogni anno, fino a creare una comunità marziana di milioni di persone e rendere l’umanità hna razza pluri-planetaria.
Le difficoltà, come ci si immagina, esistono. Intanto, è fisicamente possibile vivere su Marte per un umano? Le radiazioni sono un grosso problema, ma Musk assicura che il rischio non sarebbe mortale e che si potrebbero prendere degli accorgimenti.
E i costi? Musk stima in una decina di miliardi di dollari il costo dell’operazione, o per lo meno il suo lancio. Su questo, c’è da dire, la SpaceX è sempre stata all’avanguardia. Rispetto agli istituti governativi di tutto il mondo, infatti, l’azienda è riuscita, in questi anni, ad abbattere incredibilmente i costi, potendo così competere alla pari con i concorrenti statali. In che modo? Eliminando gran parte della burocrazia, per esempio, o producendo in proprio le componenti. Basti pensare che, evitando di acquistare da altri i bulloni di alluminio anodizzato, la SpaceX è passata dal pagare 15 dollari un pezzo a pagarlo soltanto 30 centesimi.
Non è tutto, perchè il progetto dell’azienda prevede di riutilizzare tutti i veicoli spaziali. Invece che costruire nuovi razzi e nuove navi, dunque, si riuscirebbe a sfruttare quelle già esistendi, impattando nuovamente sui costi in maniera significativa.
La SpaceX, insomma, fa sul serio. Basterebbe il curriculum di Elon Musk per farlo capire: cofondatore di PayPal, CEO di Tesla Motors. E allora non resta che mettersi comodi, aspettare un po’ e godersi lo spettacolo: la Terra, a qualcuno, sta molto stretta.