Il nome del gruppo su Whatsapp era “Gli amici di Maria”. E i partecipanti non erano ballerini o cantanti, ma i professionisti in servizio nelle corsie del Pronto soccorso dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza. Che su quella chat scherzavano e si sfidavano a chi infilava l’ago più grosso nel corpo dei pazienti. La storia è finita in prima pagina sul Corriere della sera del 26 settembre, con la notizia della sospensione per dieci giorni del primario Vincenzo Riboni, proprio colui il quale aveva denunciato il contenuto della chat alla direzione dell’ospedale. Ma la ricostruzione dei fatti sembra essere un po’ più complessa.
Tutto parte da una cena tra colleghi del reparto, avvenuta il 2 dicembre del 2015, nel corso della quale – come è scritto nei documenti dell’ufficio disciplinare dell’azienda sanitaria – “si è discusso della differenza tra le funzioni del medico e quelle dell’infermiere di pronto soccorso”. Conversazione che il giorno dopo si sarebbe spostata anche su Whatsapp, nel gruppo nominato “Gli amici di Maria”, dal secondo nome del primario del pronto soccorso (escluso dalla chat, ovviamente).
Nel gruppo si parla di una presunta gara tra medici e infermieri a chi utilizzava aghi e cannule di dimensioni più grandi. Messaggi, si legge sempre nelle carte dell’ufficio disciplinare, che “si inseriscono in un contesto scherzoso tra medici e infermieri relativamente all’abilità degli uni e degli altri a reperire gli accessi venosi”. Nella chat le cannule grigie sono quelle più sottili. Le arancioni sono quelle di diametro maggiore. Le prime farebbero guadagnare meno punti delle seconde. Si parla addirittura del fischio dell’arbitro e di un tabellone dei punteggi. Humor nero, di dubbio gusto se ci si mette nei panni dei pazienti, ma questa è un’altra storia.
Nel gruppo di Whatsapp si parla di una presunta gara tra medici e infermieri a chi utilizzava gli aghi di dimensioni più grandi. Humor nero, di dubbio gusto se ci si mette nei panni dei pazienti, ma che secondo l’ospedale non si sarebbe tradotto in una gara reale ai danni dei pazienti
Il primario Riboni viene in possesso del contenuto delle chat, e a gennaio convoca una riunione. Qui cominciano i problemi, spiega Luca Benci, giurista esperto di diritto sanitario, che sul Quotidiano sanità aveva trattato il caso. Nel verbale redatto da Riboni, datato 11 gennaio 2016, alla presenza di un coordinatore, due medici e sei infermieri, si legge che durante la riunione il primario riporta le conversazioni Whatsapp del gruppo “Gli amici di Maria” e sottolinea la gravità di quanto accaduto. Successivamente nel verbale vengono trascritte alcune presunte confessioni da parte degli interessati che “confermano l’origine del marchingegno e l’intenzionalità di procedere nel percorso”. Facendo quindi intuire che la gara di cui si parla nella chat fosse poi diventata realtà ai danni dei pazienti. Un fatto che, se provato, sarebbe stato molto grave, portando giustamente al licenziamento e alla radiazione dagli albi di infermieri e medici coinvolti.
Ma uno degli “Amici di Maria” registra l’audio di quella riunione. E le cose dette durante l’incontro non risultano quelle messe nero su bianco da Riboni. Il verbale “non riporta fedelmente il contenuto delle dichiarazioni”, si legge nella difesa di uno degli interessati, sostenuto dal Nursind, il sindacato autonomo degli infermieri, che si è occupato del caso. Nessuna confessione sulla gara a punti, quindi, come scrive l’Ufficio affari legali dell’Ulss 6, dopo aver ascoltato la registrazione. Stando alle prove, la gara, al di fuori della conversazione “scherzosa” su Whatsapp, non ci sarebbe stata.
Quindi, poiché non c’erano strumenti per verificare che la gara fosse avvenuta nella realtà – va detto che nei verbali di pronto soccorso non vengono riportate le dimensioni degli aghi, ma anche anche che quel 3 dicembre non c’erano state segnalazioni di comportamenti anomali sui pazienti – il caso viene archiviato. Una conversazione che potrebbe essere offensiva per i pazienti, certo, ma che non sarebbe andata quindi oltre una chat di Whatsapp. Tant’è che l’ufficio disciplinare dell’ospedale “assolve” cinque infermieri e un medico, e sanziona solo le altre due persone che la mattina del 3 dicembre erano in servizio per utilizzo del cellulare durante l’orario di lavoro. E il primario che aveva denunciato? Il dottor Riboni invece, come ha fatto sapere l’azienda sanitaria, è stato sospeso per dieci giorni per aver redatto il verbale non veritiero.
Sul caso, era intervenuto anche il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, con l’invio di una segnalazione alla Procura di Vicenza. Ora non resta che aspettare le indagini. In quelle svolte dall’ospedale, intanto, “Gli amici di Maria” sono stati quasi tutti “assolti”. E spostati in altri reparti. Per evitare, dicono, ritorsioni del primario contro i medici e gli infermieri coinvolti.