TaccolaNon più solo noccioline: la finanza alternativa fa un balzo anche in Europa

Le piattaforme di prestiti tra privati, equity e reward crowdfunding, fino alla compravendita online di fatture nel 2015 hanno raggiunto in Europa i 5 miliardi di euro di volume, che è quasi raddoppiato in un anno. L’Italia è minuscola ma segna la crescita maggiore del continente

Sono il grande spauracchio della finanza tradizionale, quella con le filiali e le decine di migliaia di bancari con il fiato sospeso: le piattaforme di finanza alternativa hanno ancora numeri relativamente piccoli ma continuano una crescita anno su anno con un ritmo impressionante. In tutta Europa (considerandola come espressione geografica a 32 Paesi) il mercato di crowdfunding (equity e reward) e prestito peer-to-peer (tra privati o tra imprese) è cresciuto in un anno, tra il 2014 e il 2015, del 92%, raggiungendo la quota di 5,4 miliardi di euro di volume scambiato. La Cina, con i suoi oltre 90 miliardi è lontanissima, ma la tendenza è quella.

Il grosso delle piattaforme nel Vecchio Continente si trova nel Regno Unito, ma anche il resto d’Europa si muove. Nello stesso periodo la crescita è stata del 72%, da 594 milioni a 1,019 miliardi di euro. Francia, Germania, Olanda, Finlandia e Spagna guidano la classifica, che vede i piccoli Paesi scandinavi messi assieme arrivare a oltre cento milioni di raccolta. A dirlo è il paper “Sustaining Momentum, firmato dal Cambridge Centre for Alternative Finance (dell’Università di Cambridge) in partnership con Kpmg e il supporto di Cme Ventures.


E l’Italia? È indietro, di parecchio, con 32 milioni di euro, solo 52 centesimi di raccolta a testa, contro i 24 euro dell’Estonia. Ma attenzione, è il Paese che segna gli incrementi maggiori: +287% in un solo anno e +580% rispetto al solo milione di euro di due anni prima. La crescita è stata trainata dalla nascita di nuove piattaforme, la maggior parte delle quali si è sviluppata nel 2015, e dal settore “peer-to-peer consumer lending” (prestito tra privati). Ma a stimolare l’incremento a tre cifre è stato anche il settore dell’invoice trading, il sistema che permette alle Pmi di mettere all’asta le fatture per convertirle rapidamente in contante. Il segmento invoice trading ha inciso per il 12% del totale delle transazioni in Italia, grazie all’unica piattaforma operante, Workinvoice, che, a luglio 2016, ha quadruplicato i volumi del 2015, con 15 milioni di euro di operazioni. Nella piattaforma è entrato recentemente nel capitale Maurizio Cereda, ex banker di Mediobanca, mentre Roberto Nicastro, ex Unicredit e oggi presidente delle quattro good bank delle ex popolari del Centro Italia, ha scelto di fare da advisor. Tra gli altri player della finanza alternativa italiana i più noti sono Smartika, Prestiamoci e SiamoSoci.

L’Italia è indietro, di parecchio, con soli 32 milioni di euro, solo 52 centesimi a testa, contro i 24 euro dell’Estonia. Ma attenzione: è il Paese che segna gli incrementi maggiori: +287% in un solo anno e +580% rispetto al solo milione di euro di due anni prima

Il fatto è che le cose, in Italia come in Europa, si stanno evolvendo: si sta passando da prestiti tra privati e raccolte di crowdfunding di gruppi musicali per produrre degli album a qualcosa di più serio. È vero che il “peer-to-peer consumer lending” è ancora la prima voce (366 milioni di euro a livello europeo), ma cresce il peso del “peer-to-peer business lending” (prestiti tra imprese) e dell’equity crowdfunding (raccolta di capitali in favore di start up innovative), al secondo e terzo posto davanti al reward crowdfunding. La componente business raccoglie quindi la metà dei volumi e cresce del 167% da un anno all’altro. Sono 9.400 le startup e le piccole e medie imprese che vi hanno fatto ricorso in Europa e non si tratta di somme troppo piccole, perché la taglia media di un crowdfunding di tipo equity è di 459mila euro; per i prestiti peer-to-peer alle imprese si scende a 100mila euro, mentre tra i privati a meno di 10mila. Crescono anche gli investitori istituzionali in queste piattaforme: fondi pensione, mutual fund, asset management fund e banche.

Perché questa tendenza deve preoccupare i bancari? Perché l’82% dei prestiti ai privati e il 78% delle fatture scambiate, oltre al 38% dei prestiti alle imprese, sono gestiti con una selezione automatica o un’asta automatica.

La componente business raccoglie quindi la metà dei volumi e cresce del 167% da un anno all’altro. Sono 9.400 le startup e le piccole e medie imprese che vi hanno fatto ricorso in Europa

Tutto bene, quindi? No, perché i rischi percepiti non mancano. Quattro piattaforme intervistate su dieci vedono come alto o molto alto il rischio di un incremento dei tassi di default (per i prestiti) e di fallimento delle imprese (per gli equity-based crowdfunding). La stessa percentuale vede alti o altissimi i rischi di frodi. In Italia ancora più di questi rischi si percepiscono quelli legati al cybercrime e al cambiamento delle regole a livello europeo. Eppure nel nostro Paese si contano attualmente più imprenditori soddisfatti della regolamentazione nazionale (37%) rispetto a quelli che la vedono come troppo restrittiva, che si fermano a uno su cinque.

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