Popolare di Vicenza – Veneto Banca: cronaca di un matrimonio ad alto rischio

Da Vicenza la caldeggiano, a Montebelluna sono più freddi e fanno bene a esserlo. Le due banche assieme rischiano di sommare le loro debolezze. Tra posti di lavoro a rischio e imprese con la spada di Damocle del recupero dei crediti in sofferenza, potrebbe essere un colpo terribile per il Veneto

La fusione Veneto Banca – Banca Popolare di Vicenza, caldeggiata da Gianni Mion presidente della seconda e raffreddata da Beniamino Anselmi, che preside Montebelluna, non è faccenda di banche solamente (sul Mattino di Padova ha detto: «Prima di parlare di fidanzamento e poi di matrimonio, magari sarebbe il caso di chiedere il parere dell’interessato. Che vuole che le dica, queste dichiarazioni mi sorprendono un po’»).

La fattibilità dell’operazione non è scontata: Bpvi ha 433 milioni di euro di avanzo di capitale primario, con un Cet1 a 10,75%, Veneto Banca non è messa meglio il cet1 era 10,74% alla semestrale 2016, il minimo richiesto è 10,25%. Entrambe, poi, hanno sofferenze da cedere, un cost income ratio sopra al 90% e pare strano che si uniscano senza aver bisogno di altro capitale. Tutto è possibile, ma fino a un certo punto.

Mion in sintesi afferma che sia meglio avere una banca in piedi che due a terra. Ma ammette – lo fa su Il Giornale di Vicenza di domenica 25 settembre – che questo deal non è cosa che vorrebbe l’azionista. E non stupisce, visto che tra i sottoscrittori del fondo gestito da Quaestio Sgr ci sono Intesa Sanpaolo e UniCredit. Che, va ricordato, hanno messo 1 miliardo per ciascuno e che non si capisce che interesse potrebbero avere nel benedire una fusione che faccia nascere un soggetto nuovo e ripulito in un territorio in cui hanno quote di mercato molto elevate.

Ma questa è faccenda che meriterebbe ulteriori approfondimenti. La questione principale che sta dietro alla ipotetica fusione tra le due è che in essa risiede l’intero destino di un territorio. Iperboli? Veneto Banca e Popolare di Vicenza hanno due problemi essenziali. Il primo: insieme fanno 8,5 miliardi di sofferenze. Il cda di Bpvi di lunedì 26 settembre ha confermato l’intenzione di cederle nel 2017. Nello stesso cda sarebbe stato confermato che gli esuberi saranno circa mille, forse di più.

C’è qualcuno che ha una vaghissima idea di che cosa succederebbe una volta che le due venete avranno ceduto – perché le devono cedere se ambiscono a vivere – questa montagna di crediti cattivi? Accadrebbe (accadrà) che chiunque li compri, lasciamo stare a che prezzo, vorrà recuperarli.

La questione principale che sta dietro alla ipotetica fusione tra le due è che in essa risiede l’intero destino di un territorio.

Bizzarro che nessuno ne parli. Allucinante che nessuno, sul territorio, si stia facendo mezza domanda su questo. Anche perché i debitori di questi crediti sono per tre quarti aziende artigiane e commercianti. Il famoso tessuto economico Veneto, che non è solo un’entità evanescente buona per le statistiche e i numeri. Sono attività economiche, famiglie produttrici, posti di lavoro.

Lo spieghiamo meglio. Se un’azienda non paga la bolletta della luce dopo un certo numero di solleciti si stacca la corrente. Per le banche è uguale: prestano i soldi e sono un’infrastruttura per poter far andare avanti l’economia. Non paghi? Anche loro staccano la luce. Il fatto è che i non performing loan – quelle che noi chiamiamo sofferenze – sono già l’inferno dei crediti, per cui i margini di negoziazione sono minimi e i tempi di rientro molto ristretti. Non c’è respiro e quindi molte di queste imprese saranno costrette alla svendita o all’amministrazione straordinaria. Non esattamente il migliore degli orizzonti.

La fusione potrebbe aiutarle? Parliamone: Popolare di Vicenza e Veneto Banca hanno praticamente lo stesso rapporto cost/income, più o meno al 90%. Cosa significa? Che per fare banca spendono di più di quello che guadagnano. Sono tecnicamente degli stargate, pozzi senza fondo. Per fare la loro attività caratteristica hanno dei costi, filiali e dipendenti, che disintegrano quasi di più di quello che producono. Ergo sono sovradimensionate e serve un piano esuberi. Francesco Iorio lo ha già detto a inizio mese, che «i 500 esuberi stimati per Vicenza non sono sufficienti».

Popolare di Vicenza e Venetobanca hanno praticamente lo stesso rapporto cost/income, più o meno al 90%. Cosa significa? Che per fare banca spendono di più di quello che guadagnano. Sono tecnicamente degli stargate, pozzi senza fondo

Se poi si fa una fusione altro che 500 esuberi. Che se ne fa, del resto, una banca con un cost/income al di sopra del 90% di più o meno 981 sportelli, due direzioni e 10mila e 600 dipendenti? Una banca che ha impieghi che scendono mediamente del 17%? Una banca che avrebbe 8,5 miliardi di sofferenze lorde, 4,6 miliardi coperte al 61%, il resto al 52%? Parliamone: Mps ha 22 miliardi di sofferenze, coperte al 61% e un cost/income al 54,5%. E sono mesi che al Tesoro si spaccano la testa per trovare una soluzione. E Atlante che dentro a Veneto Banca e Bpvi ci ha messo 2,5 miliardi perché mai dovrebbe voler creare un tale Leviatano? Non si sa.

Bob Diamond ex-Barclays e oggi a capo di Atlas (uno dei quattro fondi che avrebbe fatto l’offerta per rilevare una fetta delle due banche) ha dichiarato a Bloomberg la settimana scorsa che sono interessati alle banche europee piccole, anche italiane. Ha detto che hanno già firmato un pre-accordo che però non è ancora concluso. Per Vicenza e Montebelluna, messe assieme, si era parlato di un’offerta da 1 miliardo di euro. Troppo poco con quello che ci ha messo Atlante. E il capitale in eccedenza per Bv e Bpvi è poco: bisogna rifinanziare il fondo esuberi, coprire le sofferenze.

Forse a qualcuno converrebbe ragionare su un fatto: quando hai perso tanto con due sole mani andate male, forse conviene prendersi le fiches, alzarsi e andare a trovare un altro tavolo dove giocare. Tutto ciò con una certezza: Mion e Iorio hanno ragione, il cost/income va portato alla metà. Quindi, dalla fusione tra Vicenza e Montebelluna – se mai sarà – di due banche che sono bisogna riuscire a farne uscire una sola. Viva possibilmente.

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