Ci fu un tempo in cui il Giappone odiava la Disney. Meglio: considerava Topolino espressione del male imperialista (che poi, a pensarci, è la verità). Nemico da combattere, invasore da respingere, minaccia da sventare. A ripensarci ora, viene quasi nostalgia. I giapponesi erano così convinti che, addirittura, fecero anche un cartone animato anti-Mickey Mouse. Era il 1934 (ma il film è ambientato, chissà perché, nel 1936) e Pearl Harbor era poco distante nel futuro, ma i due Paesi già non si volevano molto bene.
Nel cartone animato (dal titolo molto lungo: Ehon senkya-hyakusanja-rokunen), realizzato da Komatsuzawa Hajime, si vede un’isoletta di simpatici gattini che viene messa sotto attacco da un esercito di Topolin. Tanti Mickey Mouse che arrivano armati di mazze e assistiti da coccodrilli e serpenti pronti alla conquista.
Come si difendono i poveri gattini? Chiamando in loro aiuto gli eroi della tradizione popolare giapponese: Momotaro e Kintaro, ad esempio, e poi Issun-boshi e Benkei, il monaco guerriero. La battaglia è all’ultimo sangue e, alla fine, trionfa il bene. Cioè, il Giappone.
Il sottotesto anti-colonialista (“la nostra tradizione culturale è più antica e più interessante della vostra, maledetti yankee”) è chiaro. Lo sforzo nazionalista evidente. Ma purtroppo la storia è andata in una maniera diversa: il Giappone e gli Usa si sono scontrati davvero, gli Usa hanno vinto (con tanto di bombe atomiche), il Giappone ha perso. E Topolino è sbarcato, in trionfo, sull’arcipelago.