C’è un punto chiave emerso dall’Npl Meeting di Venezia, organizzato da Banca Ifis e dedicato al problema delle sofferenze bancarie. Un punto quasi sbalorditivo: nonostante si parli da anni di crisi del nostro sistema bancario, i nostri istituti di credito ancora oggi, anno 2016 non hanno trovato il modo, il tempo, le risorse, per sistematizzare i propri crediti. Si ritrovano con file scarni o faldoni di carta nei sotterranei. Il risultato? Un prezzo che viene tagliato in maniera brutale. Gran parte della discesa vertiginosa dei titoli azionari delle banche deriva proprio dal taglio del valore negli Npl che fu assegnato alle quattro banche popolari del Centro Italia (Etruria, Marche, Ferrara, Chieti) lo scorso novembre, quando furono messe in risoluzione. Nessun investitore ha più creduto che il valore a cui le sofferenze sono state accantonate nei bilanci delle varie banche fosse realistico: il 35-40% (lo ricorda Fabio Bolognini su Linkerblog), contro il misero 22% delle quattro popolari – ed era pure una rettifica al rialzo rispetto al 17 e rotti suggerito o imposto dalla Direzione generale Concorrenza della Commissione europea, come ha ricordato a Venezia Claudio Corsini, presidente della bad bank delle quattro popolari.
Eppure, un caso recente sta dimostrando che quando le ricognizioni vengono fatte e quando vengono attivate le garanzie pubbliche (Gacs) che l’Italia ha ottenuto dall’Unione europea (come contentino dopo il divieto a una bad bank di sistema), il valore sale nettamente. Alla Popolare di Bari, la prima banca in Italia a far ricorso alla Gacs, il prezzo ottenuto è stato pari al 31 per cento. Sono state smaltiti Npl da un valore lordo di 500 milioni, a un prezzo di 150 milioni (il 31%, appunto). Una percentuale che non è troppo distante dal 33% a cui Atlante (fondo privato ma creato su spinta pubblica e con al suo interno la Cassa Depositi e Prestiti) dovrebbe acquistare la tranche senior della cartolarizzazione delle sofferenze di Monte dei Paschi di Siena.
Come si è arrivati, dunque, al 31% di Bari? Lo abbiamo chiesto a Riccardo Serrini, amministratore delegato di Prelios Credit Servicing, la società che per la Popolare di Bari ha svolto il compito di fare una ricognizione e classificazione dei crediti deteriorati. Il lavoro è durato nove mesi e si è concluso in agosto, tre mesi dopo le prime previsioni. La risposta è duplice: in primo luogo il valore è derivato dal fatto che, dei 150 milioni di euro di valore recuperabile dei crediti, l’84,5% è formato dalla tranche “senior”. Ossia da titoli classificati come “investment grade” dalle agenzie di rating (nel caso specifico Moody’s e Dbrs). Ossia di buona qualità. In secondo luogo dalla garanzia che mette lo Stato proprio sulla tranche senior, su cui si ha un rendimento limitato: il valore dell’Euribor a tre mesi più 50 punti base, oltre all’1% del costo della garanzia da girare allo Stato.
Alla Popolare di Bari, la prima banca in Italia a far ricorso alla Gacs, il prezzo ottenuto è stato pari al 31 per cento, un valore ben lontano dal 22% a cui furono valorizzate le sofferenze delle quattro popolari messe in risoluzione lo scorso novembre
«Se vai sul mercato senza questi due passaggi il prezzo è quello delle quattro popolari, 21-22% – dice Serrini -. A Bari invece il prezzo si alza perché non hai un compratore avvoltoio che vuole il 20% di rendimento all’anno». I fondi di investimento specializzati in crediti deteriorati si finanziano al 20% circa e quella cifra devono recuperare. Gli altri investitori istituzionali, come i fondi pensioni, sono tenuti ad avere dei profili più prudenti e possono investire generalmente solo su prodotti finanziari con alto rating, come la tranche senior della Gacs. Dato che si finanziano a tassi inferiori, possono richiedere rendimenti più bassi. I fondi più aggressivi dovrebbero concentrarsi sulla tranche junior, che a Bari avrà rendimenti appunto tra il 15 e il 20 per cento.
Per questo, maggiore è la parte coperta da “investment grade”, maggiore è la possibilità di vendere a un prezzo alto. «Per avere un livello alto di advanced rating – spiega Serrini – devi avere un servicer che abbia ottime curve di recupero e che sia indipendente e vigilato da Banca d’Italia. Dev’essere un soggetto che le agenzie di rating vanno a visitare e deve avere una storia credibile». Nel caso della Popolare di Bari, aggiunge, le agenzie di rating non si sono limitate ad analizzare le posizioni correnti, ma ben 21mila posizioni chiuse negli ultimi cinque anni.
Nell’Npl Meeting, come ricordato anche da Giovanni Bossi di Banca Ifis a Linkiesta, gli investitori si sono mostrati ancora molto attendisti. Ciononostante, l’ad di Prelios Credit Servicing è convinto che siamo di fronte a una svolta: «Il mondo bancario visti i risultati di Bari sta andando nella direzione di andare verso una operazione pubblica – commenta -. Oggi chi non fa una Gacs distrugge il valore della banca». A fare ricorso a una Gacs stanno pensando sia Carige sia Unicredit. Di certo c’è quella che sarà allestita per Mps, dove il credito senior rappresenterà 6 dei 9 miliardi di valore netto dei crediti (considerando una valutazione al 33% dei 27 miliardi di valore lordo da smaltire). A Siena come master servicer è stato scelto il Credito Fondiario (Fonspa).
«Il mondo bancario visti i risultati di Bari sta andando nella direzione di andare verso una operazione pubblica. Oggi chi non fa una Gacs distrugge il valore della banca»
Una delle resistenze delle banche è la complessità delle operazioni necessarie per mettere in piedi il meccanismo della Gacs e il tempo. «Ma con l’esperienza che abbiamo accumulato, possiamo scendere da nove a tre mesi per una valutazione – dice Serrini -. Anche per una grande banca possono bastare un paio di mesi. Certo, i tempi si allungano quando ci sono tanti documenti cartacei». Mettere tutti i crediti in fila in un file non è che il primo passo, spiega l’operatore. Per determinare il prezzo di un credito con un immobile a garanzia (cosiddetto “secured”) bisogna aggiungere varie informazioni: dove si trova l’edificio, quanto tempo serve per finire lo sviluppo immobiliare, qual è lo stato di salute del mercato immobiliare della zona di vendita, chi sono i potenziali acquirenti e così via. «La gente confonde spesso il mondo degli Npl», dice l’ad di Prelios Credit Servicing. «Pensa che siano tutti uguali. Non è così. Anche nel mondo “secured” abbiamo fatto trade dal 5% all’85% del prezzo. Il prezzo dipende dal sottostante: se non conosci il sottostante, non sai se puoi venderlo bene. E l’agenzia di rating dove non ha informazioni taglia».
C’è un ultimo aspetto che Serrini vede positivamente: qualche miglioramento nella burocrazia. «L’aiuto statale con la Gacs, la semplificazione e velocizzazione delle procedure e il processo telematico sono tre basi che hanno permesso di ridurre i tempi di riscossione» commenta. Tra le procedure migliorata vengono citate la possibilità di far scendere la base d’asta in maniera più consistente dalla prima seduta; la sostituzione per giusta causa del curatore che in due anni non liquida gli attivi; il fatto che il valutatore nominato dal tribunale venga pagato in percentuale sul prezzo di vendita e e non più sul prezzo da lui stimato. Ci sono anche dei risultati tangibili: «Nel primo trimestre di quest’anno, a quel che ci dicono le banche e i servicer, è emerso che più o meno il 25% delle aste si sono concluse con la vendita. L’anno scorso era il 14% e due anni fa era l’8 per cento – spiega Serrini -. Spero che il ministero della Giustizia renda pubbliche il prima possibile queste statistiche: prima rende pubblico che c’è stato un forte miglioramento nella riduzione delle tempistiche e prima i prezzi sugli Npl saliranno».
Questa accelerazione dei tempi non significa che dall’Italia spariranno i crediti in sofferenza: finché ci saranno fallimenti i crediti deteriorati rimarranno, casomai spostati dalle banche agli investitori specializzati. C’è però da aggiungere che dal 2010 le banche stesse hanno dato sempre meno crediti alle imprese e con più cautela, e che quindi il monte delle sofferenze in prospettiva dovrebbe scendere. In tutti i casi, sarebbe una magra consolazione, dato che il credit crunch è una delle cause della ripresa sempre più infinitesimale del Pil italiano.