Quando i fratelli Kouachi facevano irruzione nella sala centrale della redazione di Charlie per assassinare i vignettisti che avevano osato pubblicare le caricature di Maometto lei era per caso in vacanza in Marocco, suo paese natale. Zineb El Rhazoui, giornalista franco-marocchina, è una delle poche superstiti della vecchia redazione del giornale satirico diretto da Riss. Ma l’essere involontariamente sopravvissuta a quella terribile sparatoria per puro caso e l’essere una giornalista araba non l’ha aiutata di certo. Non che non fosse già minacciata e osteggiata in patria. Di madre francese e padre marocchino Zineb el Rhazoui denunciava già all’epoca di vivere “in un paese dove non esiste la libertà individuale, dove non si ha il diritto a bere vino o fumare in pubblico durante il Ramadan, dove non si puo’ sposare l’uomo che si ama, dove se ti porti il ragazzo a casa, come successo a me nel 2010, ci si puo’ fare arrestare per prostituzione”.
Dal giorno dell’attentato a Charlie Hebdo la posizione della giornalista è diventata se possibile ancora più delicata. Zineb è minacciata di morte, in rete circola addirittura una mappa, con relativa geo-localizzazione, dei luoghi frequentati abitualmente e consigli su come assassinare la giornalista “apostata” ed “empia”. Suo marito, in Marocco, è costretto a cambiare lavoro ed entrare nell’anonimato perché minacciato di morte. Nonostante cio’ Zeineb continua a combattere contro l’oscurantismo, il fondamentalismo ed il fanatismo religioso e pubblica “13, Zineb raconte l’enfer du 13 novembre (Ring éditions), libro che raccoglie le testimonianze delle vittime degli attentati del 13 Novembre a Parigi. Il suo grido all’interno della comunità araba è forte, a tratti dissonante.
“Occorre condannare i testi religiosi che chiamano a commettere degli attentati”, tuona, denunciare il politically correct “che vuole che non si possa denunciare il fanatismo senza essere tacciati d’islamofobia”. Le sue dichiarazioni scatenano reazioni veementi all’interno delle comunità musulmane di Francia che per tutta risposta gli puntano il dito contro. In redazione non va meglio. Il lavoro inizia a farsi difficoltoso, la pressione aumenta e le minacce pure. Per garantire la sua sicurezza le viene assegnata una scorta di ben sei agenti. Zineb El Rhazoui diventa la giornalista più protetta di Francia. Eppure non si deve guardare solo dalle minacce jihadiste e le accuse della comunità musulmana di Francia ma anche dai colpi bassi della direzione di Charlie Hebdo.
Dopo la pubblicazione di un editoriale su Le Monde, la giornalista viene convocata d’urgenza dal giornale. Nella lettera di convocazione la sorpresa per la giornalista è totale: si parla di licenziamento per ‘condotta professionale grave’. La notizia fa il giro della rete e solleva un vespaio di polemiche. Dov’è lo spirito di Charlie Hebdo e la libertà d’espressione se si vuole licenziare e dunque censurare una giornalista minacciata della redazione?
La direzione si difende dicendo di volere semplicemente richiamarla all’ordine dato che non adempie ai suoi obblighi contrattuali in maniera soddisfacente ed evoca le sue difficoltà ad essere presente alle conferenze di redazione e a rispettare le scadenze degli articoli. Dimentica forse che su di lei pende la spada di Damocle di una minaccia di morte, il fatto che abbia un scorta imponente e che i suoi movimenti siano studiati nel dettaglio e che sia obbligata a dormire in un posto diverso ogni sera.
Charlie vuole licenziare la giornalista più minacciata di Francia continuando a paventarsi del titolo di paladino della libertà d’espressione? Con tutti i soldi ricevuti l’urgenza è davvero quella di risparmiare sul mio stipendio?
Dettagli non da poco. La reazione della giornalista non si fa attendere. Dalle colonne di Le Monde l’attacco alla direzione di Charlie Hebdo è frontale: «Sono scioccata e scandalizzata che una direzione che ha ricevuto tanto aiuto dopo gli attentati mostri così scarso sostegno ad un suo dipendente che vive sotto pressione e minacce. Charlie vuole licenziare la giornalista più minacciata di Francia continuando a paventarsi del titolo di paladino della libertà d’espressione? Con tutti i soldi ricevuti l’urgenza è davvero quella di risparmiare sul mio stipendio?»
In effetti il nodo della polemica con la giornalista sono proprio i soldi. Perché la pioggia di soldi ricevuta dopo gli attentati (donazioni da parte di mecenati, istituzioni, privati, si parla in totale di 30 milioni di euro di guadagni considerando anche l’impennata delle vendite), provoca contrasti, dissidi interni e addirittura la denuncia, neanche troppo velata, di “pratiche poco trasparenti” da parte della direzione.
Nel Marzo del 2015, soltanto due mesi dopo gli attentati, Zineb El Rhazoui è nella fronda di giornalisti in lotta che chiedono alla direzione una rifondazione dell’assetto societario del giornale attraverso la ripartizione “egualitaria” delle azioni tra tutti i dipendenti del giornale. Troppi soldi in mano a pochissimi mentre i giornalisti sono mal pagati. Ma la direzione rifiuta qualsiasi dialogo coi giornalisti frondisti anzi comincia a far pressione su di loro perché rinuncino alle proprie pretese o cambino aria. Charlie Hebdo è tenuto per il 40% dai genitori di Charb, per il 40% dal direttore Riss e per il 20% dal direttore finanziario Eric Portheault. Su Le Monde il collettivo di giornalisti denuncia non solo salari inadeguati ma anche “pratiche opache” da parte della direzione. Nella redazione del giornale simbolo della libertà di espressione aleggiano paurosi i fantasmi delle epurazioni e della censura.
E’ la stessa giornalista, in un’intervista a Paris Match, a raccontare il suo calvario all’’interno della redazione dove viene pian piano messa in un angolo. “Hanno cercato di licenziarmi per grave condotta professionale. Io ero in lotta, con altri giornalisti, per mettere in piedi un azionariato salariale affinché qualcuno non si arricchisse sul sangue dei nostri colleghi assassinati. Ma questi soldi sono stati considerati come una sorta di ritorno d’investimento”. Ritorno d’investimento? In realtà alla direzione del giornale fa gola il tesoretto accumulato dopo gli attentati e non si sogna nemmeno di condividerlo con chi il giornale invece lo fa andare avanti tutti i giorni. L’accusa di Zineb è diretta in particolare al direttore Riss. “Siamo un giornale in cui l’azionista di maggioranza, Riss, redige gli editoriali. E’ un problema. Tutte le nostre speranze sono state disattese. Penso che lascero’ presto il giornale”.
Detto fatto. Dopo un anno e mezzo Zineb getta la spugna. « La motivazione non è più la stessa” dice la giornalista ad una radio francese” il giornale non è più lo stesso. Non ci sono più i divertenti disegni di Charb, le discussioni infiammate. Charlie oggi è sotto stessa osservazione poliziesca, in preda ad un soffocamento artistico ed editoriale ». Parole forti che scatenano la reazione del direttore Riss ma che non cambiano la realtà delle cose. Dopo le dimissioni del disegnatore Luz e del cronista Patrick Pelloux arrivano anche quelle di Zineb El Rhazoui. Tutti e tre avevano firmato il famoso editoriale su Le Monde per richiedere l’azionariato di redazione. E tutti e tre sono stati, volenti o nolenti, messi alla porta.