Fottitene Bob, ignora il Nobel e goditi l’eternità

A 4 giorni dall'annuncio dell'assegnazione del Premio Nobel per la Letteratura al musicista americano Bob Dylan, il comitato svedese non è ancora riuscito a contattarlo. Li sta ignorando, ed è ancora meglio di un rifiuto, perché il Nobel non si merita Bob Dylan

Sono passati 4 giorni dall’annuncio dell’attribuzione del discusso Premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan, ma la notizia vera è un’altra: per ora il musicista americano non ha ancora risposto alle chiamate dell’Accademia di Svezia. Stando a quanto ha detto il portavoce dell’Accademia, Odd Zschiedrich, il comitato è riuscito a contattare soltanto l’agente, non lui. E Bob, in quattro giorni, non ha ancora richiamato.

In realtà, dicono i ben informati, non ha realmente fatto finta di niente. La sera stessa dell’assegnazione, infatti, durante un concerto a Las Vegas, gli stessi ben informati dicono che, pur non avendo fatto alcuna menzione né del premio, né della letteratura, né della Svezia, in realtà un segnale l’ha dato, ma a suo modo, suonando come ultima canzone prima di congedarsi una cover di Frank Sinatra contenuta nel suo ultimo album. Il titolo già dice tutto: Why you try to change me now. Che tradotto in italiano potrebbe suonare come: guardate un po’ qua, questa è la vastità del cazzo che me ne frega del vostro premio.

Qualcuno già parla di un rifiuto in arrivo — alla stesura di questo articolo, il silenzio permane — ma qui la storia è leggermente diversa, ed è molto più bella. Già altri hanno rifiutato, infatti. Due, in particolare, e per motivi molto diversi tra loro. Il primo, il francese Jean Paul Sartre, lo rifiutò con alterigia, adducendo come motivazione il fatto che i premi si danno ai morti e non ai vivi. Il secondo fu Boris Pasternak, un russo che, poverino, l’avrebbe accettato più che volentieri il premio, e anche il malloppo, solo che il suo Dottor Zivago, che venne pubblicato per la prima volta in Italia in maniera molto rocambolesca, non piaceva per niente a mamma Urss.

Qui la storia è, per ora tutta diversa, e parla di un uomo, Robert Allen Zimmerman aka Bob Dylan, che, di fronte a quello che per tutta l’umanità è il premio più grande di tutti, quello che tutti sognano di vincere, quello che ha fatto commuovere matematici, medici, economisti, fisici e letterati di tutto il mondo, sta facendo finta di niente. Un po’ come la ragazza più bella della vostra classe del liceo davanti al vostro bigliettino sfigatissimo in cui le chiedevate di uscire.

Né uno sguardo, né una parola. Un gesto memorabile che metterebbe a sedere il gran rifiuto di Sartre e lo archivia tra le bambinate e le poverate. Anche perché, dicono i soliti ben informati, Sartre si curò di rifiutare a gran voce, ma poi sussurrò alle orecchie dell’Accademia chiedendo se poteva portarsi a casa il malloppo, che oggi ammonta a circa un milioncino d’euro. Se Jean Paul fece la figura del parvenu, qui Bob sta facendo la figura del Dio. Con la maiuscola.

La grandezza di Bob Dylan è proprio questa: è l’unico al mondo che può fare un gesto del genere, dimostrando che non era lui a non meritare il Nobel, come dicono in tanti, ma che è il Nobel a non meritare Bob Dylan. D’altronde, lo ha detto anche Leonard Cohen, premiare Bob è come dare una medaglia al monte Everest per essere il monte più alto. Non ce n’era bisogno.

Sì, perché Bob Dylan e il premio Nobel sono due entità incommensurabili tra di loro. È come se il Vaticano facesse santo Dio. Non si può. Non ha senso. Perché Bob Dylan è migliaia di volte superiore a un premio per scrittori voluto come ultimo desiderio prima di morire da un uomo, Alfred Nobel, arricchito dall’invenzione della dinamite per sciacquarsi la coscienza.

Quindi, Bob, continua così, fottitene. A te costa soltanto continuare a essere fedele a te stesso — ovvero continuare a fare il sociopatico — ma ai nostri occhi con il tuo gesto sancirai finalmente la supremazia dell’Arte sulla contingenza.

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club