Cosa si potrebbe costruire nel deserto vicino al Cairo, a pochi chilometri dalle piramidi, a un passo dalle raffinerie di petrolio del Paese, che possa attirare turisti? Un parco giochi a tema. E chi se ne occupa? I cinesi. E cosa avrebbe come tema? Hello Kitty, più altri idoli occidentali.
C’è molta confusione, sotto il cielo egiziano. Il mix tra pop occidentale, Cina ed Egitto mette tutti in difficoltà. Non si capisce se si tratta di un’idea intelligente o di una boiata. È un dilemma che capita spesso, ma mai è appropriato come in questo caso.
Ma c’è una spiegazione a tutto. La Cina, attraverso la Egypt-TEDA, una società di costruzioni, ha voluto creare il parco a tema pensando alle famiglie, e ai loro figli in particolare, che lavorano nella SETCZ, cioè la Suez Economic and Trade Cooperation Zone. Per chi non lo sapesse, si tratta di una sorta di enclave economica cinese sul territorio egiziano, un enorme progetto che permette a Pechino di installare, dal 2012 a oggi, circa 38 imprese (di cui due di costruzioni), per un totale di 357,6 milioni di dollari e un migliaio di posti di lavoro. Il grimaldello cinese nell’Africa del nord, però, ha un problema: si trova nel deserto e i lavoratori, alla lunga, si annoiano.
Il parco è un modo per distrarsi. È composto di quattro sezioni, tutte grandi più o meno come un campo di calcio: c’è il Dinosaur Park, in cui i bambini possono pilotare dinosauri robotici in un’ambientazione da giurassico; c’è Water World, dove le donne (non proprio in costume) possono prendere il sole e divertirsi nelle cascate artificiali; c’è il “quartiere Lego”, c’è un viaggio intorno al mondo.
È un’operazione bizzarra, senza dubbio. Mescola propaganda cinese, abilità imprenditoriale, il gusto kitsch dei parchi a tema e la pruderie musulmana. Insomma, il peggio delle civiltà contemporanee riunito in un luogo solo.