Un taglio del 50 per cento. Una sforbiciata secca sugli stipendi di deputati e senatori. Dopo alcuni mesi di attesa, lunedì prossimo la proposta di legge che rischia di alleggerire le buste paga dei parlamentari italiani arriverà all’esame dell’aula di Montecitorio. La calendarizzazione era prevista già la scorsa estate, poi alcuni ritardi hanno costretto allo slittamento. E dire che l’argomento non è nuovo. Dall’inizio della legislatura sono diverse le proposte in materia, depositate da parlamentari di tutti gli schieramenti.
La relatrice del provvedimento è la grillina Roberta Lombardi, che in questi giorni ha presentato un testo unificato in commissione Affari costituzionali. Dopo la presentazione e il voto degli emendamenti, circa un centinaio, dalla prossima settimana la discussione si sposterà in Assemblea. In caso di approvazione come cambierà il trattamento economico dei nostri rappresentanti? La novità riguarda in particolare l’indennità percepita dai parlamentari. Il testo, che modifica la legge 1261 del 1965, fissa l’ammontare dell’assegno a 5mila euro mensili per dodici mensilità. Cifra «al lordo delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali e assistenziali». Di fatto è la metà rispetto all’attuale trattamento: oggi a Montecitorio l’importo lordo per ciascun deputato raggiunge i 10.435,00 euro.
«Per noi – racconta la deputata Roberta Lombardi – i punti imprescindibili restano due. La riduzione dell’indennità per i parlamentari e la massima trasparenza per quanto riguarda i rimborsi. Ogni spesa deve essere documentata»
Non solo. La proposta della Cinque Stelle Lombardi azzera le indennità aggiuntive previste «per lo svolgimento di altri incarichi interni». In pratica, in caso di approvazione, saranno cancellati gli aumenti attribuiti a presidenti e vicepresidenti delle commissioni, ma anche ai membri degli uffici di Presidenza. Altre novità riguardano i rimborsi. Il provvedimento conferma l’entità della diaria, fissando un tetto massimo di 3.500 euro mensili per le spese di soggiorno e viaggio (che andranno documentate scontrini alla mano). Tuttavia i parlamentari che risiedono nel comune di Roma non potranno chiedere alcun rimborso per le spese di alloggio. Confermato anche il rimborso di 3.690 euro mensili per coprire le spese sostenute per l’esercizio del mandato rappresentativo. Ma anche questa voce dovrà essere totalmente documentata (oggi deve essere attestato solo il 50 per cento delle spese).
Il dibattito è aperto, per ottenere il via libera i partiti devono trovare un difficile accordo. «Per noi – racconta la deputata Lombardi – i punti imprescindibili restano due. La riduzione dell’indennità e la massima trasparenza per quanto riguarda i rimborsi. Questo è uno dei punti cardine della proposta di legge». Se ne occupa l’articolo 6 del testo. Prevedendo per ogni parlamentare l’obbligo di pubblicare in Rete, ad esempio, il numero dei giorni di presenza in assemblea e in commissione per cui si è usufruito di un rimborso per le spese di viaggio. Ma online dovrà finire anche tutta la rendicontazione delle spese rimborsate dal Parlamento.
Secondo le stime dei Cinque stelle, i nuovi stipendi di deputati e senatori potrebbero portare ogni anno a un risparmio di circa 60 milioni di euro. Una cifra persino maggiore, spiegano, rispetto alla riduzione dei costi prevista dalla riforma costituzionale. «Che ammonta a 57,7 milioni di euro, come ha scritto nella sua nota la Ragioneria generale dello Stato»
Il provvedimento all’esame della Camera ricalca in gran parte la proposta di legge depositata dai Cinque Stelle due anni fa. Non è l’unica, però. In questi anni numerosi parlamentari hanno presentato diverse ipotesi di sforbiciata. In commissione Affari costituzionali sono state esaminate cinque diverse iniziative. Ognuna con la sua idea. Per limitare l’indennità parlamentare, ad esempio, il deputato Guglielmo Vaccaro aveva proposto di equiparare la cifra all’indennità dei membri del parlamento europeo (8.213 euro lordi). L’ex deputato Paolo Vitelli proponeva di usare come parametro la retribuzione dei professori universitari. La democrat Donata Lenzi, invece, aveva preso a riferimento l’indennità di funzione spettante ai sindaci dei comuni capoluogo di regione con popolazione superiore a 250mila abitanti.
Mentre il Paese si prepara al referendum costituzionale, il tema dei costi della politica torna al centro del dibattito. Secondo le stime dei Cinque stelle, i nuovi stipendi di deputati e senatori potrebbero portare ogni anno a un risparmio di circa 60 milioni di euro. Una cifra persino maggiore, spiegano, rispetto alla riduzione dei costi prevista dalla riforma del governo. «Il presidente del Consiglio – si legge in una nota – sproloquia spesso sui presunti risparmi della riforma costituzionale che, come ha scritto nella sua nota la Ragioneria generale dello Stato, ammontano a 57,7 milioni». Insomma, a sentire i grillini si potrebbero ottenere gli stessi benefici economici anche senza abolire il Senato della Repubblica. «Visto che sbandieravano tanto il taglio dei costi della politica – concludono i deputati M5S – tanto da farne il punto centrale della riforma, li aspettiamo alla prova dei fatti: dimostrino di avere volontà politica, oltre agli slogan».