«Ma quali risparmi? Abolire il Cnel è un errore»

Il vicepresidente Gualaccini: «Altro che 20 milioni, costiamo meno della metà. I consiglieri lavorano gratis. 4,5 milioni sono per i dipendenti, che finiranno alla Corte dei Conti. È vero, il Cnel non ha funzionato, ma in Italia c’è bisogno di un luogo in rappresentanza delle parti sociali»

Sono rimasti in pochi, fedeli alla consegna. Lavorano a ranghi ridotti e a titolo gratuito, con lo sguardo rivolto al calendario. Tra poco più di un mese il voto referendario potrebbe spazzarli via. Trascorrono così le giornate degli ultimi consiglieri in carica del Cnel. Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, organo di rilievo costituzionale diventato suo malgrado simbolo delle inefficienze istituzionali. Per una volta in Italia sono tutti d’accordo. Favorevoli e contrari alla riforma del governo Renzi concordano su un aspetto: il Cnel deve essere abolito. «È vero, il compito assegnato dai padri costituenti non è stato svolto» ammette il vicepresidente Gian Paolo Gualaccini. «Ma il Paese ha ancora bisogno di questa istituzione».

Vicepresidente Gualaccini, che aria tira a Villa Lubin in questi giorni? Avete già preparato gli scatoloni?
La situazione è tutto sommato tranquilla. Siamo rimasti in 24 consiglieri su 64. Fino all’esito del referendum abbiamo deciso di continuare a svolgere le funzioni che la legge ci impone. E forse non tutti sanno che già da un po’ di tempo lo facciamo gratuitamente. La legge di stabilità 2015 ha abolito le indennità, i rimborsi e tutte le spese per le nostre attività. Ormai operiamo senza oneri per lo Stato.

Il 4 dicembre gli italiani potrebbero votare per la soppressione del Cnel. Vi sentite come gli ultimi giapponesi?
Abbiamo ricevuto un mandato e lo rispettiamo, con tutte le difficoltà del caso. Lo facciamo soprattutto per senso del dovere istituzionale.

Lei dice che ormai i consiglieri lavorano gratis. Per i sostenitori dell’abolizione, il Cnel costa allo Stato oltre 20 milioni di euro l’anno. Come è possibile?
È tutto trasparente. I bilanci del Cnel sono pubblicati sul nostro sito. Quando c’erano 120 consiglieri si arrivava a 20 milioni di euro, ma dall’inizio del 2012 l’organico si è ridotto a 64 consiglieri. E così il bilancio è nettamente diminuito, arrivando circa 12 milioni. Oggi il bilancio è di 8,7 milioni di euro. E di questi soldi, 4,5 milioni servono per i costi del personale, i dipendenti. E circa 3 milioni sono necessari per mantenere l’enorme struttura, Villa Lubin.

Queste spese non rischiano di rimanere in carico allo Stato anche in caso di abolizione? Oppure i dipendenti perderanno il lavoro?
E come fanno a essere licenziati? Sono come i dipendenti delle province, non possono essere mandati via. I nostri, ad esempio, passeranno tutti alla Corte dei Conti. E i loro costo andrà a carico di questa istituzione.

«L’attuale configurazione del Cnel non ha funzionato, bisogna prenderne atto. La legge ordinaria che disciplina il funzionamento del Cnel risale al 1986, è di trenta anni fa. È la fotografia di un’Italia che non c’è più. Ma in questi anni le parti sociali non hanno mai voluto modificarla. Oggi siamo considerati il simbolo degli enti inutili? Forse i sindacati e gli enti datoriali, che di fatto hanno sempre gestito il Cnel, qualche domanda potevano farsela anche prima»

Rimarranno anche le spese per Villa Lubin, la bella sede del Cnel dentro Villa Borghese…
Beh, non credo che sarà demolita. Chiunque prenderà Villa Lubin dovrà affrontare più o meno i costi di manutenzione attuali.

Insomma, a sentire lei l’abolizione del Cnel rischia di non portare nemmeno un euro di risparmio per le casse pubbliche.
Onestamente preferisco non addentrarmi in questa polemica.

Parliamo d’altro. Il Cnel è considerato da molti il simbolo degli enti inutili. Sia i contrari che i favorevoli alla riforma costituzionale concordano sulla necessità della vostra abolizione. Ammetterà che qualche errore è stato fatto.
Ne sono stati fatti tanti di errori. L’attuale configurazione del Cnel non ha funzionato, bisogna prenderne atto. La legge ordinaria che disciplina il funzionamento del Cnel risale al 1986, è di trenta anni fa. È la fotografia di un’Italia che non c’è più. Ma in questi anni le parti sociali non hanno mai voluto modificarla. Oggi siamo considerati il simbolo degli enti inutili? Forse i sindacati e gli enti datoriali, che di fatto hanno sempre gestito il Cnel, qualche domanda potevano farsela anche prima. E guardi che c’erano stati molti segnali che questo organismo non funzionava. Già la bicamerale D’Alema aveva proposto la nostra abolizione. E la commissione dei saggi nominata nel 2013 dal presidente Napolitano aveva confermato gli stessi dubbi. Già in quell’occasione erano state proposte due alternative: una radicale riforma o la soppressione.

Cosa non ha funzionato?
Il Cnel è un organo consultivo, doveva dare pareri e suggerimenti al Parlamento e al governo. Vuole sapere se in questi anni ha servito il compito indicato dai padri costituenti? Da vicepresidente le dico che così non è stato. Da questo punto di vista non c’è nulla di scandaloso nella sua soppressione. Eppure sono persuaso che nel nostro Paese sia ancora necessario un luogo istituzionale in rappresentanza delle parti sociali. Ovviamente diverso dall’attuale struttura del Cnel. Servono un’altra governance e un’altra mission. Devono cambiare il numero, il costo e la modalità di designazione dei suoi consiglieri.

«I bilanci del Cnel sono pubblicati sul nostro sito. Quando c’erano 120 consiglieri si arrivava a 20 milioni di euro, ma dall’inizio del 2012 l’organico si è ridotto a 64 consiglieri. E così si è scesi a circa 12 milioni. Oggi il bilancio è di 8,7 milioni di euro. E di questo denaro, 4,5 milioni servono per i costi del personale, i dipendenti. E circa 3 milioni sono necessari per mantenere l’enorme struttura, Villa Lubin»

Altrove esistono organi di questo tipo?
In più di ottanta paesi esistono i CES, comitati economici e sociali. Sono camere di rappresentanza del mondo datoriale, sindacale, no profit. Anche in Europa esiste il CESE, Comitato economico e sociale europeo.

Intanto in Italia si accende la campagna referendaria. Il premier Renzi non perde occasione per ribadire l’inutilità del Cnel. Questo non la infastidisce?
Non sono affatto infastidito. Lo ripeto, Renzi ha ragione. L’attuale struttura del Cnel non ha funzionato, lavorando all’interno lo vedo benissimo. Però sono convinto che al Paese serva ancora una camera in grado di rappresentare le formazioni sociali. E su questo non so se il presidente del Consiglio la pensa come me.

Se al referendum vincerà il No, potrà essere finalmente l’occasione per riformare il Cnel?
Assolutamente. Ma mi auguro che succederà lo stesso anche in caso di vittoria del Sì.

Insomma, nonostante tutto lei è ottimista per la nascita di un nuovo Cnel…
La mia è una battaglia ideale. Ma credo che oggi nessuno possa dire con esattezza cosa accadrà in Italia il giorno dopo il referendum, a prescindere da chi vincerà.

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