«Non solo i contrari alla schiforma di Renzi sono in vantaggio, ma continuano a crescere. E questo nonostante gli effetti speciali del presidente del Consiglio, sempre più presente in televisione». Renato Brunetta ostenta esuberante ottimismo. Tra un tweet antigovernativo e un comunicato contro la riforma costituzionale, il capogruppo di Forza Italia alla Camera trova anche il tempo di partecipare all’ennesima conferenza stampa del fronte del No. Brunetta non se ne fa mancare una, raccontano. Solo ieri a Montecitorio ha presentato l’iniziativa del “comitato dei presidenzialisti per il No», insieme al collega berlusconiano Elio Vito. La settimana prima era stata la volta del comitato “Lavoratori per il No” di Renata Polverini e del sindacato Ugl.
A poco più di un mese dal referendum, nel centrodestra è tutto un fiorire di iniziative. Quasi sempre senza alcuna regia comune. Si va avanti in ordine sparso, ma con un unico obiettivo: affossare la riforma costituzionale e il governo a guida Pd. «Se dall’altra parte il premier Renzi gestisce la partita in prima persona, qui ognuno è libero di offrire il suo contributo», racconta un esponente del partito berlusconiano. «Ciascuno usa i suoi canali e parla al proprio elettorato di riferimento». Con tanti saluti a chi ironizza sull’eterogeneità del fronte del No. L’effetto finale è un po’ confusionario, forse. «Ma è un disordine ben organizzato….», scherza un altro parlamentare in Transatlantico.
«Non solo i contrari alla schiforma di Renzi sono in vantaggio, ma continuano a crescere. E questo nonostante gli effetti speciali del presidente del Consiglio, sempre più presente in televisione». Stavolta l’attivissimo Renato Brunetta ostenta ottimismo
Su un binario parallelo a quello del frenetico Brunetta (il cui comitato per il No è particolarmente frizzante anche su internet), viaggia Stefano Parisi. Il leader mai incoronato, l’ennesimo possibile successore del Cavaliere, spesso mal digerito proprio dal vecchio gruppo dirigente forzista. Metodico e allergico alle battute ad effetto, anche Parisi gioca la sua partita per il No, inanellando una serie incredibile di presenze, interviste sui giornali e apparizioni televisive scandite dal suo “Megawattour” per l’Italia. In mezzo ai due estremi, spicca per impegno sul territorio l’ex ministro Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda di Forza Italia. Ogni settimana la Gelmini è in giro per la campagna referendaria. Stasera sarà a Teramo. Sabato scorso, invece, è stata lei a organizzare a Milano una maratona di interventi a sostegno del No. Con amministratori locali e pullman organizzati di sostenitori, ha riempito il Teatro Nuovo di piazza San Babila, nella stessa piazza in cui quasi dieci anni fa Silvio Berlusconi annunciò la nascita del Pdl dal predellino della sua macchina.
Appunto, Berlusconi? Dopo qualche tentennamento visto con sospetto dagli alleati, anche l’ex premier si è schierato pubblicamente per il No. Per ora è apparso ai suoi in video confezionati ad arte: seduto, con l’abito scuro, la stessa scrivania bianca della celebre “discesa in campo”. A breve, raccontano, dovrebbe registrare qualche intervista in tv. Le ricostruzioni più maliziose sono state così messe a tacere: il sospetto era che il Cavaliere non avesse poi un grande interesse alla sconfitta di Renzi, temendo una vittoria elettorale dei Cinque Stelle. Tutte malignità, assicurano adesso dentro Forza Italia. Si vedrà poi se all’atto pratico, quando dopo il referendum ci sarà da discutere una nuova legge elettorale, Berlusconi si terrà lontano da nuovi patti del Nazareno.
E Silvio Berlusconi? Dopo qualche tentennamento visto con sospetto dagli alleati, anche l’ex premier si è schierato pubblicamente per il No. Per ora è apparso ai suoi in video confezionati ad arte. A breve, raccontano, dovrebbe registrare qualche intervista in tv
Intanto la lunga campagna referendaria può aiutare a ricomporre il centrodestra. «Proprio la battaglia per il No servirà a testare l’unità della coalizione», ha spiegato Elio Vito alla Camera. La chiave di volta è tornare a convincere il vecchio elettorato. Secondo un sondaggio Lorien che circola tra i parlamentari leghisti, a dicembre metà degli elettori del centrodestra andrà a votare No, il 30 per cento non ha deciso se recarsi alle urne, e solo il 20 per cento è intenzionato a votare Sì. Per ricompattare quest’area, è necessario rinsaldare l’intesa FI-Lega. Ci hanno provato Roberto Maroni, Giovanni Toti e Luca Zaia, i tre governatori che hanno lanciato un “comitato istituzionale” insieme ai sindaci di centrodestra per denunciare i rischi della riforma costituzionale per le autonomie locali. Ma anche stavolta manca una regia: il segretario della Lega, Matteo Salvini, continua a giocare una partita personale per accreditarsi come leader di tutto il centrodestra. E se gli andrà male al referendum (il 12 novembre inizierà il suo tour in camper da Firenze, la città di Renzi), i malumori dentro il partito potrebbero inevitabilmente venire allo scoperto.
Tra i più attivi nella partita referendaria ci sono i Fratelli d’Italia, la terza gamba del centrodestra. Nelle ultime settimane, al tavolo con Berlusconi e Salvini, la leader Giorgia Meloni ha cercato di far prevalere le ragioni dell’unità. Nel frattempo il suo capogruppo alla Camera, Fabio Rampelli, sta girando su e giù per il Paese. L’impegno di Fdi ha preso forma nel comitato “No, grazie”, di cui fanno parte tutti i sindaci e gli eletti del partito. Tra gli appuntamenti più suggestivi spicca la Renzexit: una tre giorni di dibattiti recentemente organizzata a Milano. Discorso a parte per gli ex berlusconiani illusi dal renzismo, e ora in campo per difendere le ragioni del No alla riforma. Tra questi Gaetano Quagliariello a Renato Schifani. E poi ci sono gli ex alleati dell’Udc. Il referendum, ha spaccato il partito centrista, reduce dall’illusione montiana e dal sogno del terzo polo. Il vecchio leader Pier Ferdinando Casini è attivissimo per il Sì, e con lui il ministro Gianluca Galletti e buona parte del gruppo dirigente. Ma tra i sostenitori del No si distinguono il segretario Lorenzo Cesa e il suo vice Antonio De Poli. Implosioni referendarie, in attesa dei nuovi equilibri politici.