Dopo la liberazione di Aleppo, tutti i segnali provenienti dal campo di battaglia siriano rendono evidente che il prossimo passo nella guerra contro lo Stato Islamico sarà in direzione di Mosul. Ma le forze della coalizione devono prepararsi ad un radicale cambio di strategia da parte dello Stato Islamico.
Fino ad ora il Califfato si è distinto dalle precedenti minacce terroristiche proprio dalla sua capacità di “farsi Stato”. Nei territori conquistati si è sostituito alle legittime istituzioni locali e regionali, ha amministrato – seppure in modo aberrante – la giustizia, è passato dalle scorribande ad una organizzata riscossione dei tributi, ha saputo gestire le risorse locali organizzando la produzione ed il commercio di idrocarburi. Questa “legalità illegale” è stata un elemento fondamentale della sua narrativa: la percezione di ISIS come Stato ha contribuito in modo decisivo ad attrarre foreign fighters dall’estero. Anche le popolazioni sottoposte al dominio di ISIS, stremate da anni di caos e di guerra fra bande, sono state spinte ad accettare il nuovo ordine costituito proprio perché garantiva stabilità e sicurezza.
Ma abbiamo già osservato che, quando i fanatici islamisti si sono trovati ad affrontare scontri di grande portata, hanno sistematicamente preferito darsi alla macchia piuttosto che affrontare uno scontro convenzionale. Questo è avvenuto nella stessa Mosul durante le decise azioni antiterroristiche americane degli anni 2004-2009. E proprio qui i terroristi sono riemersi nel 2010 appena le forze USA hanno abbandonato la città. Un comportamento analogo si è osservato in Mali nel 2013 quando i francesi hanno contrattaccato le forze terroristiche che avevano invaso Kona ed erano giunte a 8 km dalla capitale Bamako.
Anche in Libia, durante gli scontri attorno a Sirte sono falliti i principali tentativi di accerchiamento. Lo stesso comportamento si è avuto proprio nella città simbolo di Dabiq, fino a quel momento descritta dalla propaganda fondamentalista come il luogo simbolo dove si sarebbe svolta la battaglia decisiva contro “i romani” in virtù di una interpretazione coranica quantomeno azzardata.
Immersione rapida! Coloro che fino a quel momento rappresentavano forze regolari di uno Stato – seppure illegittimo – si sono resi invisibili, sono tornati a casa con il loro AK-47 e sono diventati invisibili mescolandosi con la popolazione ma rimanendo pronti a riemergere appena si ripresenteranno le condizioni adatte.
L’attacco a Mosul dovrà essere solo la prima fase di una più ampia operazione di pulizia, mantenimento delle posizioni e ricostruzione delle forme statuali che devono governare i territori liberati
I media stanno dipingendo l’imminente battaglia per la riconquista di Mosul come la battaglia decisiva contro ISIS. E’ vero che sarà uno scontro importante e che già le forze irachene si stanno posizionando a Est ed a Sud della città Qayyarah e Sharqat, ma non dimentichiamo che i terroristi controllano ancora territori molto estesi fra Iraq e Siria.
Mentre ora si prepara l’attacco decisivo su Mosul, è molto probabile che lo Stato Islamico possa replicare questa strategia, deattivando e disperdendo le proprie unità militari, nascondendo armi e demilitarizzando le centinaia di mezzi fuoristrada armati che sono risultati spesso decisivi per la loro mobilità. Allo stesso tempo, rinforzeranno le loro unità clandestine ma non abbandoneranno i gangli del potere: le istituzioni militari, amministrative e finanziarie. Qui diventeranno invisibili ma rimarranno pronti a riprendere il controllo appena le forze della coalizione saranno passate altrove. E ovviamente proseguiranno la campagna terroristica convenzionale all’esterno dei propri confini.
Per questo sarà fondamentale che l’attacco sia solo la prima fase di una più ampia operazione di pulizia, mantenimento delle posizioni e ricostruzione delle forme statuali che devono governare i territori liberati. Saranno necessari anni, così come saranno necessari anni per una azione capillare volta ad individuare, stanare e catturare i singoli terroristi nei territori liberati ed al contempo isolare le aree ancora sotto controllo di ISIS tagliando i rifornimenti e le fonti di finanziamento dall’esterno.
Operazioni che risulteranno impossibili se le popolazioni rimarranno conniventi coi terroristi e offriranno loro rifugio o anche solo se si sentiranno sempre sotto la minaccia di ritorsioni e vendette da parte loro. Per questo risulterà di importanza strategica il ripristino sostanziale e non solo nominale delle legittime strutture che caratterizzano uno Stato.