Perché mai bisogna spendere poco meno di 300 euro per avere un oggetto che fa quasi le stesse cose di uno smartphone, che le fa peggio e che per funzionare al massimo delle potenzialità deve avere vicino uno smartphone stesso? Se vi siete mai posti queste domande, non siete soli. Le vendite degli smartwatch vanno malissimo. Nel terzo trimestre del 2016 si sono dimezzate, quelle degli Apple Watch sono scese del 71 per cento. Lo hanno fatto sapere qualche giorno fa gli analisti di Idc e hanno anche aggiunto che una spiegazione c’è: il lancio dell’Apple Watch 2 è arrivato solo a metà settembre e non è riuscito a far salire le vendite del trimestre. Senza nuovi modelli non si crea “hype” e soprattutto chi ha intenzione di fare l’acquisto sta in attesa. Questo spiega però solo una parte di un trend che era già pesantemente negativo nei tre mesi da aprile a giugno.
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Ci sono almeno altre due cause e The Market Mogul li ha sintetizzate efficacemente. La prima: i prezzi sono troppo alti. Sono dispositivi con circuiti molto complessi e le case produttrici per abbassare i costi di produzione dovrebbero avere una domanda molto più alta. Che però manca e questo crea un loop da “Comma 22”. La seconda: per essere attraenti dovrebbero funzionare da soli. Invece per essere utilizzati in maniera efficace devono essere accoppiati a uno smartphone: molti per esempio sfruttano la connessione Internet del telefono per accedere ai contenuti online.
Se quindi bisogna portarsi con sé il fratello maggiore, perché bisogna volere anche il piccolo smartwatch? La risposta, a guardare i risultati, è una sola: per poter fare fitness. Ha molto senso usare gli smartwatch quando si fa sport e infatti è quello il solo ambito in cui il business sta crescendo. Lo sa bene Garmin, società nota soprattutto peri i Gps, che ha creato una linea di smartwatch tarata sullo sport che l’ha portata a divenire rapidamente il secondo operatore sulla piazza. Al contrario Pebble, la marca che a suo tempo su pioniera tra gli smartwatch, ha visto precipitare le vendite e la quota di mercato proprio perché ha puntato su prodotti di lusso, rivolti a professionisti. Anche Apple, che sta sul gradino più alto del podio, ha capito la lezione: ha lanciato sia un modello in collaborazione con Nike sia una versione molto sportiva di Apple Watch 2. Il mini-negozio dedicato agli Apple Watch nella galleria Lafayette di Parigi, rivolto a un pubblico raffinato, è invece stato chiuso. Se servissero altre conferme che il mercato premi solo i prodotti sportivi, le dà la società di consulenza Euromonitor International: in un’analisi fa notare come gli smartwatch siano considerati dalle donne poco eleganti e abbiano finito, soprattutto in alcuni mercati, per essere comprati soprattutto dagli uomini. È poi significativo che i produttori di orologi svizzeri, pur in difficoltà, non indichino più gli smartwatch come responsabili della crisi ma guardino piuttosto al rallentamento in Cina seguito alle leggi anticorruzione.
C’è da concludere che si apra un grande mercato per gli smartwatch nel fitness? La prudenza è d’obbligo: prima di tutto la maggior parte delle funzioni legate alla salute (controllare i passi o la corsa, per esempio) è svolta decentemente da un semplice smartphone. E poi perchcé, se invece ci si vuole liberare del telefono, ci sono delle alternative molto più economiche degli smartwatch: i braccialetti intelligenti (smartband), che costano un centinaio di euro.
Lo spazio, d’altra parte, è molto più limitato di quello che a suo tempo ebbero smartphone e tablet. Basta guardare il grafico sulle vendite di Apple watch nei primi trimestri con quelli di iPhone e iPad ai tempi del loro lancio per rendersene conto:
Nel terzo trimestre del 2016 si sono dimezzate, quelle degli Apple Watch sono scese del 71 per cento
Rimane inoltre un problema di fondo: gli smartwatch sono difficili da spiegare in una riga. Pensiamo a Apple: in due-tre parole può evocare efficacemente i vantaggi di un iPhone, di un iPad o dei suoi computer fissi e portatili. Per gli Apple Watch la missione è più difficile. Anche il fatto di chiamarlo semplicemente “watch” indica una difficoltà a trovare un nome che lo differenzi dai prodotti della concorrenza. Apple c’era riuscita con gli iPod, con gli iPad e in parte con gli iPhone. Per gli Apple Watch la differenza di qualità rispetto agli altri non è stata comunicata altrettanto bene.