Nonostante una guerra in corso, diverse invasioni alle spalle, due-tre proxy-war attivate, sembra che gli Stati Uniti siano il Paese meno permaloso del mondo. Almeno per quanto riguarda la libertà di parola.
Lo dimostra una ricerca del Pew Research Centre: il 77% dei cittadini Usa è pronto a immolarsi, in senso metaforico, per far vera la frase dello pseudo-Voltaire, cioè far sì che gli altri possano dire cose su cui non si sia d’accordo e che anzi, possa essere offensiva. A tutti deve essere garantita la libertà di parola – sostengono – anche a chi non la pensa come l’intervistato. E che, offendendo, non fa altro che abusarne.
Il dato non stupisce: la tradizione culturale americana è fondata su questo aspetto. Ne fa uno dei punti cardine della propria identità e lo esalta ogni volta che può. Salvo poi, una volta ascoltato il parere di tutti, decidere ciascuno secondo la propria volontà.
E gli Europei? Variano. Secondo il Free Expression Index, gli americani sono al primo posto con un punteggio di 5,73. Subito sotto c’è la pacifica Polonia, con 5,66 e l’altrettanto pacifica Spagna, con 5,62. Perché mai prendersela con chi dice cose offensive? La vita è troppo breve per queste sciocchezze.
L’Italia, invece, è tollerante ma non troppo: dodicesima posizione, con 4,69 punti. Subito sotto a Francia (4,71) e Inghilterra (4,78). Molto peggio di noi però hanno fatto i tedeschi, dallo scarso senso dell’umorismo, finiti al 18esimo posto (4,34), seguiti dagli israeliani, ben 20esimi, con 4,02. Ma i peggiori sono ben altri: i russi, come era ovvio, sono 29esimi, con 3,34 punti, seguiti dai turchi, 30esimi, con 3,28 (e qualcuno si chiedeva perché litigassero). In fondo, al 36esimo posto c’è il Pakistan, con 2,78 punti e l’altrimenti mite Giordania, con 2,53 punti, che non tollera che si facciano discorsi offensivi, soprattutto in campo religioso. Infine, il Senegal: il più permaloso di tutti, meno disposto ad accettare le parole degli altri: 2,06 punti.