Il dottor Marco Ceriani è il fondatore di un’azienda decisamente interessante. Si chiama Italbugs, è incubata all’interno dell’acceleratore Alimenta del PTP Science Park di Lodi e si occupa di ricerca e sviluppo di prodotti alimentari a partire dagli insetti. Una start up, come va di moda chiamarle quando vogliamo far finta che il Paese ricominci a camminare. Eppure il termine più adatto per definire Italbugs è azienda in fuga. Sì, come i cervelli. Perché Italbugs è un’azienda che purtroppo l’Italia ce l’ha ormai solo nel nome. E pur mantenendo un avamposto di ricerca al Parco tecnologico padano di Lodi, per la parte relativa alla produzione ha dovuto scegliere la strada dell’estero. Dell’Olanda, in particolare.
A pochi mesi dalla chiusura dell’Expo a Milano, nei cui padiglioni si è spesso parlato degli insetti come di un prodotto fondamentale per l’alimentazione del futuro, il dottor Ceriani non vede nulla di buono all’orizzonte per quanto riguarda il nostro paese. Seppur il mercato sia potenzialmente enorme e riguardi soprattutto prodotti farinacei che potrebbero interessare milioni di persone — dalla prima età, perché i bambini hanno bisogno di apporti proteici elevati, alla terza e alla quarta età — i nostri legislatori sono in ritardo. Un ritardo cosmico che ci costerà con ogni probabilità l’ennesimo ruolo subalterno di consumatori dei prodotti degli altri.
«A livello europeo sta cambiando molto, se non tutto», ci racconta al telefono il dottor Ceriani, appena sbarcato dall’ultimo viaggio in Olanda. «E noi siamo l’unica realtà italiana presente in Ipis, che è l’associazione delle persone e delle aziende che lavorano nel settore degli insetti edibili, e, proprio con questa associazione stiamo lavorando con l’Europa per modificare la legge».
Modificare in che direzione?
Modificare vuol dire togliere gli insetti dalla normativa cosiddetta del Novel Food e inserirli nella normativa standard.
Perché?
Nel 2017 l’Europa accoglierà gli insetti come cibo per animali. Il primo step sarà relativo all’acquacultura, poi verranno introdotti nell’alimentazione di altri animali, che sono i polli e i suini, non i bovini, per la cui alimentazione sono vietati all’interno della normativa relativa ai casi di mucca pazza.
Poi che accadrà?
Il successivo step sarà nel 2018, quando l’Europa aprirà alla libera circolazione di alimenti ad uso umano prodotti non a base di insetti. Attenzione, non insetti generici, ma a base di una serie selezionata di dieci tipi di insetti, che sono quelli che il legislatore belga ha proposto nel 2011 all’Unione Europea e che sono stati portati a Expo.
Come è messa l’Italia?
L’Italia? Malissimo. Se non mette in cantiere qualche legge e non si aggiorna sarà costretta ad accettare la normativa europea e quindi, sostanzialmente, a partire dal 2018 saremo costretti ad importare questo genere di prodotti a base di insetti, perché non potremo produrli. C’è già una grossa catena francese che è in Italia, e che in Francia li vende già dove è consentito. Il destino, quindi, se non cambierà nulla, è che perderemo un mercato e saremo clienti di aziende estere. È per questo, tra l’altro, che Italbugs, a dispetto del nome si è trasferita e apre la produzione in Olanda.
Siete un’azienda in fuga?
In realtà siamo un’azienda che avrebbe voluto mantenere l’identità italiana, ma che visto che non può lavorare in Italia ha dovuto spostarsi. Comunque sì, a livello di etichetta direi che purtroppo siamo un’azienda in fuga. Io sono tornato proprio stamattina dall’Olanda. Ieri ero all’università di Wageningen, un’eccellenza al mondo nel settore agroalimentare, a parlare davanti a una platea che quando gli ho detto che in Italia non possiamo dare da mangiare gli insetti ai pesci ha letteralmente sgranato gli occhi e mi guardavano come se venissi dal quarto mondo.
L’Italia è messa malissimo. Se non mette in cantiere qualche legge e non si aggiorna sarà costretta ad accettare la normativa europea e quindi, sostanzialmente, a partire dal 2018 saremo costretti ad importare questo genere di prodotti a base di insetti, perché non potremo produrli.
La cultura alimentare italiana e mediterranea contano qualcosa su questo ritardo?
No, non direi. Anche perché siamo ben consci del fatto che noi italiani abbiamo una cultura del cibo importante, non vogliamo certo ribaltarla. Non ci proponiamo di mettere gli insetti in bocca alla gente. Non vogliamo replicare il modello alimentare asiatico basato sull’essiccazione. Noi vogliamo avere la possibilità di produrre farine.Quindi non ci ritroveremo blatte al posto del salame piccante sulla pizza?
Assolutamente no, anche perché è un problema tecnologico, ma anche culinario. L’insetto ha un esoscheletro esterno, è un parente del gamberetto. Noi non mangiamo l’aragosta così com’è. E tra l’altro non parliamo certo di scarafaggi, ma piuttosto di grilli. Ma per capire meglio prendiamo l’esempio di un piatto come l’hamburger, che ormai è un contenitore, e infatti ci sono hamburger di ogni tipo, di farina di ceci, di alghe e chiaramente è possibile anche a base di farine di insetti. Vendono già in Europa delle crocchette, degli hamburger e delle salsicce a base di questo tipo di farina.In quanto possiamo quantificare il danno per il nostro paese se resterà indietro a livello legislativo?
Sarà un grosso danno per il paese. Perché a livello di agrofood il modello del bovino è in declino, inquina molto, costa tanto e produce poco a livello proteico. Tra qualche anno le bistecche saranno un prodotto di extra lusso e ci toccherà trovare alternative. Sia dal punto di vista proteico sia dal punto di vista energetico, gli insetti sono un prodotto decisamente interessante. La proteina da insetti è una cosiddetta proteina nobile, perché contiene tutti gli amminoacidi di riferimento. La proteina per eccellenza infatti non è quella bovina, né quella dei legumi, ma è l’uovo. E gli insetti a livello proteico si avvicinano molto a quello standard.Ma allora perché non mangiamo già insetti?
L’insetto è stato escluso sotto l’aspetto della filiera nutrizionale soprattutto per una questione culturale, ma in realtà è molto simile a cibi che già mangiamo. Tra l’altro, parliamo sempre di insetti come il cibo del futuro, ma sono citati nella Bibbia, ne parla Leonardo da Vinci, li mangiavano i romani, avevamo più di 200 stabilimenti di baco da seta, che sicuramente mangiavamo anche, nel Lodigiano nelle risaie mettevano i pesci e c’erano anche le rane e, quando friggevano friggevano anche le libellule. Insomma, è un discorso che si muove sull’asse Gusto-Disgusto.Come finirà?
Finirà che il consumatore non andrà a chiedere di mangiare insetti, ma si ritroverà sul piatto dei cibi a base di farine di questo tipo. Nei negozi per animali ci sono già mangimi per criceti a base di camole, che poi sono vermi, ma anche questi arrivano dall’estero perché in Italia manda la legislazione.