«Appena entrato un giornalista mi ha chiesto con notevole riprovazione: “Perché viene in questo posto?” Gli ho risposto che io vado dappertutto…». Completo grigio e cravatta a righe, i segni evidenti di un attacco influenzale, Giulio Tremonti si presenta così davanti al pubblico di CasaPound. L’ex ministro dell’Economia è venuto per presentare il suo ultimo libro “Mondus Furiosus”. Ospite del movimento politico di destra radicale, nella storica sede al quartiere Esquilino. «Quanto tempo avete?» chiede alla platea. «Io ne ho moltissimo». Alla fine parlerà per oltre due ore, rispondendo disponibile a tutte le domande. La sala conferenze all’ultimo piano è stracolma. Trovano posto un’ottantina di persone, ma molti devono rimanere fuori. Ci sono militanti, semplici curiosi, tanti giovani e non solo.
Perché Mundus Furiosus? Così si chiamava l’Europa del Cinquecento, racconta Tremonti. Un continente costretto ad assistere, subito dopo la scoperta delle Americhe, a un’impressionate serie di cambiamenti. Le nuove religioni protestanti, ad esempio. «Molto più business friendly della vecchia Chiesa romana». E ancora la veloce diffusione della stampa, il passaggio da Tolomeo a Copernico, ma anche la prima versione della Brexit. Dice proprio così l’ex titolare del Tesoro, riconoscendo un’inedita chiave contemporanea allo scisma anglicano. Ieri e oggi. «Come due secoli hanno modificato la struttura del Vecchio continente – continua Tremonti – Anche gli ultimi due decenni hanno cambiato il mondo. Mai nella storia una trasformazione tanto intensa è avvenuta in così breve tempo».
«Appena entrato un giornalista mi ha chiesto con notevole riprovazione: “Perché viene in questo posto?” Gli ho risposto che io vado dappertutto…». Completo grigio e cravatta a righe, i segni evidenti di un attacco influenzale, Giulio Tremonti si presenta così davanti al pubblico di CasaPound
Vicino all’ex titolare del Tesoro c’è Andrea Antonini, vicepresidente di CasaPound Italia. Manca invece Simone Di Stefano, volto noto del movimento, ai domiciliari «per aver difeso due famiglie italiane da un ingiusto sgombero», ricordano i militanti. Alle pareti, tutto intorno, ci sono i manifesti politici dell’organizzazione e le locandine delle ultime iniziative. Immagini di un mondo particolare e poco raccontato: Ezra Pound e Nicola Bombacci, Alba Dorata e gli indiani d’America. Durante la serata Tremonti strappa applausi e risate. Tra l’ospite e il pubblico c’è intesa. Non sarà il filosofo di riferimento di CasaPound, ma insomma, come ripetono gli organizzatori della serata, «nel suo libro sono molti i punti di contatto con la nostra visione». E forse si riferiscono al tema dell’immigrazione, quando l’ex ministro parla della possibilità di costruire nuovi muri. «Non basteranno a fermare l’acqua, ma almeno sono utili a tranquillizzare i popoli che vivono al loro interno. Può anche essere una scelta equilibrata….».
Tremonti si sofferma sui cambiamenti degli ultimi vent’anni, analizza il moderno Mundus furiosus. «Prima c’erano Stati e confini. C’era un mercato comune europeo: un’entità economica, non politica. Soprattutto, non era ancora iniziata la globalizzazione». Il datario scandisce le tappe della trasformazione. Nel 1989 il crollo del muro di Berlino, nel ’94 la firma dell’accordo di Marrakech che ha dato vita al WTO. «Un trattato non solo commerciale, ma politico. Che sovrapponeva all’antica divisione politica del mondo una nuova ideologia, il mercatismo». Fino al 2007, l’inizio della crisi. Guardando al passato Tremonti non vede alternative. La globalizzazione non poteva essere fermata. Semmai il processo poteva avvenire in tempi più lunghi. «Quando proposi di introdurre dei dazi, era proprio per difendere le imprese e i lavoratori europei – racconta – Serviva per comprare il tempo necessario».
Ospite di CasaPound, Tremonti parla del suo Mundus Furiosus: «Come nel Cinquecento due secoli hanno modificato la struttura del Vecchio continente, anche gli ultimi due decenni hanno cambiato il mondo. Mai nella storia una trasformazione tanto intensa è avvenuta in così breve tempo»
La riflessione dell’ex ministro non è rivolta al passato. Davanti alla platea di CasaPound ragiona sui cinque fronti attuali. Le migrazioni – «i fantasmi di un passato che pensavamo trascorso per sempre» – e la degenerazione della finanza. E poi la rivoluzione digitale, «il computer che prende il posto delle persone». Ma anche il nuovo colonialismo e la crisi generale dell’Europa. Soprattutto, Tremonti critica le incapacità e le promesse tradite di questa Europa. E per il futuro delinea uno scenario. Non la riproposizione di questa Unione, né il ritorno ai vecchi stati-nazione. Piuttosto la nascita di una confederazione. «Un’Europa che unisce e identifica l’essenziale, la difesa e l’intelligence, e lascia il resto alle sovranità nazionali».
Sullo sfondo c’è il nuovo ruolo dei popoli, «che stanno tornando sulla scena della storia». Tutto avviene in maniera democratica: «I popoli votano, almeno per ora non si ribellano». E sono voti che non piacciono alle élite. La Brexit è un chiaro esempio: «Il Regno Unito era entrato nella comunità europea con un referendum e ne è uscito con un altro referendum». Sottile, ironico, Tremonti va spesso controcorrente. Come quando parla delle elezioni americane. Se alla Casa Bianca andrà Hillary Clinton «non vedo grandi cambiamenti» sorride. «Ma non credo che la vittoria dell’altro (così chiama Donald Trump, ndr) sia portatrice di particolari rischi». Semmai la chiave di lettura delle presidenziali Usa è un’altra. «Se ci avete fatto caso – rivela a fine serata – i candidati sono tutti vecchissimi. Vuol dire che è stata rottamata la filosofia dei giovani». Chissà se Matteo Renzi se n’è accorto.