Abbecedario ragionato del referendum. Dalla C di Cnel alla S di Scrofa ferita

Il Bicameralismo perfetto e la riduzione dei parlamentari. Il nuovo governo tecnico e le possibili conseguenze finanziarie in caso di vittoria del No. Un piccolo vademecum per sapere tutto quello che serve sul referendum del 4 dicembre. Dalla A di accozzaglia alla Z di Zagrebelsky

A) ACCOZZAGLIA – È il termine utilizzato pochi giorni fa dal premier Matteo Renzi per definire il composito fronte del No. «In questo referendum c’è un’accozzaglia di tutti contro una sola persona. Senza una proposta alternativa. Ci è riuscito un gioco di coppie fantastico: abbiamo messo insieme Berlusconi e Travaglio, si amavano a loro insaputa. D’Alema e Grillo: uno che sostiene la politica e uno l’antipolitica. Vendola e La Russa. È bellissimo. Siamo meglio di Maria De Filippi». Immancabili le polemiche, che dopo un giorno hanno costretto il premier alle scuse.

B) BOSCHI, Maria Elena – È la ministra delle Riforme. La madrina del disegno di legge che modifica la Costituzione ed è sottoposto a referendum. Un tempo protagonista indiscussa della partita, negli ultimi mesi è sembrata un po’ in disparte. Si dice che qualcosa si sia incrinato nel rapporto con il presidente del Consiglio. Ospite di alcuni dibattiti televisivi, presente in alcune discusse tournée internazionali – dal Sudamerica alla Svizzera – dove ha incontrato le comunità italiane invitandole al voto. L’esito del referendum mette in discussione soprattutto la sua carriera politica, oltre a quella del premier Renzi.

C) CNEL – È il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, abolito dalla riforma costituzionale. È un piccolo miracolo. Salvo pochissime voci contrarie, questo è l’unico cambiamento che mette tutti d’accordo. Favorevoli e contrari alla riforma sono uniti nel sostenere la cancellazione dell’istituzione di Villa Lubin. Anni fa c’erano 120 consiglieri, oggi ne sono rimasti in 24. Dopo i pesanti tagli dell’ultima legge di Stabilità, il bilancio del Cnel si è ridotto a 8,7 milioni. Più della metà serve per i dipendenti, che in caso di abolizione passeranno alle dipendenza della Corte dei Conti.

D) DIMISSIONI (di Renzi) – È questa la grande posta in gioco del referendum. Mesi fa il presidente del Consiglio è stato chiaro: in caso di sconfitta si farà da parte. Le critiche di chi lo ha accusato di voler eccessivamente personalizzare la partita lo hanno costretto a una parziale retromarcia. Da tempo le dimissioni non sono più, ufficialmente, sul tavolo. Nelle occasioni pubbliche il premier evita di parlarne. Eppure pochi giorni fa ha confermato le intenzioni orginarie: «Non sarò della partita nel caso in cui le cose vadano male, dico no agli inciuci».

E) EURO – Se al referendum vince il No, l’Italia uscirà dalla moneta unica. Le previsioni sono del Financial Times, il principale quotidiano economico britannico che evidentemente non si preoccupa di abbassare le tensioni in vista del voto. C’è da dire che altri osservatori internazionali, dal Wall Street Journal a Bloomberg, guardano al voto italiano con molta meno preoccupazione. In ogni caso la reazione dei mercati internazionali rispetto all’esito del voto resta uno dei temi al centro della campagna referendaria.

F) FASE ZEN – È quella che sta vivendo il premier Matteo Renzi. Lo ha assicurato lui stesso, in una recente apparizione televisiva. «Sono molto tranquillo» ha spiegato al suo interlocutore Peter Gomez, direttore del fattoquotidiano.it durante la trasmissione Otto e Mezzo su La7. «Dopo mille giorni (a Palazzo Chigi, ndr) sono nella fase zen. Ma a dirle che lei è un maleducato ci metto 32 nanosecondi. La prego, sia cortese e mi faccia finire di rispondere». Rassicurazioni a parte, è evidente che nelle ultime settimane i toni della campagna referendaria si siano alzati oltremisura. E tra i protagonisti più nervosi c’è proprio il premier.

G) GRASSO, Pietro – Presidente del Senato. A sentire le voci di corridoio, in caso i vittoria del No al referendum potrebbe essere lui il prossimo presidente del Consiglio. Un premier incaricato dal Quirinale con l’obiettivo di approvare una nuova legge elettorale e traghettare la legislatura verso nuove elezioni. A Grasso non mancano capacità e autorevolezza. Pochi giorni fa è stato protagonista di un significativo appello all’unità. «Il nostro Paese – ha spiegato – non può uscire sempre più diviso da queste contese politiche: noi abbiamo bisogno di unità. Qualunque sia il risultato del referendum, dobbiamo riprendere a essere uniti dopo questo appuntamento».

H) HONESTA. Su Twitter li prendono in giro con questo hashtag. I Cinque Stelle sono i protagonisti del fronte per il No alla riforma, i primi avversari del premier Renzi nelle difficile campagna refendaria. Mentre lo scontro si alza, però, devono affrontare una scomoda vicenda interna. Da Palermo a Bologna, sui giornali si dà ampio risalto alla presunta firmopoli pentastellata. Al centro del caso le indagini sulle irregolarità nella raccolta di firme per la presentazione delle liste alle elezioni amministrative. Per ora nessun colpevole, ma Grillo assicura: «Chi sbaglia paga, senza sconti». Un passaggio obbligato, per chi ha fatto una bandiera dell’onestà.

I) INDECISI – Alla fine saranno loro a decidere la partita, gli italiani che ancora non si sono fatti un’idea della riforma. Per i sondaggisti rappresentano la maggioranza degli elettori. In gran parte si asterranno, ma molti di loro decideranno cosa votare negli ultimi giorni di campagna referendaria. Chissà, forse sarà decisiva la lettera che Renzi manderà a casa delle famiglie italiane nei prossimi giorni. Non è un mistero: mentre il No è in vantaggio nelle previsioni di voto, il governo punta proprio sugli indecisi per vincere il referendum.

L) LEGGI DI INIZIATIVA POPOLARE – La riforma costituzionale modifica anche questa forma di democrazia diretta. Per proporre una legge d’iniziativa popolare non saranno più sufficienti 50mila firme, ma ne serviranno 150mila. Non solo. Cambia anche il referendum abrogativo. La consultazione resterà valida se parteciperanno alla votazione la maggioranza degli aventi diritto. Ma se invece di cinquecentomila firme se ne raccoglieranno ottocentomila, il quorum sarà più basso. In quel caso, per rendere valido il risultato del referendum, basterà che si rechi alle urne il 50 per cento più uno dei votanti alle ultime Politiche.

M) MATTARELLA, Sergio. Il silenzioso presidente della Repubblica, da comparsa a protagonista della partita. In base all’esito del voto, le sorti della legislatura saranno decise al Quirinale. Ieri Mattarella ha voluto incontrare Renzi per oltre un’ora. I due, così sembra, avrebbero parlato anche degli scenari post referendum. In caso di vittoria del No, il presidente proverà a convincere il premier a rimanere al suo posto. Altrimenti, dopo il canonico giro di consultazioni, sarà il Colle a decidere se dar vita a un nuovo governo – con l’obiettivo di modificare l’Italicum – oppure sciogliere le Camere e andare a elezioni.

N) NAPOLITANO, Giorgio – Ex presidente della Repubblica, a detta di molti è stato l’ispiratore della riforma costituzionale. Pochi giorni fa ha confermato pubblicamente il suo voto favorevole al referendum: «Con questa riforma non si fanno miracoli, ma si fanno passi in avanti». Sempre in tv, ospite di Porta a Porta, il presidente emerito si è pubblicamente lamentato di una campagna elettorale troppo accesa: «È diventata una sfida largamente aberrante. Non votiamo al referendum per giudicare Matteo Renzi, per quello c’è il voto politico»

O) OSCE – Qualche giorno fa i Cinque Stelle hanno chiamato in causa gli osservatori dell’Osce per vigilare sul voto degli italiani all’estero. Qualcuno teme brogli per orientare l’esito del voto. Non è un dettaglio: in ballo ci sono i voti degli oltre 4 milioni di italiani residenti oltreconfine, che nelle prossime settimane si esprimeranno per posta. «La vicenda del concittadino che a Praga ha ricevuto due schede per votare è sintomatica di una consultazione falsata – ha spiegato l’ex capogruppo M5S Vito Crimi – di un metodo che non garantisce il voto libero e segreto. Quanti casi come questo ci saranno? Un Paese non può dirsi democratico se non riesce a garantire un corretto svolgimento delle elezioni. Chiediamo che l’Osce intervenga con osservatori per il voto degli italiani all’estero».

P) PERFETTO, bicameralismo – Oggi Camera e Senato hanno gli stessi poteri. Con la riforma della Costituzione il sistema cambierà. La Camera dei deputati sarà l’unica assemblea che accorderà la fiducia al governo, ma anche l’unica a votare leggi di bilancio e leggi ordinarie. I senatori parteciperanno all’elezione del presidente della Repubblica, dei componenti del CSM, e dei giudici della Corte costituzionale. Eppure in alcuni casi la funzione legislativa continuerà ad essere esercitata collettivamente dalle due Camere: ad esempio per le leggi costituzionali, la legislazione elettorale e le leggi sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione delle politiche dell’Unione europea. In ogni caso il Senato, entro dieci giorni dalla sua trasmissione, potrà chiedere di esaminare ogni disegno di legge approvato a Montecitorio. In questo caso le proposte di modifica dovranno essere deliberate entro trenta giorni.

Q) QUORUM – È un referendum costituzionale, quindi non c’è. Il risultato sarà valido a prescindere dal numero degli elettori che si presenteranno alle urne.

R) RIFORMA – Teoricamente l’oggetto del contendere è la riforma costituzionale. Il disegno di legge approvato dopo due anni e sei letture parlamentari. In realtà le conseguenze politiche del referendum vanno ben oltre il tentativo di modificare la Carta costituzionale. L’annuncio di dimissioni del premier in caso di sconfitta e le lunghe polemiche di questi mesi hanno attribuito al voto del 4 dicembre un significato ben più ampio. Certo, si vota per il nuovo Senato. Ma sembra ormai inevitabile che attraverso la riforma gli italiani finiranno per legittimare, o sconfessare, l’operato del governo Renzi.

S) SCROFA, ferita – Così Beppe Grillo ha definito il premier Renzi, in una delle ultime battute di un confronto sempre più nervoso. «Renzi ha una paura fottuta del voto del 4 dicembre – ha scritto il blogger genovese due giorni fa – Si comporta come una scrofa ferita che attacca chiunque veda. Ormai non argomenta, si dedica all’insulto gratuito e alla menzogna sistematica». Tanto per stemperare le tensioni…

T) TAGLIO, dei parlamentati – Oggi sono circa mille: seicentotrenta deputati e trecentoquindici senatori. Con la riforma costituzionale ci sarà una piccola sforbiciata. Ad essere ridotto sarà ridotto il numero di chi siede a Palazzo Madama. In caso di approvazione del referendum, infatti, i senatori saranno solo cento. Novantacinque rappresenteranno le istituzioni territoriali. E cinque potranno essere scelti dal presidente della Repubblica.

U) UNICO, quesito – Sulla scheda gli italiani troveranno un breve testo. A detta di qualcuno il quesito, per come è formulato, rischia di essere fuorviante e trarre in inganno gli elettori. A ognuno il proprio giudizio. Bocciate le richieste di voleva votare per parti separate, questo è il testo che ci verrà consegnato alle urne: «Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.88 del 15 aprile 2016?».

V) VIP, o presunti tali – In questi giorni si affannano a schierarsi pubblicamente per il Sì o per il No. Si scopre così che lo chef stellato Massimo Bottura tifa per la riforma. «E se vince il No, mi viene voglia di mollare tutto e andare all’estero». Voteranno Sì l’attore Stefano Accorsi e il regista Paolo Sorentino, il cantante Andrea Bocelli e il ballerino Roberto Bolle. Tra i contrari il cantante Fedez e l’attrice Sabrina Ferilli, Elio Germano e Piero Pelù. Celebrities più o meno note. Più o meno apprezzate. E se il commissario Montalbano Luca Zingaretti sostiene la riforma, il creatore del suo personaggio, lo scrittore Andrea Camilleri, è nettamente contrario. Il dubbio resta, ma questi endorsement spostano qualche voto?

Z) ZAGREBELSKY, Gustavo – Presidente emerito della Corte Costituzionale e presidente onorario del Comitato per il No. È uno dei volti più noti del fronte contrario alla riforma. Ma anche il primo ad essersi confrontato in diretta tv con il premier Renzi. A fine settembre i due hanno dato vita a un teso faccia a faccia su La7, moderato da Enrico Mentana. Il giorno dopo, in un’intervista, Zagrebelsky ha ammesso: «Il confronto non è servito a nulla. Al termine del dibattito mi sono sentito a disagio come mai mi era capitato».

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