TaccolaArianna Huffington: «La vittoria di Trump è una sveglia per l’establishment di tutto mondo»

Parla la fondatrice dell’Huffington Post: «Da anni si tengono convegni sulla crescita della disuguaglianza, ma non si è fatto niente. Tutti speriamo che Trump ora ci sorprenda. Ma Hillary Clinton, nonostante la sconfitta, rimarrà un esempio per le giovani donne»

Arianna Huffington, la fondatrice dell’Huffington Post, è stata da sempre una delle più grandi avversarie di Donald Trump. Le notizie che lo riguardavano sono state a lungo relegate nelle pagine di “entertainment”. Poi, dopo le sparate sulle deportazioni di massa degli immigrati irregolari, le critiche si sono spostate sulle pagine principali. E in calce a ogni articolo è stata aggiunta una nota in cui si ricordava quanto fosse razzista e misogino. Eppure se si chiede ad Arianna Huffington che effetto le faccia sentire la frase “presidente Donald Trump”, la risposta che si è ottiene non è catastrofista: «Moltissimo dipenderà dalle persone che lo affiancheranno». E se la recessione viene vista come un pericolo reale, non ci sono dubbi sul fatto che le istituzioni americane rimarranno dei solidi baluardi di democrazia. Il dito è piuttosto puntato contro l’establishment, che ha permesso che non ha posto un vero rimedio alla crescita della disuguaglianza e ha permesso che la rabbia si diffondesse tra la classe media. Linkiesta ha avuto modo di incontrarla, poche ore dopo la vittoria di Trump, a margine del World Business Forum 2016, organizzato a Milano da Wobi. Ha trovato una persona pienamente soddisfatta del passaggio di consegne che ha effettuato da qualche mese all’Huffington Post. Dalla scorsa estate ha dato il via a una nuova società, Thrive Global, la cui missione è far capire che la produttività e l’efficacia sul lavoro aumentano se le persone si prendono cura del proprio benessere evitando di lavorare fino a sfinirsi.

Qual è la sua lettura dell’esito del voto: perché milioni di persone hanno finito per dare fiducia a Trump? Qual è la ragione profonda?
Penso che sia assolutamente una sveglia per l’establishment, ovunque. Perché i leader a sinistra, a destra, negli affari, nella politica, nei media, hanno parlato da anni dei pericoli della crescita delle disuguaglianze, del fatto che una percentuale sempre più piccola di persone ha cominciato ad avere sempre più risorse. Questo non è solo un argomento della sinistra. Ci sono molte persone a destra che hanno a cuore la stabilità e si sono preoccupate di questo. Ci sono state infinite conferenze sulla necessità di un capitalismo inclusivo e giusto. Ma sfortunatamente è stato fatto molto poco o niente. E questo è davvero il prezzo che la democrazia sta pagando, ora.

Così è cresciuta una rabbia sotto traccia verso l’establishment, di destra e sinistra.
Queste profonde delusione, rabbia e paura si sono diffuse tra persone che hanno visto i propri figli non essere in grado di trovare un lavoro, li hanno visti gravati dai debiti universitari, negli Stati Uniti, e da un tasso di disoccupazione giovanile molto alto in Europa. Hanno visto che, anche se negli Stati Unit l’economia, dopo il collasso finanziario, il reddito delle persone non si è davvero alzato e hanno visto i posti di lavoro nella classe media sotto assalto. Tutto questo è accaduto negli Stati Uniti, ma è un pericolo anche per i Paesi europei. Abbiamo già visto Marine Le Pen in Francia. Non dimentichiamo che tutto questo segue la Brexit. Penso che ci sia sempre una buona notizia, in tutto. In questo caso è che c’è stata una chiamata di sveglia.

Come sarebbe finita con Bernie Sanders come candidato dei democratici? Con la sua piattaforma di sinistra avrebbe potuto intercettare quella parte di voto bianco rurale che è andato tutto a Trump?
È molto difficile fare discorsi ipotetici sulle elezioni. Ogni elezione ha i suoi cicli, che sono completamente imprevedibili. Chi avrebbe potuto prevedere che il direttore dell’Fbi sarebbe uscito dieci giorni prima delle elezioni con un annuncio sul fatto che delle e-mail erano state trovate nel computer di Anthony Weiner e che ciò avrebbe richiesto una nuova indagine? Chi avrebbe predetto che l’impatto delle rivelazioni sugli scandali sessuali di Trump sarebbe stato fermato dall’indagine sulle email? Se Bernie Sanders o Joe Biden fossero stati candidati è davvero difficile dire se altre rivelazioni sarebbero uscite durante la campagna.

«Penso che ci sia sempre una buona notizia, in tutto. In questo caso è che c’è stata una chiamata di sveglia»

Che effetto le fa sentire la frase “il presidente Donald Trump”?
Moltissimo dipenderà dalle persone di cui si circonderà. Molte persone che hanno detto che non avrebbero fatto parte di un governo Trump ora cambieranno idea. Dato che Trump ha detto non essere coinvolto nell’“avida politica”, chi sarà nel suo governo, chi sarà nello staff della Casa Bianca è destinato a essere incredibilmente importante.

Che presidente si aspetta che finisca per essere? Modererà le posizioni espresse nella campagna, specialmente in campo economico?
Il pericolo di una recessione è reale. È il peggio che possa capitare al momento. Per questo dico che è cruciale vedere chi lo affiancherà. In economia bisogna vedere chi metterà al Tesoro. Perché se l’economia andrà verso una recessione, sarà impossibile che Trump rispetti tutte le promesse che ha fatto sul lavoro e sul rendere migliori le vite delle persone.

Cosa pensa che possa succedere nella società americana? Ha paura che ci possano essere proteste anche violente da parte di chi si sente discriminato? Le tensioni razziali potranno peggiorare?
La democrazia americana è una democrazia molto ricca, con istituzioni molto potenti. L’America non è una repubblica delle banane, in cui un uomo forte prende il potere. Per esempio, la politica locale ha molti grandi leader, che fanno una grande differenza nelle loro comunità. C’è una grande buona notizia in queste elezioni: che uno sceriffo che promuoveva le tensioni razziali (Joe Arpaio, nella contea di Maricopa, in Arizona, ndr) è stato sconfitto. È importante per i media non cominciare a predire tensioni razziali, perché i media hanno il potere di produrre profezie che si autoavverano.

«Quella americana è una democrazia molto ricca, con istituzioni molto potenti, anche a livello. L’America non è una repubblica delle banane. È importante per i media non cominciare a predire tensioni razziali, perché i media hanno il potere di produrre profezie che si autoavverano»

Se fosse ancora la direttrice dell’Huffington Post, quale sarebbe il titolo che darebbe dopo questa elezione?
L’Huffington Post è stato unico nella sua decisione, dal primo giorno, di non normalizzare e legittimare Donald Trump. Siamo stati l’unico media che prima ha messo Trump nella sezione entertainment e abbiamo aggiunto una “editor’s note”, tradotta nelle lingue di tutte le edizioni dell’Huffington Post, compresa quella italiana, che era un promemoria ai lettori su chi fosse Donald Trump. Diceva che Donald Trump incita regolarmente alla violenza politica, che ha ripetutamente promesso di bandire tutti i musulmani, 1,6 miliardi di persone, dagli Stati Uniti, che è razzista, è misogino, è xenofobo, che non crede che Obama sia nato negli Stati Uniti. Questo è apparso alla fine di ogni articolo. Noi pensiamo che se i media coinvolti avessero fatto questo fin dall’inizio e avessero rifiutato di legittimarlo, ci sarebbe stato un risultato molto diverso. Prima che diventasse il front-runner gli è stato dato spazio senza sosta, in un modo illegittimo, dai media americani. Solo nell’ultimo paio di mesi si sono schierati contro di lui, non in modo personale ma producendo dati e inchieste sulle sue tasse, sulle sue relazioni con le donne. Ma questo è accaduto molto tardi. C’è uno studio dello Shorenstein Center di Harvard che mostra come i media abbiano permesso a Trump di vincere una primaria invisibile, prima che si iniziasse a votare. Hanno stimato che gli hanno dato l’equivalente di due miliardi di dollari in pubblicità gratuita.

Politico.com subito dopo le elezioni ha rivelato che l’Huffington Post rimuoverà la editor’s note su Donald Trump in segno di rispetto per il ruolo presidenziale. Ora che è presidente, come si devono comportare i media?
La “editor’s note” era un modo per ricordare alle persone chi era Trump, prima che votassero. Ora è interesse del Paese, ma anche del mondo, che Donald Trump ci sorprenda. Non c’è assolutamente nessuno che voglia avere la prova di aver avuto ragione su che tipo di presidente sarà. Tutti vogliono essere sorpresi.

«Se i media coinvolti avessero rifiutato di legittimare Trump fin dall’inizio, come ha fatto l’Huffington Post, ci sarebbe stato un risultato molto diverso. Durante le primarie i media gli hanno dato l’equivalente di due miliardi di dollari in pubblicità gratuita»

Il risultato è il fallimento di una donna?
No, non penso che sia questo. Penso che Hillary sia stata demonizzata, forse più di quanto sarebbe successo a un uomo.

Come una strega.
Sì. Come una strega nei tempi passati. Sapete, la “nasty woman”. C’è stato sicuramente un elemento di quel tipo. Ma c’è stato anche molto supporto per lei, tra le donne. Quello che è successo è che gruppi che tradizionalmente votavano per i democratici con una grande affluenza non hanno votato per lei, inclusi i latinos, il che è formidabile, e gli afroamericani. Questo è uno dei problemi. Ma il fatto che una donna sia stata così vicina a essere presidente è qualcosa che ha colpito le giovani donne. L’ho visto con le mie due figlie, che sono Millennials. Il fatto che lei sia stata così vicina alle donne sarà sempre un incredibile promemoria per le giovani donne su cosa sia possibile fare.

Il fallimento non è necessariamente l’opposto del successo?
Esatto. In ogni movimento per i diritti civili, per i diritti delle donne o per quelli degli afroamericani, se si guarda indietro si vede quanti fallimenti ci sono stati, in mezzo ai loro successi.

«Ora è interesse del Paese, ma anche del mondo, che Donald Trump ci sorprenda. Non c’è assolutamente nessuno che voglia avere la prova di aver avuto ragione su che tipo presidente sarà. Tutti vogliono essere sorpresi»

Mi tolga una curiosità: lei da tempo si è fatta paladina della necessità di dormire almeno otto ore a notte, ha dedicato al tema del benessere non solo libri ma anche la sua nuova attività, Thrive Global. Non mi dica che è riuscita a dormire otto ore anche durante la notte elettorale.
È piuttosto interessante, perché per venire qui mi sono dovuta sveglire (l’intevista si è svolta alle 14.30, ndr). Quello che abbiamo fatto, io e mia figlia Isabella, è stato guardare le notizie, finché non si è capito chi avrebbe vinto. Quindi, no, non ho fatto le mie otto ore di sonno, ma era molto facile stare in piedi tutta la notte, perché ovviamente volevamo sapere tutto, vedere tutto. Ma c’è una cosa da dire: se dormi regolarmente otto ore, quando succede qualcosa di simile o hai un figlio malato o il tuo volo è in ritardo, puoi stare bene, perché non stai andando già in riserva. È andare regolarmente in riserva che rende quasi impossibile far funzionare il corpo.

È stato facile guardare le news come una cittadina e non come il capo dell’Huffington Post?
Sono fortunata, ho un team eccezionale all’Huffington Post, che ha lavorato con me per anni. La copertura della scorsa notte è stata eccezionale. Sento che questo è stato un grande capitolo della mia vita, il fatto che da fondatore di una società abbia avuto un buon piano per la successione.

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