Dopo gli scontri, le carte bollate. Tra un insulto e l’altro, l’acceso confronto referendario trova una nuova polemica. A meno di due settimane dal voto spunta l’ipotesi ricorso. Se vincerà il Sì, e i voti all’estero risulteranno decisivi, il fronte dei contrari alla riforma minaccia di impugnare il risultato. L’annuncio è arrivato ieri da Alessandro Pace, presidente del comitato per il No. Davanti ai corrispondenti della stampa estera in Italia, il costituzionalista ha spiegato la novità. Il riferimento è all’articolo 48 della Costituzione, dove si prevede che il voto sia «personale, ed eguale, libero e segreto». Caratteristiche che il sistema elettorale per corrispondenza dei nostri concittadini all’estero non è in grado di tutelare. «La segretezza è la garanzia di libertà -ha spiegato Pace – Si dovevano organizzare sedi elettorali presso ambasciate e consolati per far esprimere gli elettori nel segreto dell’urna».
Non solo. Il voto postale resta a forte rischio brogli. «L’esperienza ha già dimostrato che sono possibili manipolazioni. Chi ci dice che il ras del quartiere non prenda tutte le schede e voti come pare a lui?». E così ecco materializzarsi l’incubo. La partita referendaria potrebbe proseguire anche dopo il 4 dicembre. Pace si appella alla legge. In particolare la 352 del 1970, che prevede la possibilità di fare reclamo presso l’ufficio centrale del referendum, un organo giurisdizionale. E da lì arrivare fino alla Corte Costituzionale per impugnare il risultato. Uno scenario incredibile, che ieri ha costretto a intervenire anche il premier Matteo Renzi. «Il tentativo è di buttarla in rissa – ha spiegato a Piombino – Ma noi non faremo ricorsi e controricorsi».
La partita referendaria potrebbe proseguire anche dopo il 4 dicembre. Il costituzionalista Pace si appella alla legge 352 del 1970, che prevede la possibilità di fare reclamo presso l’ufficio centrale del referendum. E da lì arrivare fino alla Corte Costituzionale per impugnare il risultato
Intanto la polemica sui voti all’estero torna d’attualità. In questa campagna referendaria non è la prima volta che qualcuno solleva dubbi sulle schede in arrivo da fuori confine. Il voto per corrispondenza lascia aperti margini di irregolarità, se ne discute da anni. E non è un aspetto marginale. In ballo ci sono oltre 4 milioni di voti. Sono i nostri connazionali residenti oltreconfine con diritto di voto. In realtà le schede da scrutinare saranno molte meno. Stando all’affluenza degli ultimi anni, non più di un milione. Forse un milione e mezzo. Stavolta la percentuale dei votanti potrebbe aumentare grazie alla martellante campagna elettorale degli ultimi mesi. Che ha visto tra i protagonisti diversi esponenti del governo – anche stavolta tra le polemiche – a partire dalla ministra per le Riforme Maria Elena Boschi impegnata in un lungo tour in Sudamerica. Numeri alla mano, la partita può giocarsi proprio in terra straniera. Secondo le stime de La Repubblica, infatti, i voti degli italiani residenti all’estero possono valere tra il 5 e il 6 per cento del totale. Abbastanza per decidere l’esito del referendum.
Il comitato per il No sta preparando una squadra di volontari per verificare la regolarità del voto. Saranno quasi 400. Dopo un breve corso di formazione, il 4 dicembre saranno inviati a Castelnuovo di Porto, il piccolo centro vicino Roma dove vengono convogliate tutte le schede degli italiani all’estero
Occhi puntati sui plichi che arriveranno dai consolati e dalle ambasciate. Alberto Campailla, esponente del comitato per il No, sta preparando una squadra di volontari che dovranno verificare la regolarità del voto. Dopo un breve corso di formazione, il 4 dicembre saranno inviati a Castelnuovo di Porto, il piccolo centro vicino Roma dove vengono convogliate tutte le schede degli italiani all’estero. «Intendiamoci, i nostri connazionali costretti a emigrare hanno tutto il diritto di votare» precisa Campailla. «La nostra posizione non è contro di loro, ma se ci sono irregolarità dobbiamo intervenire». La storia insegna che il voto all’estero spesso si presta a raggiri. In passato, lo racconta oggi La Stampa, è accaduto che siano state stampate più schede del necessario. O addirittura siano state inviate in Italia schede contraffatte. «Sappiamo che ci sono Paesi in cui il rischio di brogli è maggiore». Campailla racconta il caso di una elettrice che pochi giorni fa ha ricevuto per errore due schede. Non solo. «Il nostro comitato ha denunciato alcune situazioni poco chiare. In Canada, ad esempio, il nostro ambasciatore ha partecipato a un’iniziativa elettorale per il Sì al referendum. Altrove ci vengono segnalati dubbi sull’imparzialità di chi ha ruoli istituzionali e diplomatici». Da qui la necessità di tenere alta l’attenzione. Sabato 3 dicembre ci sarà un incontro con i volontari che andranno a Castelnuovo di Porto in rappresentanza del fronte del No. Con il supporto di legali, e il coordinamento delle forze politiche che fanno riferimento al comitato, si procederà alla formazione dei rappresentanti di lista. L’obiettivo è dare vita a una squadra di almeno 300-400 persone per controllare la regolarità del voto estero. Non di più. «Anche perché molti altri serviranno per verificare le operazioni di voto nei seggi di Roma».