Taccola«Dopo Steve Jobs Apple non riesce più a essere semplice»

Parla Ken Segall, l‘inventore della campagna “Think Different” e della “i” di iMac e iPhone: «Apple sta diventando come una grande società. Alcuni prodotti e spot mi deludono. Mi dico “non posso credere che l’abbiano fatto”». Perché la semplicità e potere. E Trump l’ha capito fin troppo bene

In un mondo sempre più complicato chi rende le cose semplici ha un potere immenso. Se c’è un’azienda che questa lezione l’ha capita meglio di tutte è Apple. O meglio, Steve Jobs. Chi si ricorda che Apple faceva macchine fotografiche o scanner? Fu il ritorno di Jobs a Cupertino, nel 1997, a spazzare via intere linee di prodotti e a ripartire da tre computer tra fissi e laptop. E ancora oggi, se l’Hp ha 46 computer portatili, tutti con nomi sigle impossibili da ricordare, Apple ne ha tre. Tuttavia la società, dopo la morte di Jobs, ha perso il suo rapporto magico con la semplicità. A dirlo è Ken Segall, una persona che ha lavorato 12 anni con l’imprenditore più citato al mondo, come direttore creativo dell’agenzia di pubblicità della Apple e prima con l’agenzia di Jobs dei tempi dell’esilio. Nel suo libro “Think Simply – Il potere della semplicità”, in uscita in Italia (Franco Angeli, 197 pagine, 26 euro) Segall ha intervistato 40 manager nel mondo capaci di sfruttare la capacità di combattere la complessità. Tra tutti la stella polare rimane Steve Jobs, ossessionato dalla riduzione del superfluo, sia nei prodotti (basta pensare agli iPod, con i tasti ridotti al minimo in un’epoca in cui si arrivava a 40 bottoni) sia nella comunicazione sia nella stessa struttura aziendale. È in un contesto simile, con i focus group ridotti al minimo e la strada indicata su tutti i fronti dallo stesso Jobs, che Segall creò la celebre campagna “Think different” e coniò la “i” davanti a tutti i nuovi prodotti di punta, a partire dall’iMac del 1997 (“i” stava per internet). Segall oggi rimane un grande fan di Apple, ha creato un sito satirico, Scoopertino, in cui sbeffeggia i critici della mela inventando finti prodotti e finte invettive, ma non di meno si dice “deluso” dagli ultimi progetti. E, di fronte alla normalizzazione della comunicazione, si trova a pensare “Non posso credere che l’abbiano fatto”. Linkiesta lo ha incontrato a margine del World Business Forum 2016, organizzato da Wobi a Milano.

Lei ha detto di ritenersi fortunato. In 12 anni di rapporto con Steve Jobs è stato “pestato” solo due volte, con una media di 0,16 pestaggi all’anno. La sua invenzione della “i”, con l’iMac del 1997, cambiò il suo modo di lavorare con Jobs?

Non penso che abbia cambiato molto il rapporto. Con Steve si lavorava per progetti. Quello del computer era un progetto allo stato iniziale. Abbiamo cominciato dal nome. Poi ci siamo spostati sull’aspetto successivo, focalizzandoci su ogni dettaglio. Penso che Apple fosse più semplice allora, c’erano meno prodotti.

Sappiamo tutti che aveva un carattere duro, che poteva essere diretto, brutale. Lei come lo definirebbe?

Era leale. Quando qualcuno muore, si diventa nostalgici sui rapporti passati. Ma lui lavorava in un modo diverso: era analitico e logico, ed era aperto a nuove idee e a nuovi modi di vedere le cose. Ma amava anche dibattere con passione, che è un eufemismo per dire dire litigare ad alta voce. Poteva essere molto insultante quando litigava con te. Ma l’intera questione era un processo per lui, un semplice processo. La cosa più importante è che voleva persone intelligenti con sé.

Pensa che Apple sia ancora così semplice come quando la guidava Steve Jobs?

No. Il problema è che Steve era unico e non potrà mai essere rimpiazzato. Apple sarà diversa e la mia domanda è quanto differente diventerà. In un certo senso, ora si comporta di più come una grande società.

E la pubblicità?

Penso che la pubblicità sia a volte molto buona, qua e là, ma generalmente è un po’ più veloce, fa cose un po’ più da mass market. Non credo che qualcuno stia attivamente provando a non essere come Steve, ma Steve aveva un gusto delizioso che non esiste più. Molte società fanno pubblicità o campagne che non sono una gran cosa, sono società non molto creative. Ma quandolo fa Apple io personalmente penso: “Ma come hanno potuto, non posso credere che l’abbiano fatto”. Ora ne hanno fatto una favolosa, con dei palloni rossi. Ma altre, incentrate sul fatto che ci sono persone in giro per il mondo che diventano più vicine grazie a un iPad, le trovo generiche.

«Molte società fanno pubblicità o campagne che non sono una gran cosa, sono società non molto creative. Ma quandolo fa Apple io personalmente penso: “Ma come hanno potuto? Non posso credere che l’abbiano fatto”»

Abbiamo tutti visto il disastro del Galaxy 7 di Samsung. Pensa che sia dovuto a una eccessiva complessità di quell’azienda?

Non so cosa sia accaduto e tengo a mente la lezione di Steve che non voleva mai approfittare degli errori dei concorrenti sul lato della comunicazione. Penso che abbiano fatto le cose così velocemente che forse hanno fatto meno controlli di qualità. Non sono sicuro che questo incidente abbia a che fare con la storia della semplicità o complessità. Ho letto che il problema non era nella batteria in sé ma che c’era qualcosa nel circuito che non andava bene e che non potevano cambiare solo la batteria senza cambiare tutto. È un problema di sviluppo, suppongo.

Cosa pensa dell’ultimo keynote speech di Tim Cook, in cui è stata presentata la app “tv”?

Ultimamente ho avuto un problema da cliente con Apple, ed è una parte della risposta. Avevo un laptop da 11 pollici, che era fantastico per girare, per peso, spessore. Ma l’avevo preso quattro anni fa, avevo bisogno di più memoria, stavo aspettando che presentassero un nuovo MacBook Pro. L’ho comprato subito dopo la presentazione e ho ordinato gli adattatori. Dopo pochi giorni ho cominciato a pensare che era una gran sofferenza. Ho cancellato l’acquisto e ho ordinato un 13 pollici, non è Pro ma mi piacevano molto di più le dimensioni.

È un segnale?

Dopo quattro anni senza veri nuovi computer, mi aspettavo di più. E la app “tv” è una di quelle cose che ho difficoltà a razionalizzare e che mi fa lamentare: “Ragazzi, cosa state facendo?”. Mi viene da usare una delle frasi di Steve Jobs, che diceva “Che cosa avete fatto nelle ultime due settimane? Avreste potuto farlo in un giorno”. È quello che mi viene da pensare con Apple ora. Avete avuto quattro anni, è tutto quello che avete da mostrarmi? È deludente, mi aspettavo qualcosa di più.

Apple Watch nell’ultimo trimestre non ha avuto buone vendite come invece le hanno avute altri prodotti. Pensa che abbia il problema di essere descritto in due parole?

Prima di tutto, come vede lo indosso. Molte persone sono critiche verso Apple: visto che ha successo, molte provano a buttarla giù. Io provo però a essere obiettivo e a criticare Apple quando credo che lo meriti. Penso che le critiche ad Apple Watch siano immeritate. Perché è una cosa molto cool. E molte delle recensioni che ho letto lo strapazzavano seriamente. Ma ripensate al primo iPhone: non aveva le app. Si può dire che avrebbe dovuto averle dalla prima volta, ma è stato un successo enorme. Penso che nel “Watch” non ci sia niente di meno di quello che avrebbe fatto Steve. Alcune persone che hanno scritto articoli lo descrivono come un flop ma è il watch più venduto. E le cose possono solo andare meglio. Quindi non penso che sia un prodotto Apple sotto standard, per niente. È stato il primo wearable di Apple, altre cose entusiasmanti seguiranno.

«Quello che ha fatto Trump è stato togliere i dettagli. Ha detto “tutto è un disastro, io posso fare le cose migliori. Come farò? Fidatevi e basta”. È in questo il potere della semplicità. Non dirò che la semplicità può essere usata sempre per il bene»

Cosa pensa invece della semplicità in politica? Molti pensano che porti dritti al populismo.

Sì, e mi viene da pensare a qualcuno in particolare. Non so chi sia (ride). Oggi (martedì 8, vigilia delle presidenziali Usa) è un “big day”, sono impaziente si sapere come andrà a finire. Se Trump diventasse presidente sarei davvero imbarazzato per il mio Paese. Sarei dispiaciuto per il mondo. Non riesco a capire come abbia potuto diventare così popolare.

La semplicità ha avuto un ruolo nella campagna di Donald Trump.

Lui rende le cose così semplici che qualsiasi persona senza istruzione può capire facilmente quello che dice. Lui perde tra le persone istruite e il suo grande seguito è tra i bianchi maschi non istruiti. In pratica gli stupidi votano per Trump e quelli intelligenti votano per Hillary. Penso che quello che abbia fatto sia stato togliere i dettagli. Ha detto “tutto è un disastro, io posso fare le cose migliori. Creerò lavoro, non ci sarà criminalità. Come farò? Fidatevi e basta”. È in questo il potere della semplicità. Non dirò che la semplicità può essere usata sempre per il bene. C’è il pericolo di persone che cercano di avvantaggiarsi della situazione. Il mondo è così complicato che hai bisogno di qualcuno come Hillary, che è intelligente e può gestire tutti i dettagli e accettare i giusti consigli. Trump si è presentato come quello che avrebbe reso tutti ricchi e molte persone gli hanno creduto.

«Non è difficile immaginare un tempo in cui li conto nella “banca del marchio” di Apple andrà a diminuire, per problemi di tasse, cattivi prodotti, cose come Apple Maps che abbassano lo standing di Apple nel mondo. Sono un fan di Apple, ma niente dura per sempre»

Lei nel suo libro ha parlato di amore che deve nascere tra un marchio e i clienti. E che questo amore rende più gestibili i problemi che si vengono a creare, come quello dell’antenna-gate dell’iPhone 4. Ora però c’è un problema più grosso: l’Unione europea ha comminato a Apple una multa da 14 miliardi di euro per elusione fiscale. Questo rischia di raffreddare questo “amore”, almeno tra i consumatori europei?

È interessante rifletterci. Steve pensava che avere una connessione emozionale avrebbe portato Apple a sopportare meglio una crisi inaspettata. È un principio molto valido. Ma non so se valga per crisi senza limiti. Qualche volta qualcosa ti si appiccica addosso. Le persone possono dare una risposta e amare Apple di meno. Niente è assoluto. L’amore finisce quando si comincia a fare cose cattive. Le persone possono cominciare a percepirti come una società avida che trasgredisce la legge solo per fare più soldi. Molte persone ragionevoli pensano che Apple abbia seguito la legge, ma come ha fatto Trump, che non ha pagato le tasse per 15 anni. Penso che Apple faccia quello che fa per essere meno esposta, fare risultati per gli azionisti e quando le leggi cambiano deve fare i conti con le leggi.

L’effetto però rimane.

Come ho scritto nel primo libro, Steve usava il concetto di banca del marchio (brand bank, ndr). Quando c’era un’esperienza positiva si aggiungeva qualcosa, quando ce n’era una negativa si sottraeva. Quando hai il conto pieno in questa banca sei immunizzato quando accade qualcosa di brutto. Non è difficile immaginare un tempo in cui li conto nella banca del marchio di Apple andrà a diminuire, per problemi di tasse, cattivi prodotti, cose come Apple Maps che abbassano lo standing di Apple nel mondo. Potrebbero trovarsi a scendere dalla posizione elevata in cui si trovano. Sono un fan di Apple, ma niente dura per sempre. A un certo punto potrebbe non essere più il numero uno. La mia unica obiezione è che le persone da 15 anni dicono che Apple è spacciata, ma non è mai stato così. Un giorno potrebbero avere ragione. Ma è ancora lontano.

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