I risultati delle elezioni americane hanno stupito tutti – o meglio, tutti quelli che si erano dimenticati che sia Clint Eastwood sia Chuck Norris si erano schierati a suo favore, compreso Dio – oscurando il risultato di altre votazioni che, in contemporanea, hanno portato a decisioni importanti. Occorre andare oltre Donald e Hillary e i quintali di stampa e inchiostro versati sui due candidati: ci sono altri elementi che definiscono il polso degli Usa, e che risultano piuttosto distanti da noi europei. Ad esempio, la pena di morte.
Il Nebraska
Nel maggio 2015 venne deciso dal governo di quello stato di eliminare la pena di morte. I giudici non avrebbero più potuto far ricorso a questo strumento nel momento in cui avessero dovuto condannare un imputato. La cosa piacque poco alla popolazione, che si è ribellata e, insieme al voto per le presidenziali, hanno deciso di ripristinarla. Secondo il senatore indipendente Ernie Chambers è stata la decisione di “uno stato retrogrado e di mentalità ristretta”.
Ma prima di parlare di spirito di un popolo e tirare in ballo la cultura di una nazione, bisogna ricordare che l’opinione pubblica (cosiddetta) è stata molto segnata da un fatto di cronaca molto vicino alla data del voto: Nikko Jenkins, un delinquente recidivo, nel 2013 era uscito di prigione e, pochi giorni dopo, uccise quattro persone. Il suo processo si era concluso poche settimane prima – e la pena di morte, cioè la risposta emotiva più condivisa, non era tra le possibilità disponibili.
L’Oklahoma
Altro Stato che ha dato la vittoria a Trump, altro Stato che ha votato a favore della pena di morte. Qui non era in questione la sua re-introduzione, quanto il fatto che venisse incardinata nel dettato della Costituzione dello Stato. Un nuovo articolo, insomma, secondo cui:
Non si dovrà ritenere che la pena di morte sia o costituisca l’applicazione di una punizione severa o insolita. Molto bene. Ma non solo: Ogni sistema di esecuzione sarà permesso, a meno che non sia proibito nella Costituzione degli Stati Uniti.
Un rafforzamento, insomma, che è piaciuto al 67% degli abitanti di quello Stato. E che rende l’Oklahoma un unicum: nessun altro Stato americano ha deciso di mettere per iscritto nella sua legge fondamentale una clausola di protezione della pena di morte. Va così.
La California
Chi si aspettasse che lo Stato più solare d’America fosse anche più aperto sulla questione (hanno anche votato in massa per la Clinton) si sbaglia. Anche i californiani hanno dovuto pronunciarsi sulla questione, attraverso un quesito diverso: o la abolivano o, al contrario, implementavano la procedura. Ebbene, hanno scelto la seconda: pena di morte abolita? No, grazie. Anzi, implementiamola. Del resto la California, che pure figura ai primi posti nell’Innovation Index di Bloomberg, è anche lo Stato con il più alto numero di persone nel braccio della morte di tutta l’America.