Non è una storia lineare, quella dell’uomo. All’inizio (chissà poi quando era l’inizio) erano pochi, poi, dopo diverse migliaia di anni – a seconda delle periodizzazioni, si parla di centinaia di migliaia: è il Paleolitico – cominciano a strutturarsi in gruppi sociali sempre più composti e poi in forme sociali complesse. È nel Neolitico (dal 10mila a. C. fino al 3.500 a. C.) che nascono le prime civiltà, le differenziazioni tra comunità nomadi e sedentarie, tra contadini e cacciatori, e le prime forme di città. Poi, quando vengono trovate le prime tracce di scrittura, viene fatta cominciare la Storia.
Questa timeline dell’American Museum of Natural History, invece, racconta la diffusione dell’uomo sulla Terra negli ultimi duemila anni, cioè dall’epoca dell’impero di Roma, e la crescita della sua popolazione. Il fatto notevole è che ci sono voluti circa 200mila anni, all’uomo, per raggiungere il miliardo di individui. E ce ne sono voluti solo 200 per arrivare a sette miliardi. È stata la Rivoluzione Industriale, certo, il discrimine. Una condizione economica e politica, ma anche demografica: l’andamento delle industrie e lo sfruttamento delle risorse ha permesso di creare quella massa critica necessaria per uno sviluppo fulminante.
E adesso eccoci qui, alle prese con la sovrappopolazione, cioè la difficoltà di garantire a tutti i membri della specie il nutrimento necessario, e l’impatto ambientale provocato nel tentativo di raggiungere questo obiettivo. Anche se sembra che se ne parli da tanto (almeno 50 anni), in realtà, sono problemi nuovi, per un’epoca nuova, in cui gli antichi, che sempre ci hanno guidato con la loro saggezza, forse hanno poco da suggerire. Se non, appunto, la prudenza.