“Il modo migliore di aiutare un uomo è permettergli di aiutarvi. La gente ha bisogno di sentirsi necessaria”
Irvin Yalom, Teoria e pratica della psicoterapia di gruppo, 1970
“H” come Help.
Anche la parola “Aiuto”, ma soprattutto la richiesta di aiuto, è stata bandita dal nostro eloquio, per effetto di un ostracismo lessicale che la accomuna ad altre parole come errore, debolezza, giudizio.
Noi siamo quelli “che non devono chiedere mai”, siamo veterinari che salvano animali in posti impossibili e hanno pure tempo di farsi un cicchetto! Il sostegno e la sua ricerca sono stigmatizzati come segni di debolezza. Avanti i supereroi!
In azienda una comunità con una rete di supporto non è la normalità: non lo è tra manager, in lotta spesso tra loro; non lo è tra manager e collaboratori; non lo è per riflesso tra questi ultimi.
Mi è stata raccontata una storia esemplare.
Un signore doveva attraversare un fiume in piena, e sull’altra sponda c’era una persona che lo osservava. Lo sventurato provò a pensarle tutte, poi, non trovando soluzione, amareggiato, si sedette su una pietra. Stette lì a lungo, pensieroso, desideroso di superare l’ostacolo e preoccupato dal fatto di non riuscirci. Intanto le condizioni del fiume peggioravano. Dall’altra sponda, l’uomo che lo stava osservando iniziò a fargli dei segnali e a richiamare la sua attenzione urlando: “Ehi, chiedi a me, sono appena passato, so come fare!”.
In azienda una comunità con una rete di supporto non è la normalità: non lo è tra manager, in lotta spesso tra loro; non lo è tra manager e collaboratori; non lo è per riflesso tra questi ultimi
Questo è quello che capita nel quotidiano in azienda. Va bene provarci e metterci del proprio, ma nessuno di noi sa tutto ed è capace di fare tutto. Talvolta basterebbe un semplice “Scusa, mi spieghi come fare questo?”.
Non lo fanno i capi per paura che la loro ignoranza leda la propria autorevolezza, secondo un concetto di leadership a dir poco deviata; non lo fanno i collaboratori, perché “Altrimenti il capo mi vede impreparato!”.
Oggi non si fa che parlare di knowledge sharing e di comunità di apprendimento: qualche anno fa poteva chiamarsi richiesta di supporto e aiuto. Tu sai fare una cosa che non so: me la insegni.
Talvolta le persone che frequentano i nostri training ci chiedono come poter applicare al meglio quanto appreso una volta tornati in azienda. La risposta è semplice: facendosi aiutare da colleghi che abbiano vissuto la stessa esperienza in aula con noi, confrontandosi sulle reciproche difficoltà, senza dimenticare che già solo parlare ridimensiona i problemi.
Le conseguenze del non chiedere aiuto sono sotto gli occhi di tutti:
1.spreco di tempo
2.frustrazione
3.perdita di know-how
4.soluzione affrettate, di pancia e inefficienti.
Chi ci dice che non chiedendo aiuto daremo il meglio di noi? Abbiamo tutti semplicemente bisogno di ritrovare più umanità, anche per poterci sentire più sereni.
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