Queste elezioni americane sono state una lung,a infinita eccezione. Oltre al risultato finale e oltre alla imbarazzante incapacità di comprensione rivelata dai media, sono state infatti segnate da una campagna elettorale la cui unica regola è stata un “non ci sono regole”. E gli effetti sono stati a dir poco imbarazzanti, soprattutto su chi pretendeva di difendere una morale che, forse, sotto sotto non aveva. È così che Madonna ha promesso pompini ai fan per votare Hillary. È così che il buon Bob DeNiro è tornato ai tempi di Taxi Driver minacciando Trump di prenderlo a pugni in faccia. Ed è così che Lady Gaga ha posato mezza nuda per sostenere Hillary.
Questo cortocircuito morale ha un apice. È uno spot realizzato da una piccola casa di produzione americana a metà settembre, che si intitola Save the day. È un invito alla partecipazione al voto dell’8 novembre, un appello al senso civico da parte di una manciata di stelle del cinema: Robert Downey Jr., Scarlett Johansson, Mark Ruffalo, James Franco, Martin Sheen, Julienne Moore, un’altra quindicina di stelline e un paio di persone normali raccattate prima delle riprese, probabilmente dal supermercato di fianco allo studio di registrazione, per un centone.
È un montaggio continuo di primi piani, piani americani, figure intere. Tutte su sfondo bianco che pronunciano uno stesso discorso. Dura tre minuti circa e vederlo oggi, a pochi giorni dal voto che ha portato Donald Trump alla Casa Bianca, è molto istruttivo, per due motivi. Il primo perché forse, ora che il calore e la foga da campo di battaglia della campagna di comunicazione per le Presidenziali, ci fa capire perché Hillary ha perso male. Il secondo, perché per molti di noi — compreso per chi scrive queste righe — può servire come spia di allarme per vedere in noi qualcosa che prima non vedevamo. Qualcosa di brutto, un atteggiamento etico autoritario. Sì, perché, presi dalla foga e dal terrore del Donald Trump in sé, non ci siamo accorti del Donald Trump in me, in te, in molti di quei Noi, che abbiamo dato per scontato essere il Noi maggioritario nel mondo occidentale. Sbagliando di grosso.
Probabilmente leggere alcuni dei passaggi di quel video rende più l’idea di quanto faccia sentirli. Il bel faccino di Mark Ruffalo, lo sguardo affascinante di Scarlett Johanson, i baffoni simpatici di James Franco e il carisma assassino di Julianne Moore probabilmente ci hanno distratto troppo. A scrivere quel che dicono non ci sono tanti dubbi su quanto sia arrogante, autoritario e, se volete usare il termine, fascista, il messaggio che qualcuno ha scritto per loro. Ah sì, perché sono attori, ed è importante ricordarselo.
L’attacco è tutto per Robert Downey Jr., ovvero un fantastico Sherlock Holmes e un discreto Iron man che con una giacca nera elegante su una t-shirt aderente con un cuoricino apre le danze: «Martedì 8 novembre», dice, «questo paese dovrà prendere un’importante decisione». «La più importante decisione», sottolinea Scarlett Johansson. «La più importante decisione della sua storia», aggiunge Keegan-Michael Key, comico e attore.
E poi si va avanti con il carosello: «voi avete la possibilità», «un obbligo», «siete parte di una decisione», «forse credete che non contate nulla, ma non è vero». E via, in picchiata verso il “Mangino brioches”, con un «L’unico modo che esiste per farvelo capire e mettere in fila tanti, tanti, una tonnellata — «una fottuta merda di tonnellata», dice con uno sguardo che ucciderebbe ogni maschio nerd bianco etero del globo Julianne Moore — di personaggi famosi che ve lo ripetano». Sì, lo dicono. Dicono veramente che l’unico modo di farci capire che le elezioni sono importanti e che queste lo sono di più è che ce lo dicano un sacco di personaggi famosi.
Non è finita. Poi peggiora. E qual è il motivo per cui tutta questa “fottuta merda di tonnellata di personaggi famosi” – citando madame Moore – potrà mai decidere di mettere il proprio prezioso tempo a nostra disposizione? Perché si stanno abbassando al nostro livello? Ce lo dicono proprio loro. Perché il razzismo può distruggere l’America. Perché «non vorrete mica dare le armi nucleari in mano a uno vorrebbe dar fuoco a tutto quello che vede?». Fortunatamente ci sono loro che ce lo dicono. Meno male che c’è Iron Man e la Vedova Nera che ce lo dicono: siamo Noi la soluzione. Noi possiamo fermare l’incubo prima che cominci. Possiamo salvare le elezioni. E lo dobbiamo fare per i nostri figli, per l’America, per la nostra comunità.
Ma non è ancora finita. Chi ha scritto questo spot non era ancora soddisfatto e deve aver pensato che, se non bastava la retorica del mostro, forse serviva qualcosa di più convincente per portare a votare Hillary dei giovani piccolo borghesi annoiati chiusi nelle loro camerette e che non hanno mai votato — perché quello era il target, non certo i vaccari del Texas o le casalinghe del Midwest. E cosa hanno pensato di fare? Sedetevi, perché questa è proprio bassa.
«Se lo fate», dicono in coro, «nel prossimo film Mark Ruffalo farà una scena di nudo integrale». «Full Marky!», grida uno di loro, con il povero Mark Ruffalo che si vergogna. Insomma, uno scambio merce tra il gesto civico più importante di una società democratica e il cazzo di un attore. E di colpo, quella che era iniziata come la battaglia civile di un gruppo di miliardari, diventa il più lubrico insulto a ogni genere di elettore e di elettrice. La partecipazione politica contro il nudo integrale di un attore. Difficile stabilire se Trump sarebbe stato capace di fare di peggio.
Il cortocircuito morale dello star system americano è uno spot realizzato da una piccola casa di produzione americana a metà settembre, che si intitola Save the day. È un invito alla partecipazione al voto dell’8 novembre, un appello al senso civico da parte di una manciata di stelle del cinema. Ma di colpo, quella che era iniziata come la battaglia civile di un gruppo di miliardari, diventa il più lubrico insulto a ogni genere di elettore e di elettrice
Ricapitoliamo: una trentina di attrici e attori che conosciamo perché ci intrattengono al cinema o in televisione durante il nostro tempo libero, nei vestitini lucidi, coloranti e aderenti dei supereroi o in quelli tutti uguali di H&M di persone comuni come noi, ci insegnano la morale. Di più: trenta privilegiati molto più privilegiati di noi, che già siamo molto più privilegiati del 80 per cento del mondo, scendono dal loro piedistallo dorato con un sorriso bonario da Eirene, dea della pace, o da Madonna di Loreto e pretendono di insegnarci l’unica «fottuta merda» (scusate l’oxfordismo, ma è una citazione: Moore, 2016) di cosa che non si può insegnare?
Eh sì. Non è mica una novità che la morale non si insegna. La morale si dimostra. È come la Letteratura: show, don’t tell. Non farmi la predica, fammi vedere come si fa. Perché se no sei un ipocrita. E l’ipocrisia non va a nozze con la morale. La matematica si insegna, la morale no. Un padre non insegna al figlio che non insultano le persone più deboli. Semplicemente non lo fa. Una madre non insegna al figlio che bisogna ascoltare anche chi la pensa diversamente e poi ribattere, argomento per argomento, senza mai sentirsi superiori, ma dimostrando che al massimo lo sono le proprie idee. Semplicemente, lo fa.
Donald Trump è un razzista, un machista, un omofobo, un fascista che mette a repentaglio le libertà fondamentali che gli americani hanno saputo conquistarsi? Sì, purtroppo così sembra, e a tanta gente fa molta paura. Compreso a chi scrive questo articolo. Ma l’autoritarismo non si vince con un altro autoritarismo. La democrazia si difende con la democrazia. Facciamocelo piacere questo concetto, perché non è una boutade da sociologi da social network. È l’unica cosa che differenzia la democrazia dagli altri sistemi di governo.
E se ha ora un miliardario sessista omofobo e razzista come Donald Trump è l’uomo più potente del mondo è proprio perché il 25 per cento dell’America che l’ha votato e il 50 per cento dell’America che non è andata a votare, ne hanno le palle piene di chi ha le risposte in tasca a problemi che non ha.