Le nuove generazioni forse porteranno una ventata di novità: idee nuove, modi di vivere nuovi, freschezza e bellezza. Per il momento, però, hanno portato solo tante parolacce in ufficio. È un dato di fatto: lo sostiene una ricerca condotta su 1.500 americani dalla piattaforma di manager Wrike, che ha messo in luce un aspetto poco investigato finora, cioè che i Millennials, cosiddetti, forse non sono superinnovativi, ma di sicuro sono maleducati.
È normale, per loro, esprimersi come gli viene. Per i loro predecessori, cioè la generazione X e i baby boomers, no: solo il 58% si lascia sfuggire brutte parole sull’orario di lavoro. I più giovani, come facevano in tempi meno nobili, se ne fregano. Le donne, poi, anche di più: la ricerca dimostra che, in questo senso, la parità è stata raggiunta. Donne e uomini (giovani) sul posto di lavoro non fanno differenze: dicono parolacce, accettano di buon grado che lo facciano anche i colleghi e, piuttosto, lo considerano uno strumento per creare dei legami di lavoro più solidi.
A prescindere dalle età, la ricerca mette in luce alcune tendenze che variano a seconda della professione. I più maleducati orbitano intorno al mondo della sanità: la maggior parte dei dipendenti dice parolacce al lavoro, e il 45% lo fa in modo frequente. È da capire: salvare le persone genera ansia, il contatto diretto con la morte, le malattie e con i difetti degli esseri umani, provoca frustrazione e amarezza. Ci si sfoga così. Al secondo posto sono le professioni finanziarie, in cui il 62% giura di dire sconcezze sul lavoro. È, anche qui, una questione di tensione – gira la testa e si perde il controllo con facilità quando si maneggiano miliardi di euro in pochi secondo. Al terzo posto, il mondo del tech: forse perché è cool, forse perché, tutto sommato, è composta da giovani (e allora: vedi sopra).
Il problema, però, come evidenzia la ricerca, è che al quarto posto ci sono insegnanti, educatori, maestre e maestri. Le dicono di nascosto, lontano dai bambini, sostengono. Ma qualcosa sfuggirà di sicuro, c’è da presumere. E non è strano, allora, il fatto che le nuove generazioni siano più sboccate: li educano a diventarlo. Ed è un peccato, perché il linguaggio volgare non solo appiattisce il pensiero (non siamo tutti Gadda) ma, se usato con parsimonia, è anche un’occasione sana per sfogarsi, per cambiare il registro, per modificare le proprie sensazioni. Se diventa normale e colloquiale, se cioè non è più un tabù, quale valvola di sfogo espressiva resterà a disposizione?