Nord contro Sud, il referendum di Renzi ha diviso l’Italia

Il premier è impegnato in una campagna permanente. Rincorre il voto in Sicilia - dove promette la decontribuzione totale per chi investe al Sud - ma al Mezzogiorno i sondaggi danno in vantaggio il No. Sopra il Po il Sì sembra favorito, ma non ovunque: nelle terre venete la sfida è ostica

Un incontro con l’ordine dei medici ad Aci Castello e una visita al cantiere stradale sulla Agrigento-Caltanissetta. Un’inaugurazione all’Università di Catania e un dibattito al Teatro Politeama di Palermo. E poi apparizioni a Siracusa, Ragusa, Cinisi. Più che una visita istituzionale, quello di Matteo Renzi in Sicilia è un vero tour de force. Almeno nove diversi appuntamenti su e giù per l’isola nell’arco di ventiquattr’ore. E non è ancora finita. Ai piedi dell’Etna il presidente del Consiglio tornerà presto. Proprio a Catania, infatti, ha deciso di chiudere la campagna per il referendum costituzionale del 4 dicembre.

Non è un mistero: nelle regioni meridionali la partita è difficile. Secondo i sondaggi il “No” è in netto vantaggio. Intenzioni di voto alla mano, per il governo è proprio la Sicilia la terra più ostica. Se si votasse oggi, da queste parti i contrari alla riforma potrebbero sfiorare il 60 per cento. Ecco perché Renzi dedica tanta attenzione alla Trinacria. Tra un incontro istituzionale e l’altro, non manca qualche annuncio ad effetto. Qualche settimana fa il premier aveva riaperto alla possibilità di costruire il Ponte sullo Stretto? Bene, ieri ha annunciato la decontribuzione totale per le aziende che il prossimo anno investiranno al Sud. Impegni politici che – gli avversari non hanno dubbi – hanno l’unico obiettivo di convincere gli elettori siciliani ancora indecisi sulla riforma.

In attesa del voto, il referendum costituzionale ha spaccato geograficamente l’Italia. Perché sopra il Po favorevoli e contrari alla riforma sono considerati quasi in parità (ma Milano i “Sì” sono dati in nettissimo vantaggio). Nel Mezzogiorno, invece, è largamente diffuso il No

Il solo risultato per ora acquisito è che il referendum costituzionale ha spaccato geograficamente l’Italia. Perché sopra il Po favorevoli e contrari alla riforma sono considerati quasi in parità, (mentre a Milano i “Sì” sono dati in nettissimo vantaggio). Nel Mezzogiorno, invece, il trend è quello siciliano. Stando agli ultimi sondaggi di IPR Marketing, al Sud e nelle isole il “No” ha raggiunto il 56 per cento. Siamo invece al 55 per cento secondo le stime di Tecné. Certo, le cifre vanno interpretate con tutte le cautele del caso, viste anche le brutte sorprese di questi anni. Peraltro molti italiani non hanno ancora un’opinione precisa sulla riforma. Gran parte di loro deciderà che cosa (e se) votare solo negli ultimi giorni.

«Al Sud la tendenza sembra questa, ma ancora è presto per essere sicuri», racconta Lorenzo Pregliasco, esperto di comunicazione politica e cofondatore di You Trend e Quorum. «Intanto può essere interessante interrogarsi sui motivi. Al Sud il No è in vantaggio perché c’è più sfiducia nei confronti del governo? O forse perché la situazione economica ha colpito maggiormente queste regioni?». Fare troppe previsioni a tre settimane dal voto diventa difficile. Il Mezzogiorno è un territorio politicamente “instabile”. Qui nelle ultime elezioni l’orientamento è cambiato più volte. «E non dimentichiamo la componente Cinque Stelle – insiste l’esperto – Il Sud è un’area particolarmente favorevole ai grillini, anche questo aspetto potrebbe influire». Ieri il quotidiano La Repubblica descriveva la Sicilia come la Florida d’Italia, la regione chiave che potrà fornire un’indicazione decisiva sull’esito finale del referendum. «Anche io ho l’impressione che la partita referendaria si giocherà proprio nel Mezzogiorno», ammette Pregliasco.

In caso di vittoria del Sì, c’è chi scommette che sarà determinante un’altra regione: la Lombardia. Un tempo cuore dell’asse del Nord – quello stretto per quasi vent’anni da Silvio Berlusconi e Umberto Bossi – la Lombardia sorride da tempo al Pd. Alle Comunali di quest’anno, Renzi ha vinto ovunque: confermando la guida di Milano e strappando Varese alla Lega dopo ventitré anni, ormai tutte le undici città capoluogo della regione sono guidate dal centrosinistra. A Milano i big grillini, da Di Maio e Di Battista, sabato scorso hanno riempito un teatro per contestare la riforma, ma in città continuano a non sfondare e nemmeno a incidere in profondità nel dibattito pubblico. Dove il No è più forte è comunque nelle aree più periferiche. Ed è lì che il fronte dei contrari alla riforma – da queste parti capeggiato dalla Lega di Matteo Salvini – conta di fare la differenza.

Un incontro con l’ordine dei medici ad Aci Castello e una visita al cantiere stradale sulla Agrigento-Caltanissetta. Un’inaugurazione all’Università di Catania e un dibattito al Teatro Politeama di Palermo. E poi apparizioni a Siracusa, Ragusa, Cinisi. Più che una visita istituzionale, quello di Matteo Renzi in Sicilia è un vero tour de force. Almeno nove diversi appuntamenti su e giù per l’isola nell’arco di ventiquattr’ore

Per consolidare il Sì, intanto, Renzi sta battendo in lungo e in largo la Lombardia. Proprio come in Sicilia. A Milano il premier è stato anche tre volte al mese, da settembre. Ha firmato un patto con il sindaco Giuseppe Sala, per mandare più risorse (e militari). Ha discusso del post-Expo. Ha tenuto lezioni in due università importanti, il Politecnico e la Cattolica. Poi ha visitato diverse aziende fuori città, in quella provincia profonda che meno si fa incantare dalla politica nazionale. Negli ultimi giorni, il salto di qualità: mettendo da parte il ruolo principale di presidente del Consiglio, Renzi ha iniziato un tour come segretario del Pd per spiegare le ragioni del Sì al referendum. Milano, Bergamo, Brescia. Prima del 4 dicembre potrebbe tornare per incontri a Pavia e a Varese. Il tutto, in un pressante intreccio con la presenza in Lombardia anche del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, che ha anticipato di qualche ora Renzi con un tour a Crema, Cremona, Brescia, Varese e Como.

La questione settentrionale è passata di mano, dalla destra alla sinistra? Non proprio. «Premettiamo che, sì, al Sud il voto cosiddetto di protesta è molto più consistente – osserva Luca Comodo, direttore del dipartimento politico-sociale di Ipsos -. E che non è tanto il Pd a essere in difficoltà, quanto la proposta politica di Renzi. Ma al Nord il consenso favorevole è a macchia di leopardo». La Lombardia è importante, è una bandiera da non ammainare se si hanno ambizioni di governo. Ma è una partita a sé. Nel Nord Ovest, nell’ultimo sondaggio di Tecné il No è in testa 52 a 48, mentre Ipr Marketing fa prevalere il Sì al 51 per centro. ma nel Nord Est la storia è diversa: per Ipr Marketing il No è in testa con il 54 per centro. «Nel Nord Est – dice Comodo – c’è una presenza più diffusa della Lega, che imprime un orientamento anti-Renzi molto forte. E poi storicamente il dato del Pd è più forte nei capoluoghi, è quindi abbastanza coerente che nelle città abbia un consenso più favorevole. Ma fuori non sempre raccoglie questa percezione positiva». Non è detto, dunque, che la scelta di Renzi di essere presente ovunque (anche sulle tv locali, a cui sta raramente negando brevi interviste esclusive) porti a ribaltare definitivamente i pronostici. In questo, però, il capo del Governo è riuscito a personalizzare nettamente il voto. Quel che guadagnerà dalla spaccatura fra Nord e Sud sarà tutta farina del suo sacco.

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