A Milano dovevano esserci le barricate e invece sono arrivati i profughi.
La Caserma Montello è stata raccontata nelle ultime settimane come una sorta di “linea Maginot” dell’accoglienza. Il “fortino” da non cedere per chi è favorevole alla redistribuzione dei richiedenti asilo e il confine da non sorpassare per chi vi si oppone.
I fatti di Goro e del ferrarese avevano dato nuova linfa a questo secondo fronte. Che l’altro ieri è uscito però sconfitto. Il blitz mattutino con cui il Prefetto Marangoni ha deciso di trasferire la prima tornata di profughi in via Caracciolo è parso uno schiaffo. Le divisioni interne fra il “Comitato Montello” e il “Comitato Degrado e Sicurezza”, spaccati sul rispettare o meno la decisione presa dalle “guardie”. La scarsa partecipazione del quartiere dove si saranno pure raccolte 5mila firme fra i residenti ma che, lunedì sera, ha visto scendere in piazza non più di 200 persone sotto l’effigi di CasaPound, Fratelli d’Italia, Lega Nord.
Il blitz in notturna della Prefettura contro chi si opponeva al trasferimento dei profughi: quasi la metà già spostati alla Caserma Montello, la “linea Maginot” dell’accoglienza a Milano
In mezzo le polemiche sui costi: 31 euro e spiccioli per ognuno dei profughi accolti (più della metà provenienti da altri centri milanesi), con il Comune di Milano che ha pubblicato i costi relativi solo ai primi due mesi di affidamento della Caserma Montello alla “Fondazione Fratelli di San Francesco” – già finita nel mirino dell’Espresso per una storia di speculazione finanziaria che riguarderebbe il capo della fondazione, frate Clemente Morrigi. Nonostante le smentite e le diffide l’articolo ancora svetta sul sito del settimanale.
La struttura gestita dalla “Fondazione Fratelli di San Francesco” già finita nel mirino de L’Espresso per una brutta storia di speculazione finanziaria, nonostante le smentite
Fra i pochi a manifestare in piazza Firenze c’era anche Stefano Pavesi. Eletto nelle fila della Lega Nord nell’ottava municipalità milanese, il consigliere è salito alla ribalta mediatica durante l’ultima campagna elettorale, per essere uno degli esponenti di spicco di Lealtà e Azione. Solo a maggio lui la definiva, intervistato dal Corriere, «una delle più belle realtà giovanili di Milano». Per tutti gli altri la sigla è una delle più influenti nella galassia nera alle cui spalle opera il movimento degli Hammerskins.
Consigliere Pavesi, ci si attendeva le barricate e invece…
La manifestazione non è stata organizzata direttamente dalla Lega anche se sono presenti dei partiti. Sì, ci aspettavamo una risposta maggiore dal quartiere dopo che 5000 residenti avevano firmato contro la destinazione della Caserma all’accoglienza. La serata di Halloween non ha aiutato la partecipazione.
I comitati hanno litigato fra di loro?
Questa manifestazione era stata organizzata da sigle diverse rispetto al comitato “No alla Montello” che per più di un mese ha raccolto le firme. Si sperava in una manifestazione dei cittadini che partisse e arrivasse dal quartiere, non dai partiti o dai movimenti.
Pare non abbia funzionato. Non si vedono leader in piazza. Salvini settimana scorsa aveva “implorato” la cittadinanza di darsi da fare dicendo: «Non posso sdraiarmi per strada sempre io»…
È probabile che quando ci si muove come partito e sopratutto quando c’è il segretario Salvini le persone si muovono di più perché hanno un punto di riferimento da seguire.
Stefano Pavesi, consigliere Lega Nord proveniente da Lealtà e Azione, sigla Hammerskins: «Erano state raccolte 5000 firme me senza leader come Salvini o Meloni le persone non si muovono. La notte di Halloween non ha aiutato»
Vale lo stesso per altri leader nazionali? Per esempio Giorgia Meloni o i vertici di Forza Nuova?
Per quanto riguarda Lealtà e Azione abbiamo deciso coscientemente di seguire gli abitanti del quartiere e andare a ruota. Non abbiamo messo il cappello sulla manifestazione, con una presenza tranquilla, contenuta e senza bandiere. Certo, fosse venuta la Meloni l’effetto sarebbe stato diverso.
Siete stati sorpassati a destra dai pescatori di Gorino. E adesso? Persa la battaglia ma non la guerra?
Non apriremo nuovi fronti perché non abbiamo informazioni su altri luoghi da destinare ai migranti. Ora l’obiettivo è che questa caserma rimanga un caso isolato a Milano, che queste 300 persone non aumentino e che entro il dicembre 2017 tutti fuori per fare qua la cittadella della polizia o quello che è in progetto. Altri fronti milanesi al momento non ne apriamo. Lealtà e Azione questo venerdì farà un presidio davanti al bosco della droga di Rogoredo, ne hanno scritto i giornali anche questa settimana. Che è solo un’altra faccia dello stesso fenomeno.
Sul caso ferrarese vorrei direi che ci sono diversità territoriali. Se prendiamo questo quartiere, piazza Firenze, Mac Mahon, è palese: non ci sono mai state problematiche di questo tipo e quindi la popolazione si lamenta, firma ma non fa il passaggio successivo.
«Ora i profughi fuori entro dicembre 2017 e che non ne arrivino degli altri. Le persone si lamentano ma le barricate non le fanno»
Quale?
Bloccare una strada e fare le “barricate”.
Non lo farà mai?
Può accadere invece. Se fra un mese succede qualcosa con i migranti, tipo uno scippo o uno stupro, il tappo rischia di saltare. E questo è il vero caos della gestione emergenziale che accomuna Sala, Renzi e l’Europa.
Il problema è quindi la sicurezza. Se i profughi venissero presi e messi in una caserma a 1500 metri di altitudine senza contatti con la popolazione voi sareste d’accordo?
Sarebbe meglio di adesso. Ma il problema è a monte: andiamo a prenderli davanti alle coste libiche, li portiamo in Italia e impieghiamo mesi, anni a identificare queste persone. Chi non ha diritto allo status di rifugiato non viene rispedito a casa. Molti di quelli trasferiti alla Montello vengono dal centro di via Aldini, a Quarto Oggiaro. Lì ci sono persone a cui è già stata rigettata la richiesta di asilo o protezione internazionale in Italia.
Probabilmente hanno fatto ricorso come previsto dalla legge…
Sì. Ma con i diversi gradi di giudizio a cui appellarsi passano anni prima che si capisca che non possono stare in Italia. Bisogna snellire la procedura. Questa lungaggine fa esplodere la tensione sociale fra stranieri e italiani.
Quando sarebbe successo a Milano?
Settimana scorsa per esempio. In stazione centrale, che è un crocevia di pendolari, lavoratori, residenti e, da un po’ di anni, migranti. Settimana scorsa è stato aggredito il Presidente di zona 2, Samuele Piscina, perché stava filmando e riprendendo. Scippi e furti sono all’ordine del giorno. È questo che succede senza una politica concreta.
Che sarebbe?
Di certo non spostarli da una parte all’altra della città. Anzi, prendere tutti i nomi, schedarli, le impronte digitali. Chi ha il diritto resta chi non ce l’ha no. E sopratutto bloccare l’ingresso di altre persone.
168mila su un miliardo è un’invasione? «Sì, se si fermano in Italia». Li lascereste morire in mare? «No, ma dopo il soccorso li si riporta nei Paesi di origine»
Lasciandole morire in mare?
No. Li possiamo soccorrere ma per riportarli da dove sono venuti.
Parliamo dell’invasione: l’anno scorso via mare sono entrate 168mila persone dalle coste africane, 168mila su un continente di 1,2 miliardi. È un’invasione?
Il problema è che si fermano in Italia. Vorrebbero andarsene ma non possono perché Francia, Svizzera e Austria chiudono le frontiere e fanno i controlli in entrata. E fanno bene. Dovremmo fare lo stesso anche noi perché non possiamo diventare un grande campo profughi a cielo aperto. Si arriva al collasso.
Quindi, il petrolio nigeriano in Europa va bene mentre l’uomo nigeriano che ha perso lavoro per il crollo del prezzo del greggio non va bene?
Le grandi potenze sfruttano i Paesi più poveri per i loro interessi, lo sappiamo. Questo gioco di globalizzazione e mondialismo serve a sostituire etnicamente e sopratutto economicamente i nostri popoli. Sostituzione economica significa che ci devono essere nuovi mercati e nuovi lavoratori a basso costo. Non vale solo per gli immigrati ma anche per altre categorie come la lobby LGBT che noi combattiamo. È tutto figlio del mondialismo.
Pavesi, alberghi a cinque stelle che poi si rivelano stamberghe abbandonate, notizie sugli esteri spesso false. L’estrema destra intrattiene un rapporto controverso con “bufale” e complottismo…
Sul sito di Lealtà e Azione potete vedere le conferenze che facciamo e le testimonianze di persone sul luogo che portiamo. Noi parliamo o con esperti oppure essendo andati in alcuni luoghi. Per esempio sulla Siria, ci siamo stati, abbiamo visto come è la situazione e sappiamo che non ci viene raccontata tutta la verità sui “buoni” e i “cattivi”. Sul complottismo tout court non mi esprimo perché non ci interessa.
Bufale e complottismo: «Noi parliamo della Siria perché ci siamo stati e sappiamo che non ci viene detta la verità». I movimenti di estrema destra nell’est d’Europa? «Hanno radici più forti, difendono la patria»
Siete stati in aree controllate dai ribelli, dai curdi o dal governo?
Parte governativa.
Fra poco più di 10 giorni il raduno a Roma di tutte le forze europee di estrema destra. Parteciperete?
Io personalmente no. Lealtà e Azione nemmeno.
Il Front National corre per le presidenziali, Jobbik in Ungheria ha appena vinto un referendum sulle quote, nonostante la scarsa affluenza; in tutto l’est europeo si moltiplicano ronde e “cacciatori di migranti” al confine. Voi avete perso sulla caserma Montello…
Sia i partiti che i movimenti all’estero ottengono risultati migliori dei nostri. È sicuro. In Francia c’è un altro tipo di discorso: le ex colonie e l’arrivo di cittadini ex francesi. Anche i terroristi spesso lo sono. Nell’est d’Europa sono più forti le radici, il sentimento di appartenenza. Loro difendono la propria patria.
Notizie dal Network
Rimandato a settembreGli agricoltori europei si oppongono all’accordo con il Mercosur Sparkling Night Natale in Franciacorta Effetto BruxellesL’eccezionale paralisi politica del Belgio è ormai diventata la norma Lessico famigliare Venti storie di donne, sorelle e madri, pioniere della fotografia del Novecento