Una campagna referendaria sull’orlo di una crisi di nervi

Colpi bassi, scorrettezze e strumentalizzazioni. Mentre i comitati del Sì e del No denunciano le irregolarità degli avversari, l’ipotesi di rinvio del voto scatena nuove tensioni. Mancavano solo le minacce di morte, sono arrivate anche quelle

ANDREAS SOLARO/AFP/Getty Images

Una campagna referendaria sull’orlo di una crisi di nervi. A un mese esatto dal voto, ormai lo scenario si va delineando. La riforma costituzionale ha dato vita a uno dei confronti politici più isterici della recente storia italiana. Con tanti saluti a chi, in seguito al sisma dei giorni scorsi, aveva invocato una moratoria sulle polemiche. I fronti contrapposti non perdono occasione per lanciarsi accuse reciproche. Da una parte e dall’altra si denunciano scorrettezze, strumentalizzazioni, furberie. Sullo sfondo, gli elettori sono costretti ad assistere a colpi bassi che fanno quasi rimpiangere le vecchie tribune elettorali. Mancavano solo le minacce di morte. A detta del comitato per il Sì, pochi giorni fa sono arrivate anche quelle.

Le tensioni non risparmiano nessuno. Ieri sono state convocate due conferenze stampa, ognuna con l’obiettivo di rivelare le presunte irregolarità degli avversari. I responsabili del comitato “Basta un Sì” hanno annunciato un esposto all’Agcom contro alcune trasmissioni de La7. Colpevoli, a loro dire, di aver organizzato dibattiti televisivi squilibrati, invitando come ospiti “terzi” alcuni giornalisti palesemente schierati contro la riforma. Al centro delle accuse sono finiti i programmi Otto e mezzo, Piazzapulita e la Gabbia. Botta e risposta. Più o meno nelle stesse ore il comitato per il No guidato dal costituzionalista Alessandro Pace ha incontrato i giornalisti alla Camera per denunciare la sovraesposizione mediatica del premier Renzi. Stavolta la polemica riguarda i telegiornali di Rai e Sky, colpevoli di aver dato troppo spazio alle ragioni dei favorevoli alla riforma. «Una prepotenza che nasconde anche un uso spregiudicato del potere» come ha spiegato il vicepresidente del comitato Alfiero Grandi.

E meno male che in seguito al sisma del Centro Italia qualcuno aveva invocato una moratoria sulle polemiche politiche… I fronti contrapposti non perdono occasione per lanciarsi accuse reciproche. Da una parte e dall’altra si denunciano scorrettezze, strumentalizzazioni, furberie. Mancavano solo le minacce di morte. A detta del comitato per il Sì, pochi giorni fa sono arrivate anche quelle

Le polemiche aumentano, i toni si alzano. Forse hanno già raggiunto il livello di guardia. Davanti alla stampa, il presidente di “Basta un Sì” Antonio Funiciello denuncia «il clima sempre più pesante e non più tollerabile» delle ultime settimane di campagna elettorale. Pochi giorni fa – dopo aver ricevuto alcune minacce di morte sulla pagina Facebook – il comitato ha presentato una denuncia alla Digos. Raccontano che altri insulti siano stati recapitati via web a diversi attivisti. Mentre alcuni esponenti del gruppo studentesco “Stavolta Sì” di Bologna avrebbero persino subito un’aggressione fisica.

In Parlamento basta l’ipotesi di un rinvio del referendum per scatenare altro nervosismo. Se ne parlava già da alcuni giorni. Dopo il terremoto del Centro Italia qualcuno aveva avanzato la possibilità di posticipare la consultazione popolare. Un’accortezza necessaria per garantire il regolare svolgimento del voto, ma anche per assicurare quel clima di concordia nazionale auspicabile di fronte a una simile tragedia. Purtroppo quando ieri il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha aperto all’eventualità, si è scatenato il finimondo. Ancora una volta i toni si sono alzati oltremisura. «La verità è che hanno paura» ha spiegato il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta, dopo aver paragonato Alfano a un “dittatorello sudamericano”. Nella migliore delle ipotesi si è arrivati ad accusare il governo di sfruttare il terremoto per il proprio tornaconto. «Non si azzardino a strumentalizzare le vittime del sisma per i loro loschi fini politici», così i Cinque Stelle. E alla fine il presidente del Consiglio è dovuto intervenire per negare ogni ipotesi di rinvio.

Le tensioni continuano ad aumentare. Come se la lunghissima campagna elettorale iniziata la scorsa primavera non fosse abbastanza lacerante. Archiviate le ultime ipotesi di slittamento per l’emergenza terremoto, sul destino del referendum incombe ancora l’incognita del ricorso dell’ex presidente della Consulta Valerio Onida

Le tensioni crescono. Come se ce ne fosse bisogno, in attesa di un referendum già caricato di troppe aspettative (a partire dall’annuncio del premier di volersi dimettere in caso di sconfitta). Come se la lunghissima campagna elettorale iniziata la scorsa primavera non fosse abbastanza lacerante. Intanto, dopo le ultime ipotesi di slittamento, la partita referendaria si infittisce di nuovi retroscena. C’è chi assicura che dietro Pierluigi Castagnetti, l’esponente dem che per primo aveva sollevato la questione del rinvio, ci sarebbe la mano del Quirinale, preoccupato dalle conseguenze politiche di una vittoria del No al referendum. Altri raccontano le strategie sotterranee di Renzi, intenzionato a posticipare il referendum dopo aver visto i sondaggi sempre più negativi. «Pare che fino a ieri supplicasse Berlusconi di aiutarlo a rinviare», ha scritto ieri Beppe Grillo su Facebook. Scenari difficilmente verificabili. Resi ancora più incontrollati da un’altra vicenda. Sul destino del referendum, infatti, incombe ancora l’incognita del ricorso dell’ex presidente della Consulta Valerio Onida. In questi giorni si resta in attesa della decisione del tribunale civile di Milano, chiamato decidere sulla legittimità del quesito referendario. In caso di coinvolgimento della Consulta, il rischio è quello di uno slittamento della consultazione al 2017.

Tanto per non farsi mancare nulla, all’interno del Partito democratico la temperatura continua a salire. La notizia di ieri è che l’ex segretario Pierluigi Bersani ha finalmente deciso di schierarsi apertamente contro la riforma costituzionale. La prossima settimana sarà in Sicilia per partecipare a due iniziative pubbliche per il No al referendum, con tutto il carico di polemiche che inevitabilmente seguiranno. Al voto del 4 dicembre, intanto, manca ancora un lunghissimo mese.

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