Vent’anni senza contratto, i ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità costretti a occupare

In attesa di risorse nella legge di Bilancio, in centinaia hanno occupato l’Aula magna dell’ente. Qui vengono svolti i controlli sui vaccini e si protegge il Paese in caso di emergenze sanitarie. Eppure 500 persone aspettano un contratto da decenni. «E poi si lamentano della fuga dei cervelli»

«La mia impressione? Lo Stato non ha alcun interesse a investire sulla ricerca. È un problema di lungimiranza». Luca Pasquini è un ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità. Entrato nel 2001 come tesista, quindici anni dopo è ancora in attesa di essere stabilizzato. Ufficialmente ha un incarico di collaborazione coordinata e continuativa. Si è occupato di importanti studi sul carcinoma ovarico. Recentemente ha vinto una prestigiosa opportunità di ricerca internazionale con il programma europeo di finanziamento Horizon 2020. Ma è ancora precario. All’ISS vivono nella stessa situazione almeno 530 colleghi. Rappresentano il 25 per cento dell’organico. L’anzianità media è di 15 anni, ma c’è chi aspetta un contratto da molto più tempo. Sono ricercatori, per la maggior parte, ma non mancano tecnici di laboratorio. E così da due giorni hanno occupato per protesta l’Aula Magna dell’ente. All’interno di un’enorme palazzone di marmo bianco lungo Viale Regina Elena, a Roma.

«E poi si scandalizzano per la fuga dei cervelli», sorride amaro Pietro Panei. Lui ha sessantaquattro anni, ma è ancora un ricercatore a tempo determinato. All’Istituto Superiore di Sanità è arrivato nel 1992, c’era ancora la Prima Repubblica. All’epoca l’istituto stava organizzando una grande ricerca clinica sui vaccini contro la pertosse. Farmaci innovativi, più sicuri ed efficaci. Proprio da quegli studi sono stati prodotti i vaccini che attualmente vengono usati contro la meningite. Pietro ripercorre con la memoria le esperienze professionali di questi anni. Come la sperimentazione portata avanti in Africa per bloccare la trasmissione materno-fetale del virus dell’Hiv. Tutte ricerche che ancora vengono citate nelle principali pubblicazioni scientifiche.

«E poi si scandalizzano per la fuga dei cervelli», sorride amaro Pietro Panei. Lui ha sessantaquattro anni, ma è ancora un ricercatore a tempo determinato. All’Istituto Superiore di Sanità è arrivato nel 1992, c’era ancora la Prima Repubblica. All’epoca l’istituto stava organizzando una grande ricerca clinica sui vaccini contro la pertosse.

Precari, sì. Ma con responsabilità enormi. «Qui dentro ci occupiamo di ricerca sanitaria nella sua accezione più ampia» racconta in Aula magna Cristiano Fiorentini, tecnico di laboratorio ed esponente dell’USB. All’interno dell’ISS vengono svolti i controlli sui vaccini e si svolge l’attività di sorveglianza sulle infezioni. «Se c’è un problema sanitario nel Paese, si rivolgono a noi». Il lavoro di questi ricercatori tocca da vicino la vita di tutti gli italiani. E non solo nel caso estremo di un’emergenza sanitaria. In questi laboratori vengono svolti i controlli sugli alimenti sequestrati dai Nas. E da qui provengono i dati sulla mortalità nella Terra dei fuochi. Come ha spiegato in queste ore il presidente Walter Ricciardi: «Non è soltanto il più grande Istituto di sanità pubblica e di ricerca biomedica del Paese, ma anche l’organo tecnico-scientifico del Servizio Sanitario Nazionale cui garantisce servizi essenziali per la qualità e la sicurezza delle tecnologie biomediche e delle cure. All’ISS sono affidate funzioni vitali per il Paese e altre ancora ne verranno affidate con leggi appena approvate o in discussione, quali quelle relative agli screening neonatali, all’autismo, alle responsabilità professionali del personale sanitario».

Eppure 530 persone aspettano ancora un contratto. «Lo scorso maggio – continua Fiorentini – il ministro Beatrice Lorenzin si è impegnata a risolvere il problema. Assicurando l’investimento necessario per la regolarizzazione dei precari». Si tratta di circa 30 milioni di euro. Nella legge di Bilancio all’esame del Parlamento, però, lo stanziamento non è stato ancora confermato. Proprio in queste ore la partita si sta giocando nella V commissione di Montecitorio. Nell’Aula magna dell’istituto arrivano le notizie sugli emendamenti che potrebbero garantire l’assunzione di tecnici e ricercatori. «In ogni caso noi non smobilitiamo» raccontano i lavoratori, che hanno trascorso la seconda notte nella sede dell’ente. «E non andremo via fino a quando non avremo la certezza di un piano di stabilizzazione per tutti i precari dell’Istituto Superiore di sanità».

Eppure 530 persone aspettano ancora un contratto. «Lo scorso maggio – continua Fiorentini – il ministro Beatrice Lorenzin si è impegnata a risolvere il problema. Assicurando l’investimento necessario per la regolarizzazione dei precari». Si tratta di circa 30 milioni di euro. Nella legge di Bilancio all’esame del Parlamento, però, lo stanziamento non è stato ancora confermato

Tra di loro c’è chi aspetta di essere regolarizzato da vent’anni. Come si è arrivati fino a questo punto? «Prima c’era il blocco dei contratti – racconta Pietro Panei – Poi ci hanno detto che l’Iss aveva problemi economici. La realtà è che per troppi anni non c’è mai stata la volontà di risolvere questo problema». Pensare che i trenta milioni necessari per risolvere la questione rappresentano una spesa quasi irrisoria, se confrontata all’intera legge di Bilancio. «Lo Stato non ha interesse a investire nella ricerca – continua Pasquini – Manca la lungimiranza di formare un ricercatore, magari mandarlo all’estero per specializzarsi e poi riattrarre quell’investimento. Un percorso che sarebbe nell’interesse di tutti». Eppure, chissà perché, media e politica continuano a denunciare la fuga dei cervelli. «Con i colleghi – sorride Pietro – ci meravigliamo che qualcuno sia ancora rimasto».

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