Altro che anno terribile, nel 2016 a conti fatti non è successo quasi niente

Siamo convinti che ce lo ricorderemo come l'anno in cui sono morti più cantanti e attori di sempre, oppure come l'anno in cui le elezioni hanno avuto gli esiti più inaspettati, o ancora, come l'anno in cui ci sono stati più attentati in Europa. Eppure non è vero

Il 2016 sta finendo e siamo tutti già convinti di essere in grado di dire come ce lo ricorderemo: come l’anno in cui sono morti più vip, in cui le elezioni hanno avuto esiti più pazzi, ma anche come l’anno più tempestato da attentati sul suolo europeo. Il bello, però, è che non è vero. Anzi, ripercorrendo velocemente il 2016, emerge la verità opposta ovvero che questo è un anno come tutti gli altri, un anno in cui è successo di tutto, certo, ma anche in cui non è successo quasi niente e che, a meno di sconvolgenti colpi di coda di fine anno, non ricorderemo con particolare enfasi.

Ma come, vien da dire, e David Bowie allora? Lo vogliamo liquidare così? E dove li mettiamo i Bud Spencer, gli Alan Rickman, gli Ettore Scola, i Dario Fo, i Prince, i Gene Wilder, i Leonard Cohen, gli Umberto Eco e i George Michael? O ancora, cosa dire della vittoria di Trump? Non è Storia? E quella della Brexit? E gli attentati di Bruxelles, di Nizza e di Berlino? Elencati così, in poche righe, effettivamente fanno impressione. Ma se riprendiamo possesso della lucidità e del raziocinio — probabilmente le uniche vittime illustri di questo 2016 — e proviamo a inquadrare storicamente quest’anno confrontandolo con altri il risultato ce l’abbiamo davanti agli occhi: nel 2016 è successo poco o niente.

Ci sono anni che lo superano a destra, clacsonando e senza frecce. A ben vedere, infatti, sia sul versante politico sia su quello più pop delle morti famose, ci sono stati anni cmolto peggiori, che hanno saputo fare più vittime, e persino più illustri, di quelle che si è lasciato dietro questo 2016, che, nonostante il clamore e l’eccitazione con cui lo abbiamo vissuto, non abbia esattamente le carte in regola per diventare uno degli anni indimenticabili della Storia contemporanea. Anni come il 1994, il 2001 o il 2008, per esempio, lo sono stati molto di più. Quelli sì che sono anni finiti direttamente nell’indice degli anni memorabili, quelli che si piazzano nelle timeline dei libri di storia e che verranno ricordati dai posteri, un po’ come un 1492 o un 476 qualsiasi, insomma.

Se non ci credete ci vuole poco a controllare: il 1994 fu l’anno in cui Berlusconi vinse le elezioni politiche in Italia, ma anche l’anno in cui ci toccò dire addio a gente come Kurt Cobain, Charles Bukowski, John Candy, Ayrton Senna, Gian Maria Volonte, Massimo Troisi, Domenico Modugno. Per non parlare del 2001, anno in cui Berlusconi rivinse le elezioni, in cui a Genova la polizia uccise un manifestante durante le proteste anit G8, in cui gli attentati dell’11 settembre causarono migliaia di morti, un anno segnato dalle morti di gente come George Harrison, Douglas Adams, Jack Lemmon, Anthony Quinn, Joey Ramone. E il 2008? Oltre alla terza vittoria di Berlusconi c’è quella di Obama, la prima, molto più clamorosa di quella di Trump. Quell’anno ci lasciarono, tra gli altri, Charlton Heston, Heath Ledger, Paul Newman, Michael Crichton, David Foster Wallace, Yves Saint Laurent, Miriam Makeba, Dino Risi.

La verità, come ha scritto Nick Serpell, addetto ai coccodrilli della BBC, è che questa sensazione di “anno terribile” è destinata ad essere la nuova normalità per gli anni a venire. E lo sarà per due motivi. Il primo è di ordine storico: viviamo innegabilmente in un periodo in cui la prima grande generazione di celebrities del mondo della cultura pop — quella che ha iniziato a calcare le scene negli anni Sessanta e Settanta — è arrivata agli ottanta anni e quindi, come conviene alla media degli esseri umani, inizia a morire. Il secondo è di ordine tecnologico e culturale, e peggiorerà. C’entra il fatto che la nostra visione del mondo, costruita sempre più velocemente sotto un vero e propri bombardamento di informazioni, è sempre più distorta, astigmatica, viziata.

Il risultato è tragico: storicizziamo qualsiasi cosa, persino gli eventi che viviamo in diretta, e santifichiamo qualsiasi personaggio sull’altarino di Facebook, basta che abbia avuto i suoi 15 minuti di warholliana celebrità e qualcosa da insegnare agli angeli glielo troviamo di sicuro.

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