Come salvarsi a Capodanno: non fare niente, spegnere il geolocalizzatore e…

Tra mangiate a giorni ravvicinati, consigli molesti sui social, chili che aumentano, diventa fondamentale difendersi dall'intrusione di fine/inizio anno. Ecco come

Coraggio: se il Ferragosto è un’intera giornata, il Capodanno si risolve alla fine in una manciata di ore. Anche se sappiamo bene che il problema non è tanto quel ventaglio di minuti lunghi come un viaggio in ascensore di un mese con qualcuno che puzza come un colibatterio fecale e ti è sempre stato antipaticissimo, ma la domanda, l’obbligo, gli amici che chiedono, i parenti che invitano, il web che ti inonda di consigli su “Come brillare a San Silvestro” o “Come truccarsi per la notte più glam dell’anno” che ti arrivano nella posta elettronica sotto forma di satanica newsletter anche se hai i baffi, sei sulla cinquantina e ti chiami Ugo.

Diciamocelo serenamente: nella disposizione del calendario -io non voglio nemmeno sapere di chi è la colpa- ci sono degli errori clamorosi. Se anche (in via del tutto ipotetica) uno/a fosse ben disposto e decidesse di fare del proprio meglio per godersi la fine del vecchio anno e l’inizio del nuovo, e avesse in serbo riti apotropaici e basi per il karaoke, quell’uno/a è la stessa persona che esce da un tour de force enogastronomico recentissimo in cui ha mangiato come un bue muschiato, bevuto anche l’alcol del mobiletto in bagno e ha ingerito in qualche giorno l’equivalente calorico del fabbisogno annuo di una schiera di lottatori di sumo professionisti. Cioè, uno schifo di persona.
Non si scampa: non si è mai vista una persona, nell’emisfero occidentale, che il 27 dicembre fosse la stessa del 23. Certe volte ci somiglia, ed è già un mezzo successo.

Non si è mai vista una persona, nell’emisfero occidentale, che il 27 dicembre fosse la stessa del 23. Certe volte ci somiglia, ed è già un mezzo successo

È vero che mal comune mezzo gaudio e trovarsi tutti intorno a un tavolo il 31 dicembre somigliando in blocco agli abitanti del pianeta Papalla può essere quasi consolatorio, ma per funzionare bene ci dovrebbero essere fra i cenoni natalizi e quelli di fine ed inizio anno almeno un paio di mesi. Giusto per digerire, riprendere le sembianze umane, riuscire ad allacciare i pantaloni: cose così, basiche. Almeno, dopo essersi sentiti delle ciofeche a Capodanno, il suddetto calendario ti dà un mese e mezzo per sentirti una ciofeca a San Valentino, ma almeno una ciofeca sgonfia.

Però, io in frangenti come questi sono grata ai social. Quando non si condivideva un po’ tutto sul web, era impossibile rispondere alla fatidica domanda del “Cosa fai a Capodanno?” con locuzioni tipo “Niente, spero di essere già ubriaco alle 22 e di svegliarmi una quarantina di ore dopo” oppure (i più fortunati, fidanzati di fresco) “Sto in casa a copulare con un’unica, breve sosta per il brindisi di mezzanotte”. Ti toccava inventarti qualcosa, o finivi a tenere il tombolone con un’accolita di parenti e amici dalle bizzarre composizioni socioanagrafiche, che ai meno indulgenti potevano sembrare semplicemente quelli che non avevano trovato come divertirsi alle feste, ai cenoni, in discoteca, in piazza con Carlo Conti et similia.

Adesso nel mare magnum di Facebook, Twitter, Instagram la corrente del “A Capodanno non faccio un tubo e mi danno pure fastidio i petardi” è sdoganata anche quando a sostenerla non sono dei golden retriever, ed è liberatorio, quasi catartico per chi se la sente. Ci si prende virtualmente per mano a formare un cerchio infinito di solidale misantropia e non si fa niente, a parte compiacersi vicendevolmente dei soldi risparmiati per banchetti infiniti quando ancora i vol au vent del 26 dicembre giacciono inani in un tratto imprecisato del duodeno, o schifare le danze pigiatissime nei locali, i trenini e il meu amigo ciarli.

Adesso nel mare magnum di Facebook, Twitter, Instagram la corrente del “A Capodanno non faccio un tubo e mi danno pure fastidio i petardi” è sdoganata

Infine, c’è la terza via: lo so io, lo sapete voi. Anche se facciamo finta di niente. Se non lo abbiamo mai fatto, potremmo farlo, anzi forse lo faremo. Postare foto di Bagno Vignoni o di un ritaglio di montagna visto da una baita che più suggestiva non si può, accompagnando l’immagine con frasi ad effetto sulla fine, l’inizio, brindisi, cin cin, auguri: il tutto mentre siamo seduti sul divano con le pantofole ad unicorno e il maglione ricevuto dalla zia a Natale che tempo due settimane prenderà la via per la Caritas se prima, stante la percentuale di acrilico, non si sarà disgregato per autocombustione in seguito a sfregamenti ascellari.

Qualcuno, sotto la nostra foto, scriverà “Wow” o “Beato te”, qualcuno ricorderà che “Anche io ci sono stato l’anno scorso” (qualsiasi posto voi postiate, state tranquilli), e insomma saremo tutti contenti, compresi gli unicorni di peluche ai piedi.

A patto di ricordarsi di disattivare la geolocalizzazione: tra un bicchiere di spumante e una fetta di pandoro con le gocce di cioccolato che non somiglia mai a quello rappresentato sulla scatola (anche voi, in modo molto maturo, scegliete il pandoro in base al numero di pezzi di cioccolato che appare disegnato sul cartone?), il tragico Fantozzi che è in noi, quello del tortellino di letale tristezza, potrebbe salutare gli amici da Courma o da una spiaggia esotica risultando poi, Facebook dixit “presso casa sua, Melegnano City”.

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