Con un videogioco gli scienziati scoprono i segreti dell’Alzheimer

Si chiama Sea Hero Quest: aiutando i marinai nella loro navigazione il giocatore fornisce dati utili per lo studio del declino delle abilità cognitive dell’individuo. Risultato: a 19 anni si ha il picco, per poi decadere

È un gioco, ma è anche il più grande esperimento della storia sulla demenza. Si chiama Sea Hero Quest: ha la forma e l’aspetto di un videogame, ma è stato costruito e pensato dagli scienziati dell’University College di Londra per migliorare la capacità di diagnosticare forme di demenza precoci.

Il gioco (anonimo) è un’avventura navale in cui l’obiettivo è riuscire a mettere in salvo i ricordi di un vecchio marinaio. Navigando lungo mari ghiacciati e isole deserte, si mette alla prova il senso dell’orientamento. È un’abilità che diminuisce in modo progressivo con l’età e con l’avanzare di malattie degenerative come l’Alzheimer, e per questo è indicativo dello stato di salute del cervello di un individuo.

In generale, il picco si tocca a 19 anni (si registra per il gioco un’accuratezza del 74%), che scende fino al 46% quando si superano i 70 anni. Un risultato statistico accertato proprio grazie a questo videogame. Non solo: secondo le analisi risulta che gli uomini hanno un senso dell’orientamento migliore di quello delle donne, e che (chissà perché) gli abitanti del nord Europa sono, in questo senso, i più dotati del mondo. Questione di geni vichinghi? Abitudine a muoversi lungo ampi spazi desolati? Saperlo.

I dati sono stati raccolti grazie a poco più di due milioni di persone che, sulla strada verso casa o nel tempo libero, hanno giocato a Sea Hero Quest, regalando alla scienza una quantità di informazioni che, in laboratorio, avrebbe richiesto almeno 9mila anni di test. Non male.

Grazie al videogioco si ha a disposizione una sorta di modello del decadimento del cervello umano, un riferimento utile per stabilire se un paziente stia o meno sviluppando l’Alzheimer: l’obiettivo è individuarla nelle sue manifestazioni iniziali, quando i sintomi possono essere scambiati per segni di sbadataggine o stanchezza. “Ci auguriamo di riuscire, in breve, a creare le basi per un test diagnostico che ci aiuti a cogliere subito se si è di fronte a una patologia o meno”, spiega Hilary Evans, a capo di Alzheimer Research. E se tutto questo è possibile grazie a un gioco, è solo una buona notizia.

X