Il No alle riforme costituzionali è stato un voto di protesta contro il governo e ignorarne il senso sarebbe sbagliato. Per questo sarebbe ideale che il nuovo premier sia un rappresentante del fronte del No. A sostenerlo è Daniel Gros, direttore del think tank Ceps (Centre for European Policy Studies) di Bruxelles. L’economista tedesco, difensore della linea del rigore di bilancio, non nega che ci sia meno fiducia da parte degli osservatori esteri verso l’Italia. Ma fa capire che l’Italia può governare la situazione di crisi e che per farlo dovrebbe appellarsi ai risparmi degli investitori nazionali.
Cominciamo dalla cronaca finanziaria: la Borsa italiana non sta perdendo troppo nei primi giorni dopo il voto. Come si può interpretare questa pausa dei mercati?
La vittoria del No era almeno parzialmente scontata. Non era scontato il margine di vittoria del No. Detto questo, le condizioni economiche dell’Italia rimangono purtroppo invariate e all’estero c’è meno fiducia nell’Italia. Ma questo ha un’importanza relativa, perché l’Italia si finanzia soprattutto attraverso il risparmio dei cittadini italiani. Finché mantengono la fiducia nel loro Paese, non ci dovrebbero essere grandissimi problemi.
Quanto tempo sarà dato dai mercati al presidente della Repubblica per trovare una soluzione politica alla situazione che si è creata?
La cosa fondamentale è che ci sia una legge finanziaria. Poi che ci sia un governo o no non cambia troppo. L’importante è la spesa sia sotto controllo, il resto non è così centrale.
A proposito di finanziaria, all’Eurogruppo di lunedì 5 dicembre i ministri dell’Economia dell’Eurozona hanno chiesto misure addizionali significative alla legge di Bilancio, perché è a rischio il non rispetto del Patto di Stabilità. La cifra sarebbe di 5 miliardi. Come interpretare questa richiesta il giorno dopo il voto e alla vigilia della formazione di un governo tecnico?
È evidente che le riforme italiane sono state fatte prima del voto (con intento elettorale, ndr). È molto probabile che ci dovrà essere un riaggiustamento più tardi. Ma per il momento basta far passare la finanziaria esistente. Dopo si vedrà.
«le condizioni economiche dell’Italia rimangono purtroppo invariate e all’estero c’è meno fiducia nell’Italia. Ma questo ha un’importanza relativa, perché l’Italia si finanzia soprattutto attraverso il risparmio dei cittadini italiani»
Pensa che il governo dovrebbe essere affidato al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, o ci sono figure più adatte a questa fase, come il presidente del Senato, Piero Grasso? Nelle prime dichiarazioni sia i banchieri, come l’ad di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, sia alcuni membri dell’Eurogruppo, sembrano aver espresso una preferenza per Padoan.
È chiaro che gli altri ministri vogliono avere qualcuno che conoscono. Penso che il voto sia stato un voto di protesta e sarebbe meglio tenerne conto.
Quindi sarebbe meglio una figura più istituzionale come Piero Grasso?
Per me l’ideale sarebbe una persona che esprime il No.
Una persona vicina al centro-destra?
Qualcuno che eviti l’impressione che, nonostante il popolo abbia votato massicciamente contro, si continui sulla strada precedente. È molto importante non dare l’idea che si vada avanti su una strada che è stata almeno in apparenza bocciata.
Ci saranno effetti del voto sulla permanenza dell’Italia nell’euro?
No, non penso che ci sia un effetto diretto. Piuttosto il No è un’espressione di un’Italia che ha perso la fiducia nel suo leader. Va letto come un voto di protesta e questo non è ben augurante per il futuro.
Ci saranno contraccolpi per l’euro in generale?
No, senza dubbio non contraccolpi immediati. È solo un’espressione di un popolo che non ha più fiducia nel suo governo.
Non ci potranno essere quindi conseguenze sugli altri Paesi, come quelli che andranno al voto nel 2017, Francia e Olanda?
No, la mancanza di crescita è un problema specificamente italiano. Questa combinazione di alto debito e bassa crescita è davvero molto specifica.
Come nuovo premier serve «qualcuno che eviti l’impressione che, nonostante il popolo abbia votato massicciamente contro, si continui sulla strada precedente»
Il primo dossier da affrontare per il prossimo governo è quello del Monte dei Paschi di Siena. La prima decisione spetta al fondo del Qatar. Lunedì 5 dicembre, il consorzio di garanzia e il fondo sovrano Qia hanno deciso di rinviare di 3-4 giorni la propria decisione. È una mossa che va vista con preoccupazione o positivamente?
È una decisione meno negativa del previsto. Le previsioni erano che in caso di un No non ci sarebbe stato niente da fare. Invece se la relativa calma politica e finanziaria continua, può darsi che continui l’interesse degli investitori. E poi è molto strano: l’Italia ha abbastanza risparmio al suo interno, in teoria ce n’è abbastanza per occuparsi di Monte dei Paschi e delle altre banche italiane. Perché fare appello agli investitori stranieri?
La seconda decisione riguarda la conversione delle obbligazioni in azioni di Mps. Sarà necessario renderla obbligatoria?
Può darsi. Ma torno a chiedere: come mai gli investitori italiani non vogliano investire in Mps visto che lo conoscono molto meglio degli stranieri?
Sarà possibile, se sarà necessario il bail-in, sarà possibile trovare con la Commissione europea una soluzione, come in Portogallo, in cui a pagare saranno solo i grandi investitori e non le famiglie?
La strada è già tracciata: ci sarà il bail-in e poi lo Stato potrà risarcire i piccoli investitori. Questo scenario è già conosciuto, approvato e non vedo perché non si possa ripetere.
È una prospettiva molto diversa dalle contestazioni di piazza come nel caso delle quattro banche “risolte” lo scorso anno.
È uno scenario che è compatibile con la legge vigente, ha un senso economico. Basta implementarlo in modo in cui i risparmiatori non si sentano dimenticati.